Faccio un salto all’Avana: la recensione in anteprima
Faccio un salto all’Avana Regia di Dario Baldi, con Enrico Brignano, Francesco Pannofino, Aurora Cossio, Paola Minaccioni, Virginia Raffaele, Grazia Schiavo, Antonio Cornacchione, Isabelle Adriani, Cosimo CinieriFino a quando la mucca dà latte conviene mungerla, così le mammelle del “rinato” cinema medio italiano sembrano ingolosire ancora i produttori che puntano a film che vorrebbero riproporre
Faccio un salto all’Avana Regia di Dario Baldi, con Enrico Brignano, Francesco Pannofino, Aurora Cossio, Paola Minaccioni, Virginia Raffaele, Grazia Schiavo, Antonio Cornacchione, Isabelle Adriani, Cosimo Cinieri
Fino a quando la mucca dà latte conviene mungerla, così le mammelle del “rinato” cinema medio italiano sembrano ingolosire ancora i produttori che puntano a film che vorrebbero riproporre incassi stellari di casi come Checco Zalone, riproponendo la formula della commedia senza arte ne’ parte, all’apparenza politicamente corretta, ricca di belle ragazze ma che si fregia di non cadere nella volgarità esibita dei cinepanettoni (o cinecocomeri visto che l’estate si avvicina). La ricetta questa volta aggiunge un pizzico di sabor de Cuba, visto che dopo un breve incipit in una romanità grottesca, si svolge interamente a L’Avana.
Il protagonista è Fedele, di nome e di fatto, un imprenditore romano che subisce le angherie di una moglie despotica e che da sei anni ha perso il fratello (apparentemente suicidatosi), amatissimo nonostante sia cresciuto nella sua ombra. Quando il dolore per la perdita del fratello Vittorio sembra essersi sopito, una lezione di ballo in dvd svela alla famiglia intera che l’uomo è ancora vivo e si è nascosto a Cuba. Fedele, nonostante la ritrosia della moglie, parte alla ricerca del fratello in un viaggio che gli farà riscoprire la vita. Basteranno due bicchieri di rum per portarlo lontano da patria e famiglia.
Basta una camera a mano e qualche location diversa dalle cartoline turistiche cubane per raccontare senza cliché e con un taglio semi documentaristico l’ennesima storia di “italianità all’estero”? Secondo la produzione è possibile, anzi è il risultato ottenuto da Dario Baldi (qui al suo esordio nel cinema commerciale) che proprio nel documentario ha le sue radici. Peccato che di stereotipi il film gronda in continuazione. L’incipit romano spinge il pedale del kitsch, trasformando la famiglia allargata di Fedele in un cartone animato grottesco, descritto con colori ipersaturi, ambienti stipati di animali imbalsamati e ogni genere di tessuti maculati (evidentemente un luogo da cui è necessario fuggire).
Il film segue poi il viaggio di Enrico Brignano, italiano medio che le cui virtù nascoste emergeranno pian piano tra i suoi mille difetti come un moderno Alberto Sordi) nel classico topos narrativo dello “spaesamento”: ovvero il succo è prendi un personaggio, sradicalo dalla sua quotidianeità, buttalo in un luogo lontano ed esotico e resta a vedere cosa succede. Il meccanismo non è solo vecchio come la storia del cinema, ma anche di più. on molte virtù e pochi vizi (applauso alla novità), sradicatelo da Roma e precipitatelo in un luogo esotico e state a vedere cosa succede.
Ma nell’Italia del bunga bunga è già un traguardo che il livello medio resti al di sopra della decenza, senza eccessive volgarità, ma quando un elemento di questo genere deve essere considerato un pregio è la dimostrazione che qualcosa non funziona. Nel film o nella società che lo ha prodotto.
Faccio un salto all’Avana uscirà nei cinema venerdì 22 aprile 2011. Qui potete vedere il trailer.
Voto Carlo 5