François Truffaut da festeggiare insieme al piacere di ricordare
È passato tanto tempo dalla nascita e dalla scomparsa di François Truffaut, ma resta viva la voglia di festeggiare qull’enfant terrible della Nouvelle Vague, nato il 6 febbraio 1932 e l’eredità che ci ha lasciato
È passato tanto tempo dalla nascita e dalla scomparsa di François Truffaut, ma fino a quando non dimenticheremo il valore delle fughe del cinema e delle corse che lasciano senza fiato, l’essere umano incapace di sentire il respiro profondo delle cose, delle relazioni impossibili, delle passioni sconfinate, fino a À bout de souffle scritto per Jean-Luc Godard, sarà sempre tanta la voglia di festeggiare qull’enfant terrible della Nouvelle Vague, nato il 6 febbraio 1932, nella Place Pigalle Parigina.
Per non perdere il piacere di ricordare, coltivare l’eredità visiva e intellettuale che ha appassionato generazioni di cinéphiles, autori e innamorati del cinema, recuperando la lunga intervista ad Alfred Hitchcock e tutti i dubbi che continuano ad insegnare, i talenti del regista e quelli dell’alter-ego cinematografico, Antoine Doinel, i sogni rivelatori e i feticismi, l’erotismo vestito, gli spiriti seducenti, le donne amate sul set e fuori, i vividi contrasti, gli orrori della guerra, del totalitarismo e di un futuro senza cultura, il ragazzo selvaggio che sa istillare dubbi anche alla mente illuminista, le donne letali e i finali da brivido.
Non ricordare solo tutti i film (nel video omaggio dopo il salto), ma di certo l’esordio che ‘fa il diavolo a quattro’ con le inquietudini de Les Quatre Cents Coups (I quattrocento colpi, 1959, dall’espressione faire les quatre cents coups), gli equilibri dell’amicizia che dura tutta la vita e dei triangoli amorosi di Jules et Jim (1961), gli uomini libro di Fahrenheit 451 (1966), le fughe nella natura de L’enfant sauvage (Il ragazzo selvaggio, 1970), lo svelamento della realtà che sta dietro l’artificio di un film e La Nuit Americaine (Effetto notte, 1973), la follia di Isabelle Adjani ne L’Histoire d’Adèle H (La storia di Adele H, 1975), il seduttore seriale de L’Homme qui aimait les femmes (L’uomo che amava le donne, 1977), il culto dell’amore anche dopo la morte de La Chambre verte (La camera verde, 1978), le due facce di Catherine Deneuve e dell’amore in tempo di guerra de Le Dernier métro (L’ultimo metrò, 1980), quello che fa vibrare La Femme d’à côté (La signora della porta accanto, 1981), misteri, crimini e risate di Vivement dimanche! (Finalmente domenica!, 1983)…
Voglio che il mio pubblico sia costantemente appassionato, stregato. Che esca dal marciapiede inebetito, stupito di stare sul marciapiede. Vorrei che si dimenticasse l’ora, il posto in cui si trova, come Proust sprofondato nella lettura a Combray. Desidero innanzitutto l’emozione. Lacrime e risate quando è il momento dell’umorismo. Quando ho sentito una registrazione, fatta durante una visione privata di Vivement dimanche! Ho sentito le risate degli spettatori su cose che noi ci eravamo divertiti tanto a girare, ebbene ero felice.
Intervista rilasciata da François Truffaut a Corinne Blanché “Jacinthe”, ottobre 1983
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