Festival Internazionale del film di Roma 2009: 2° giornata con Hachiko: A dog’s Story e The City of Your Final Destination
Il red carpet più cupo, triste e depresso della storia del Festival del Cinema? Probabilmente sì. Il tutto si è svolto ieri sera, quando c’è stata una prima passerella di star a dir poco surreale, vista la quasi totale assenza di stelle, il freddo atroce e i pochissimi curiosi accorsi. Sarà stato lo scarsissimo appeal
Il red carpet più cupo, triste e depresso della storia del Festival del Cinema? Probabilmente sì. Il tutto si è svolto ieri sera, quando c’è stata una prima passerella di star a dir poco surreale, vista la quasi totale assenza di stelle, il freddo atroce e i pochissimi curiosi accorsi.
Sarà stato lo scarsissimo appeal del film d’apertura, considerando anche il forfait annunciato di Colin Farrell, con la mancanza totale di musica ad accompagnare il red carpet dei ‘vip’ nostrani, ma inizio peggiore non si poteva augurare (o organizzare…).
Aspettando tempi migliori, con gli arrivi di Richard Gere, George Clooney, i fratelli Coen, gli attori di New Moon e Meryl Streep, il Festival Internazionale del film di Roma ha ripreso questa mattina a carburare pellicole, portando in sala Hachiko: A dog’s Story e The City of Your Final Destination di James Ivory. Due film completamente differenti tra di loro, che hanno finalmente fatto salire il livello qualitativo di questa 4° edizione. Lacrime a non finire per il primo, con mezza sala singhiozzante, sorrisi, qualche sbadiglio ed un apprezzamento generale per il secondo, che ha visto sugli scudi un magnifico Anthony Hopkins.
Hachiko: A dog’s Story
Dopo l’osceno Casanova c’era da avere timore di Lasse Hallström, regista di alcuni classici come Chocolat, Le regole della casa del sidro, Buon compleanno Mr. Grape e Qualcosa di cui… sparlare. Con Hachiko, remake hollywoodiano di un film giapponese, Hallstrom è invece riuscito a realizzare una pellicola intelligente ed estremamente drammatica, con un cane (e non parlo di Richard Gere) come assoluto protagonista. La commovente storia si ispira a fatti realmente accaduti. Nel 1924 un cane di razza Akita, di nome Hachiko, viene acquistato e portato a Tokyo da Hidesamuroh Ueno, professore universitario. Tra i due si instaura un’alchimia incredibile, quasi magica, tanto che il cane attende Ueno tornare dal lavoro, alla stazione dei treni, tutti i giorni alla stessa ora. Per un anno intero, Hachiko l’accompagna e lo attende in stazione, fino a quando un infarto improvviso stronca la vita a Hidesamuroh. Dopo la sua morte Hachiko viene dato via, ma scappa regolarmente per tornare alla stazione dei treni, aspettando il suo ritorno, sempre alla stessa ora, sempre nello stesso punto. Ogni giorno, per 10 anni. Una storia diventata leggenda, tanto che una statua raffigurante Hachiko domina quella stazione dei treni, ‘americanizzata’ da Lasse Hallström, che ha voluto con se Richard Gere nei panni del proprietario di Hachiko. Un Gere che riprende credito dopo l’osceno Come un Uragano, strappando sorrisi e tenerezza, grazie anche all’incredibile supporto dei vari cani raffiguranti Hachiko negli anni. Cani dotati un’espressività straordinaria, tanto da ‘recitare’ accanto agli attori in carne ed ossa. Semplice e lineare come storia (e per questo a tratti anche ripetitiva), Hachiko: A dog’s Story funziona per l’originalità delle svolte narrative (il protagonista non è Richard Gere ma Hachiko, il cane) e per la potenza dei momenti drammatici, che finiranno per far commuovere anche i cuori più duri ed inflessibili. Provare per credere. In anni ed anni di anteprime stampa non avevo mai visto tanti giornalisti piangere in quel modo (compreso il sottoscritto)!
Voto Federico: 7
The City of Your Final Destination
Sublime James Ivory. Tratto dal libro di Peter Cameron ‘Quella sera dorata’, The City of Your Final Destination riporta in auge il regista inglese, padre cinematografico di classici come Casa Howard, Quel che resta del giorno e Camera con Vista. Protagonista è Omar Razaghi, studente di origini iraniane a cui viene assegnata un borsa di studio per scrivere la biografia ufficiale dello scomparso autore latino-americano Jules Gund. L’occasione è troppo ghiotta per non prenderla al volo, se non fosse che la Fondazione Gund, composta dai suoi parenti più stretti, gli neghi l’autorizzazione. A questo punto, non avendo nulla da perdere (esclusi gli oltre 1000 dollari per il volo aereo) Omar prende e parte per l’Uruguay, con l’intenzione di far cambiare idea ai 3 eredi, scoprendo invece un mondo ed una famiglia tanto stravaganti quanto affascinanti.
Delicato, ironico, suggestivo, contemplativo. The City of Your Final Destination conquista Roma, grazie ad una sceneggiatura ricca di dialoghi intellettuali, cinici ed infarciti di humor, recitati da un cast semplicemente perfetto. Magnifico Anthony Hopkins, nei panni di un anziano omosessuale borghese, fidanzato con un giapponese di 30 anni più giovane, che invano tenta di cacciare via da sè, in cerca di una vita migliore, con al suo fianco una straordinaria e glaciale Laura Linney, una combattuta e triste Charlotte Gainsbourg, un sorprendente Omar Metwally ed una bravissima Alexandra Maria Lara.
Intorno a loro Ivory riesce a ricreare in Uruguay la tipica solitaria atmosfera della campagna inglese, facendo vivere i propri splendidamente caratterizzati protagonisti quasi fuori dal mondo, isolati da tutto e tutti, grazie ad una regia precisa e puntuale, spesso lenta, “lunga” e soporifera ma mai pesante o fastidiosa, colpendo decisamente nel segno.
Voto Federico: 7+