Exodus – Dei e re: recensione in anteprima del film di Ridley Scott
Probabilmente fuori tempo massimo, Exodus – Dei e re aggiunge un tassello ulteriore al tentativo hollywoodiano di riprendere la grande stagione dei kolossal. Tuttavia i tempi sono altri e, lontani dal divismo, neanche i nomi sono più garanzia di spettacolo
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Generale, pastore, contadino, nobile, profeta. Mosè è stato a suo modo tutte queste cose. Così avrebbe attaccato il pezzo chi, da cronista, si fosse trovato nella condizione di dover redigere un articolo di commiato, oppure una voce su Wikipedia (la quale si limita al ruolo di «guida del popolo ebraico» o «profeta», per l’appunto, a seconda della denominazione).
Meno di un anno è trascorso da quella che ci è fu descritta a priori come la realizzazione di un sogno per Aronofsky, che alla fine il suo Noah l’ha avuto. Sui risultati abbiamo già scritto, e in più di un occasione. Qui l’operazione è diversa, poiché trattasi per lo più di un blockbuster su commissione incentrato sul Libro dell’Esodo, appartenente all’Antico Testamento. Nel 1300 a.C. un generale egiziano, tale Mosè, scopre la verità sul proprio passato, e dunque la profezia che lo lega alla liberazione del popolo ebraico dopo quattrocento anni di schiavitù in Egitto.
Sulla falsa riga di quelli che un tempo chiamavano peplum, termine che oramai non ha più senso; non tanto perché il genere risale alla metà circa del secolo scorso, quanto perché l’idrovora Hollywoodiana ha oramai standardizzato il concetto di megaproduzione, per cui sia che si parli di commedia adult, sia che si parli di kolossal, la sostanza non cambia (salvo i soliti casi). Eppure al timone c’è un certo Ridley Scott; l’infaticabile Ridley Scott. In cantiere c’ha già l’attesissimo The Martian, che in tanti (troppi) aspettano come una sorta di atto riparatore.
L’avversato Scott, che a dire della critica non ne azzecca più una da tempo, tra Un’ottima annata e Robin Hood. Eppure nel momento in cui ha provato, appena un anno or sono, a smuovere un po’ le acque con l’incompreso e “sgrammaticato” The Counselor, la risposta è stata una scarica di pesci in faccia. Che vogliamo farci? La vita di un settantenne ancora sulla cresta dell’onda, con almeno un blockbuster l’anno, è questa qui.
Exodus – Dei e re, da par suo, è il classico esempio di progetto appaltato al grande regista di turno, che manco a farlo apposta è quello su cui si posano gli strali di mezzo mondo, ovvero Scott: chi non riesce proprio a dirne male, nella maggior parte dei casi accusa la stessa fatica nel dirne bene. Ed i motivi, in fondo, si sapevano. O per lo meno s’intuivano, grazie ai trailer ma non solo.
Al netto di tutta una serie di evocative panoramiche, nemmeno il saggio operare per sottrazione riesce a privare Exodus di una piattezza di fondo a più riprese ahinoi palpabile. Rari i frangenti in cui si riesce a ricavare gusto e soddisfazione dal dipanarsi degli eventi, non semplicemente perché conosciuti (che poi… conosciuti da chi? e come?). Il regista britannico, come spesso in certi casi, tenta di supplire a questa mancanza di verve con il suo indiscutibile occhio (grazie anche al contributo del solito Dariusz Wolski), che non fa certo cilecca ma che al tempo stesso, purtroppo, non riesce ad intervenire in maniera determinante.
Qualche momento di contenuta esaltazione visiva non è infatti sufficiente a risollevare un carrozzone di set, luci, costumi e scorci sfavillanti che però brillano per sé stessi e per nient’altro. Eppure non ci abbandona, neanche ora che ne stiamo scrivendo, la sensazione che Scott abbia evitato il peggio, che non proviamo nemmeno a nominare perché non sappiamo cosa fosse. Da maestro qual è, conosce i rischi, li pondera, per poi concludere che con due/tre accorgimenti il tutto può quantomeno aspirare ad essere passabile.
Stilate una lista di situazioni o cose che un film incentrato sulla fuga degli ebrei dall’Egitto verso Canaan sicuramente arriverà a proporre, e con sussiegosa pomposità, più per esigenze d’intrattenimento che altro. Ebbene, nel corso della visione di Exodus toccherà rivederle, perché, giusto per dire una, le sole piaghe vengono risolte praticamente in un solo passaggio: rane, cavallette e morte degli infanti si avvicendano in rapida successione nel giro di quelli che a conti fatti sono pochi minuti. Non li abbiamo contati, ok, ma per certe cose ti aspetti l’impiego di un’intera fase del film, completamente votata alla spettacolarizzazione dell’intervento divino. Non qui. Spettacolo è spettacolo, è chiaro, ma con i tempi giusti, senza cedere a tentazioni ulteriori.
Vi è che ad un simile, intelligente escamotage, non corrisponde quello che poi dovrebbe essere il piatto forte del film, ovvero un’interessante esposizione del personaggio Mosè, il quale, come tutti i comprimari, non genera quel fascino che un rinnegato dovrebbe e potrebbe suscitare; se non lui, per lo meno la sua parabola. Uno che per salvare una serva si fa esiliare, discute (anche animatamente) con l’Altissimo e scopre che tocca a lui cooperare per salvare un intero popolo e garantirgli lo step successivo. Niente da fare. Ma più che con Christian Bale è chi ha strutturato il suo ruolo in maniera così gravemente spoglia colui (o coloro) con il quale (i quali) bisogna prendersela; tanto che alla fine ci sembra più accattivante un Ramesses (Joel Edgerton), per il quale si opta non tanto perché speculare al protagonista, quanto per la sensata scelta di cast.
Chi insomma ha aleggiato l’ipotesi de «Il gladiatore in salsa biblica», quali che siano le pulsioni che abbiano spinto a tale definizione, dovrà ricredersi: in un modo o nell’altro. C’è un padre tradito che sceglie per merito e non per sangue, l’esilio, il ritorno, lo scontro e tutte quelle misure che formano l’ossatura del fortunato film con Russel Crowe così come di altri. Ma di epico c’è sorprendentemente poco, tanto che nemmeno il celeberrimo Mar Rosso può granché. Poteva andare peggio? Sì, la sensazione, pressante, è questa. Ma ci pare per lo più una ben magra consolazione per un cosiddetto “filmone” di due ore e mezza che ha per sua natura ambizioni da vendere. Si facciano avanti gli acquirenti; anche se forse siamo oramai fuori tempo massimo.
Voto di Antonio: 5
Voto di Federico: 4.5
Exodus – Dei e re (USA, 2014) di Ridley Scott. Con Christian Bale, Joel Edgerton, John Turturro, Aaron Paul, Ben Mendelsohn, Sigourney Weaver, Ben Kingsley, María Valverde, Dar Salim, Golshifteh Farahani, Indira Varma, Emun Elliott, Ghassan Massoud, Hiam Abbass e Kevork Malikyan. Nelle nostre sale da giovedì 15 gennaio.