Faber in Sardegna: al cinema con il cantautore e il contadino
Sulle tracce di Faber in Sardegna e del legame con i suoni e gli idiomi, i silenzi e i paesaggi del cantautore e del contadino
A più di quindici anni dalla scomparsa di Fabrizio De Andrè, la musicalità della sua poetica, tessuta da trame ancestrali, suoni del mediterraneo, margini di umanità, conflitti e libertà inviolabili, continua a risuonare ovunque per le generazioni orfane e quelle a venire, oltre le mode e le speculazioni.
Oggi anno anche con concerti unplugged di tanti musicisti nell’amata Agnata, la tenuta agricola voluta da De Andrè ai piedi del Limbara, dodici chilometri da Tempio Pausania, nel cuore granitico della Gallura e della terra di Sandegna vissuta in modo tanto viscerale da trasformare anche il rapimento dell’Anonima Sequestri del 1979, in note e parole dell’hotel Supramonte, rafforzando il legame autoctono con i verdi pascoli, i figli del temporale e la natura aspra e incantata che ha ispirato album bellissimi come L’indiano e Crêuza de mä.
“Mi sento più contadino che musicista. Questo è il mio porto, il mio punto d’arrivo. Qui voglio vivere, diventare vecchio…”.
Un legame forte con i suoni e gli idiomi, i silenzi i paesaggi del cantautore e del contadino che il regista sardo Gianfranco Cabiddu (Disamistade, Il figlio di Bakunin) ha deciso di rendere protagonista del viaggio musicale ed emotivo di Faber in Sardegna.
Un film musicale che viaggia nel tempo con il contadino e il musicista per scovare “quello che rimane vivo” di Fabrizio De Andrè nel suo paradiso di natura incontaminata e colori, attraveerso immagini del paesaggio, rare immagini d’archivio che lo ritraggono all’Agnata, fotografie, spezzoni di filmati familiari e testimonianze del De Andrè più privato e intimo.
De Andrè raccontato da personalità della cultura come Renzo Piano e Don Salvatore Vico, emissario che prese parte alle trattative con i banditi per la liberazione; fattori dell’Agnata come Filippo Mariotti, al quale Fabrizio chiese di organizzare una caccia al cinghiale “per inserire in una canzone il rumore degli spari del fucile e delle urla” usati per Il Fiume di San Creek.
“Quando arrivai in Sardegna e acquistai la casa a Portobello di Gallura, mi innamorai subito sia della natura che della gente… La vita in Sardegna è forse la migliore che un uomo possa augurarsi: ventiquattromila chilometri di foreste, di campagne, di coste immerse in un mare miracoloso dovrebbero coincidere con quello che io consiglierei al buon Dio di regalarci come Paradiso…”
Nei 58 minuti di viaggio è Dori Ghezzi a raccontare del gallo Vasco che cantava con voce roca, quasi rock a mezzogiorno, quasi in sintonia con i tempi di veglia e riposo ‘capovolti’ dal cantautore, mentre la casa, divenuta teatra dei concerti all’aperto l Festival Time in Jazz in collaborazione con la Fondazione De André, dal 2005 al 2011, ricorda tutti quelli ne hanno preso parte come Cristiano De André, Danilo Rea, Gianmaria Testa, Rita Marcotulli, Paolo Fresu e Maria Pia De Vito.
Gli stessi che insieme a Dori Ghezzi, lo scorso novembre hanno animato un sentito omaggio nel corso della presentazione in anteprima del film all’Auditorium Parco della Musica di Roma.
Faber in Sardegna di Gianfranco Cabiddu, prodotto da Clipper Media in collaborazione con Rai Cinema, in associazione con Maganos & Ass. Time in Jazz, realizzato con il sostegno della Fondazione Sardegna Film Commission, arriva al cinema distribuito da Micromedia, dal 7 aprile 2015.
Foto | Clipper media – Reggi&spizzichino – Microcinema