Dumbo di Tim Burton, la recensione: l’elefantino plana tra i buoni sentimenti di un film su commissione
9 anni dopo Alice in Wonderland, Tim Burton torna a dirigere un live-action Disney. Dumbo!
Costato poco meno di un milione di dollari grazie anche alla breve durata (64 minuti appena), il cartoon ne incassò poco più di uno e mezzo al box office, generando pochissimi utili per il vecchio Walt, all’epoca probabilmente inconsapevole di aver dato vita ad un grande classico. Perché quel tenero elefantino dalle gigantesche orecchie, 78 anni dopo, è ancora uno dei personaggi Disney più amati e coccolati, tanto dall’essersi meritato un live-action sceneggiato da Ehren Kruger, già visto all’opera con Ghost in the Shell, Transformers 2, 3 e 4, I fratelli Grimm e l’incantevole strega.
In cabina di regia ha invece trovato spazio Tim Burton, nove anni fa al timone del tanto chiacchierato ma ricchissimo Alice in Wonderland (1,025,467,110 dollari d’incasso), richiamato all’ovile per tramutare in ‘reale’ una storia apparentemente ‘burtoniana’. I grandi topoi del regista americano, dal fascino nei confronti del mostruoso ai freak da circo, passando per la straordinarietà del ‘diverso’, l’ingannatrice apparenza, la malinconica tenerezza, si ritrovano all’ombra di un tendone sudicio, di proprietà del piccolo e chiacchierone Max Medici (Danny DeVito). Un sognatore ma squattrinato impresario che affida all’ex star Holt Farrier (Colin Farrell), tornato dal fronte senza un braccio, e ai suoi figli Milly (Nico Parker) e Joe (Finley Hobbins), il compito di occuparsi di un elefantino appena nato con orecchie tanto sproporzionate da renderlo lo zimbello di un circo in gravi difficoltà economiche. Ma quando si scopre che Jumbo Junior, crudelmente ribattezzato “Dumbo” (come ‘stupido’) sa volare, il circo finisce sulle prime pagine di tutti i quotidiani d’America, attirando l’attenzione del ricco imprenditore V.A. Vandevere (Michael Keaton), intenzionato ad acquistare l’insolito elefantino per la sua nuova rivoluzionaria attrazione, Dreamland. Peccato che dietro la facciata scintillante, Dreamland nasconda oscuri e pericolosi segreti.
C’è tanto, tantissimo di inedito rispetto al breve lungometraggio animato del 1941, in questo Dumbo firmato Tim Burton. Ma non poteva essere altrimenti, e non solo per la minima durata del cartoon, visto e considerato che gli animali di questo live-action non parlano e di fatto non interagiscono tra loro, come avveniva nel classico prodotto da Walt Disney. Se all’epoca gli umani rimanevano quasi perennemente in disparte, in questo caso assumono un ruolo centrale, al fianco dell’adorabile elefantino. Il topolino Timoteo, miglior amico di Dumbo nel lungometraggio animato, fa qui da semplice comparsa, mentre i tanto chiacchierati corvi neri, un tempo visti con connotazione razzista, sono stati letteralmente cancellati. Una scelta precisa che ha costretto lo sceneggiatore Kruger a immaginare una storia che potesse seguire le orme dell’originale, prendendo però una strada completamente differente, più gratuitamente spettacolare.
Il risultato, inevitabilmente, è straniante, nonché viziato da una perenne sensazione di criticabile rapidità degli eventi, che si susseguono a ritmo battuto e senza particolari mezze misure, con pochissimo, se non nullo, approfondimento. Burton, che tiene visibilmente a freno la propria cupa indole, cede rapidamente al sentimentale spinto, senza riuscire a fuggire da una rappresentazione monodimensionale dei suoi protagonisti umani, delineati con l’accetta e stereotipati.
Fortunatamente per l’intero progetto è proprio il tenerissimo Dumbo, interamente realizzato in CG, a conquistare. Il lavoro fatto dagli animatori Disney è straordinario, perché in quei grandi occhioni azzurri si scioglie il cuore di chi osserva, mentre la mamma elefante lo culla dalla cella in cui è stata rinchiusa, sulle note della famosissima Bimbo Mio, in italiano cantata da Elisa. L’elefantino volante ruba la scena ad ogni apparizione, ad ogni caduta, ad ogni starnuto, ad ogni volo a planare, mentre Burton torna ai tempi di Batman Returns grazie ai ritrovati Danny DeVito, come al suo solito eccellente, e Michael Keaton, che si limita all’essenziale, innegabilmente appesantito da un doppiaggio poco riuscito e con annesso finale in cui il suo V. A. Vandemere impazzisce e fa cose insensate.
Replicate fedelmente le scene clou del classico animato, dal palazzo in fiamme con i clown ai celeberrimi ‘elefantini rosa’ qui riprodotti sotto forma di bolle di sapone, Dumbo ha il pregio di andare oltre l’originale Disney, provando a raccontare altro, senza mai dimenticare la spettacolarizzazione da blockbuster, il ricco merchandising (i pupazzetti di peluche compaiono in ben due scene) e i buoni sentimenti da cinema per famiglie (anche se non soprattutto ‘non tradizionali’), cavalcando quasi con orgoglio una storia di una semplicità disarmante. Peccato che nel farlo ceda ad un appiattimento di scrittura non indifferente, tutta orientata alla banalizzazione, con il regista rimasto volutamente distante da una qualsivoglia rappresentazione gotica, evitando accuratamente scene particolarmente cupe. Una fiaba senza tempo dai colori pastello che Burton, come già avvenuto ai tempi di Alice, riadatta con fare meno allucinogeno rispetto all’originale animato, accettando quei compromessi da major che da tempo ha deciso di digerire. D’altronde come avviene al piccolo grande Max Medici interpretato da DeVito, artista ‘indie’ dalla strabordante fantasia, quando l’industria dell’intrattenimento ti divora ci sono pro e contro. Tra questi ultimi, la quasi totale perdita della libertà creativa.
[rating title=”Voto di Federico” value=”5″ layout=”left”]
Dumbo (live-action, 2019, Usa) di Tim Burton; con Eva Green, Colin Farrell, Danny DeVito, Michael Keaton, Alan Arkin, Suan-Li Ong, Joseph Gatt, Sharon Rooney, Deobia Oparei, Roshan Seth, Kamil Lemieszewski, Sandy Martin, Nico Parker, Finley Hobbins – uscita giovedì 28 marzo 2019.