Cannes 2021 ai nastri di partenza, seguite il Festival su Cineblog
Parte ufficialmente l’edizione numero settantaquattro del Festival di Cannes. Cineblog seguirà per intero la manifestazione, fino al 16 luglio
Eccoci qua, a dieci anni esatti dalla nostra prima volta. Sì perché, sebbene Cineblog sia un po’ più anziana, c’ha messo qualche anno a sbarcare a Cannes. Era il 2011. Lars Von Trier teneva una conferenza stampa che sarebbe passata alla storia, sebbene non per i motivi che suppongo auspicasse; Nicolas Winding Refn si presentava al mondo con Drive; Terrence Malick si alienava il mondo con The Tree of Life, etc.
Un’annata particolare, che chi scrive ricorda con un misto di nostalgia e tenerezza: fu il mio primo Festival e cominciare così è affare complicato. Nondimeno, a nessuno precluderei la possibilità di lanciarsi nella mischia di quel tritatutto che è Cannes quale prima esperienza: s’ha da essere incoscienti, curiosi e, per chi ci crede, fidarsi della sua buona stella (se ce l’ha… ma ce l’ha).
Oggi parecchie cose sono cambiate, chi scrive è cambiato, eppure mi sembra sempre di essere qui per la prima volta. I ricordi derubricati a meri déjà-vu, come se con certi luoghi e certe situazioni si avesse una strana familiarità, diversa da chi è certo di confrontarsi con scenari già vissuti. Non a caso ogni anno è diverso, alcune edizioni migliori, altre peggiori, e questo non ha necessariamente a che vedere con la qualità del programma. Certo, alla fine della fiera le impressioni più forti restano quelle generate dalle visioni, non fosse altro per il tempo che si trascorre al buio di una sala. Però spesso sono piccole cose: un incontro, un commento, un concetto che ti è uscito bene in una recensione, una chiacchierata, quel ristorante cinese che non pensavi e via discorrendo.
Capite perciò, spero, con quale animo ci si appresta a vivere questa di edizione, la numero 74, la prima da quando ha avuto inizio questa pandemia. Vorremmo non parlarne ma, sebbene non tutto in quest’angolo di paradiso della Costa Azzurra tenda a ricordartelo, per chi ha un accredito certe inevitabili misure incombono costantemente, che tu debba entrare al Palais per un’informazione o che debba prenotare l’accesso a una sala.
Le misure per fronteggiare lo status quo è infatti da situazione straordinaria: ogni quarantott’ore s’ha sottoporsi ad un test salivare, obbligatorio per chi vuole recarsi in sala stampa o vedere un film nelle due sale interne al Palais, ossia la Bazin e la Buñuel. Per tutte le altre non c’è bisogno, il che ad alcuni ha creato imbarazzo. Una rapida sbirciata su Twitter ieri m’ha messo a parte della timida polemica-confronto tra Venezia lo scorso anno e Cannes quest’anno, con svariati giornalisti complimentarsi per il sistema adottato al Lido, a quanto pare efficiente su tutti i fronti. Non so, non c’ero, e fu una botta non presenziare; ma prima di espormi vorrei che passasse qualche giorno, magari una settimana, dopodiché capiremo se la strategia adottata sia stata o meno adeguata. Certo, non poter scegliere il posto preciso, come accaduto all’ultima Mostra, potrebbe quantomeno creare qualche fila, ma col ridimensionamento netto degli accreditati (si parla del 50% in meno rispetto al 2019), potrebbe non essere un grosso problema.
Anche perché, come accennato, non è che quest’anno ti metti in fila ed entri (in base all’accredito eh, le gerarchie esistono ancora e non sarà certo una pandemia a scalfirle); no, il miglior amico della presse (giornalisti), ed in generale di chiunque abbia un accredito, è il sito di ticketing del Festival, presso il quale prenotarsi ed attendere la conferma. Anche a tal proposito non ho modo di sbilanciarmi, dato che, mentre scrivo, mi separano ancora tre orette scarse dalla prima proiezione a cui prenderò parte (The Story of Film: A New Generation, di Mark Cousins, per la cronaca). Tuttavia, come per il discorso test anti-covid, fin qui tutto è filato liscio, i siti hanno retto bene e nessun particolare intoppo si è dovuto registrare.
Di solito, quando preparo questi articoli apripista, segnalo ciò che più m’incuriosisce, quel che spero di trovare rispetto al programma. Non sono scaramantico, tutt’al più mi pare sia una sorta di prudenza a dettarmi di procedere in maniera diversa quest’anno: ho leggiucchiato il programma di tutte le sezioni, Acid inclusa, e col coefficiente d’imprevedibilità con il quale, di necessità, ci stiamo dovendo approcciare a questa edizione, preferisco non forzare alcunché. Sono abbastanza persuaso che il sistema adottato da Frémaux e soci funzionerà a dovere, e certamente l’imperativo resta quello di coprire l’intero Concorso, lasciandosi poi investire da suggerimenti, pregiudizi e sensazioni rispetto a ciò che non si conosce ma che è opportuno scandagliare con non meno attenzione e partecipazione.
Spero perciò di cuore che nelle prossime due settimane vogliate farci compagnia, condividere con noi questa esplorazione che è tale non solo a livello cinematografico, ma proprio come esperienza di vita: ieri chiacchieravo con un collega francese, il quale condivide con me l’idea che noi qui si sia un po’ come coloro che per primi, da “civilizzati”, s’inoltrarono nel Mato Grosso. Senza ammantare questa nostra esperienza di alcun alone di sacralità e/o leggenda, è evidente che ciò a cui stiamo prendendo parte è un esperimento, opportuno e necessario; si prova infatti a capire come sia possibile fare cose che, fino a qualche mese fa, si credevano impraticabili.
In realtà le mie istanze sono di gran lunga meno altruistiche, perciò nessun sacrificio in nome della Scienza. Mentre però chi di dovere, giustamente, annota pregi e difetti, vizi e virtù, di uno scenario del genere, oggi, per me si tratta di darmi a qualcosa che sì, forse conosco, ma che mi tocca fare in un modo del tutto nuovo, senza peraltro poter chiedere a qualcun altro consigli su come regolarsi, poiché siamo tutti sulla stessa barca. Se oltre a questo riusciremo ad allietare almeno un po’ con i nostri resoconti, beh, a quel punto ne sarà valsa ancora di più la pena.