Far East Film Festival: notizie da Udine parte 7
E mentre Mamat Khalid, il nostro regista malese preferito, intona all’esterno del teatro Nuovo di Udine Wish you Were Here accompagnandosi alla chitarra, la decima edizione del Far East Film Festival di Udine si avvicina inesorabilmente alla conclusione.Giornata buonissima quella di ieri, la terzultima, che sveglia i festivalieri mattinieri coccolandoli con due commediole deliziose. Dalla
E mentre Mamat Khalid, il nostro regista malese preferito, intona all’esterno del teatro Nuovo di Udine Wish you Were Here accompagnandosi alla chitarra, la decima edizione del Far East Film Festival di Udine si avvicina inesorabilmente alla conclusione.
Giornata buonissima quella di ieri, la terzultima, che sveglia i festivalieri mattinieri coccolandoli con due commediole deliziose. Dalla Corea del Sud arriva Hellcats, storia tutta al femminile dal grande interesse, ma infaustamente piazzata alle nove del mattino.
Un poco più fattibile risulta la visione della pellicola del giovane esordiente honkonghese Adam Wong Magic Boy; girata con due soldi in croce, questa vivace commedia mette sul piatto un classicheggiante triangolo amoroso fra postadolescenti, impreziosito da un po’ di magia nel vero senso della parola, dacché i due protagonisti maschili sono entrambi prestigiatori, uno per professione l’altro per diletto.
Si contendono ovviamente il cuore della bella e sostenuta di turno; niente di speciale, come si può ben intendere, ma il film si avvale di una freschezza realizzativa e di una passione invidiabili risultando per questo estremamente godibile.
Di tutt’altra pasta è il film giapponese Your Friends. Innanzitutto perché il suo regista, Hiroki Ryuichi, è un vecchio lupo di mare che ha esordito decenni or sono nella magica industria dei pinku; secondo poi perché è tutt’altro che sbarazzino. Parla intensamente di legami d’amicizia che vincono il tempo e gli handicap fisici e lo fa con sensibilità estrema, con ritmo pacato, con poesia e con gusto estetico. Non si può negare il suo essere vagamente ostico a causa di un ritmo non certo travolgente. Ma con solo un po’ di pazienza lo spettatore riesce a portare a casa un bagaglio di emozioni veramente notevole.
Altro film più che riuscito è quello ospitato in prima serata. Il cinese Lucky Dog, ancora una volta, sempre lode al coraggio del FEFF, diretto da un esordiente, è una lieve e divertente passeggiata nella vita di un pensionato delle ferrovie cinesi, desideroso di trovare un nuovo lavoro sia per non sentirsi inutile, sia per coprire le spese ospedaliere della moglie malata. La pellicola è incredibile perché nel momento esatto in cui la sceneggiatura sembra aver raggiunto un punto di non ritorno, rischiando di trascinare lo spettatore in un finale futile e strascicato, il regista Zhang Meng cala l’asso nella manica e regala i dieci minuti finali più sorprendenti, azzeccati e belli visti da tempo a questa parte. Se calcoliamo poi che nella balera cinese mostrata nel finale il deejay suona il remix più tamarro immaginabile di Vamos a la playa dei Rigueira, la pellicola assurge di diritto allo status di culto assoluto.
Il vietnamita The Rebel ha, invece, da mostrare soprattutto la splendida attrice protagonista presente in sala. Per il resto è un prodotto proto hollywoodiano confezionato dai fratelli Nguyen, non a caso entrambi attivi nell’industria cinematografica statunitense, dove ci si mena bellamente per un paio d’ore scarse. Tutto molto bello, per carità. Ma l’ovazione finale è sembrata un po’ esagerata. Confidiamo nel fatto che fosse rivolta alla beltà dell’attrice.
L’evento della giornata va a piazzarsi, questa volta, all’ultima proiezione di mezzanotte dove Miike Takashi, con un gentile videomessaggio, ci introduce il suo Crows – Episode 0. Tratto dall’omonimo, pantagruelico fumetto di Hiroshi Takahashi, la pellicola è stata un enorme successo al box office nipponico, dove ha incassato 24 milioni di dollari. Più dei primi cinquanta film di Miike messi assieme. Per dire. Crows – Episode 0 narra le vicende del liceo Suzuran, violentissimo metaforico tatami atto a ospitare le furiose lotte fra gang di adolescenti, che a colpi di cazzotti e randellate si contendono il potere all’interno della scuola.
Protagonisti della nostra storia sono i giovini e belli Genji e Serizawa, che si menano impudicamente per raggiungere i vertici della catena alimentare del potere scolastico. Cosa può esserci di diverso fra l’insipido film vietnamita e il bel lavoro di Miike? Nient’altro che l’ironia e la capacità di giocare con tutti gli elementi del film; abilità, questa, ben nota al regista giapponese, un po’ meno ai fratelli Nguyen.
Per oggi sono attesi il nuovo film dello storico coreografo Tony Ching Siu-tung, una delle colonne portanti della storia del cinema honkonghese, il campione di incassi thailandese Love of Siam, nel suo director’s cut di 158 minuti (…), e Mad Detective, prima incursione di Johnnie To al FEFF di quest’anno. E siccome To non è Paganini, l’honkonghese si ripeterà nella serata di sabato presentando anche Sparrow.