Frankenstein di Bernard Rose: Recensione in Anteprima
Il regista di Candyman torna all’horror con una versione indie e contemporanea di Frankenstein.
Archiviato l’ambizioso progetto che l’ha visto tramutare in cinema alcune opere di Tolstoy, vedi Anna Karenina, Ivansxtc, The Kreutzer Sonata, Boxing Day e 2 Jacks, Rose ha deciso di tornare al proprio spaventoso passato dando vita alla Bad Badger Productions, società fondata con l’intento di adattare alcuni classici dell’orrore in forma però ‘originale’. Ed è qui che prende vita Frankenstein, versione contemporanea del capolavoro di Mary Shelley, perché ambientato nella Los Angeles dei giorni nostri e interamente raccontato dal punto di vista del mostro.
Perché è proprio la creatura creata dal dr. Frankenstein a raccontarci la storia. E’ sua la voce narrante che fa strada alle immagini, così come sono suoi gli occhi con cui vediamo l’orrore che lo circonda. Nel romanzo originale del 1820 il dr. Frankenstein disseppelliva cadaveri per poterli studiare, senza però mai dar credito alla teoria che conducesse esperimenti in cui rianimava le persone morte. Ebbene nella versione moderna è una stampante 3D a plasmare la creatura, cellula dopo cellula, fino alla creazione stessa della vita. Ciò che vede la luce è un essere bellissimo e apparentemente perfetto, ma dalla capacità intellettiva di un neonato. Non sa parlare, non sa camminare, ciuccia il latte da un biberon e ha una passione smisurata per la prima persona che ha visto al mondo. Sua madre, ovvero la moglie del dr. Frankenstein. Ma quel che sembrava fisicamente impeccabile si incrina rapidamente, perché delle macchie iniziano a comparire sul volto e sul corpo della creatura. Inizialmente si tratta di un piccolo sarcoma, che pian piano si allarga ed espande, diventando cancri, polipi e noduli a forma di cavolfiore. Da angelo caduto dal cielo qual era, perché etereo nel suo splendore, la creatura diventa diavolo, mostro ripugnante, terrificante. Fallito l’esperimento Victor decide di sopprimerlo, anche per evitargli sofferenze, ma la creatura non può morire. E allora scappa, creando il panico attorno a se’.
Regista, sceneggiatore, montatore, produttore e direttore della fotografia. Ha fatto praticamente di tutto Bernard Rose per dar vita alla sua moderna versione di Frankenstein, che spiazza per forza visiva grazie al sapiente uso del make-up firmato Randy Westgate. La creatura resa estremamente credibile da Xavier Samuel, tanto nelle sue fragilità emotiva quanto nell’odio che prova nei confronti di quegli esseri umani che lo inondano di malvagità, è una maschera di sangue e tumori messa al mondo da due pazzi che giocano ad essere Dio. Prima amata e poi scaricata solo perché imperfetta. Un mostro nato adulto e dalla forza sovrumana ma con il cervello di un bimbo di un anno, costretto a scoprire sulla propria pelle dolorose prime volte che Rose, in soggettiva, ci mostrerà direttamente da dietro le palpebre del protagonista. Un film a basso costo ma dalle idee potenti, a tratti fedele al romanzo della Shelley e in altri casi per forza di cose ‘lontano’ da quelle pagine di primo ‘800, seminando in lungo e in largo spaventose scie di sangue. Lo splatter la fa da padrone, infatti, con almeno un paio di scene estremamente traculente e per stomaci poco impressionabili, tra interni ansiogeni ed esterni luridi, in cui è la bruttezza quotidiana a farla da padrona.
La coscienza dell’uomo, anche 200 anni dopo l’opera di Mary Shelley, rimane ancora oggi un gigantesco punto interrogativo, tanto da non conoscere ciò che cova all’interno della creatura. Indifferenza o emozioni? Rifiutato da quelli che lui vede come suoi simili, il mostro non può far altro che amplificare quel che gli viene insegnato, vedi comportamenti violenti ed odio, da rinfacciare a poliziotti e ladruncoli, prostitute e vagabondi che credeva amici. In questa moderna epopea urbana losangelina in cui se non hai un preciso status sociale sei già di tuo un ‘mostro’ da rigettare, la creatura si pone delle domande a cui nessuno ha mai risposto, e che da sempre contraddistinguono l’uomo: chi sono, da dove vengo, qual è il mio destino?
Rose, con tutti i difetti e le imperfezioni che può avere una pellicola indie e volutamente minimal che soprattutto nella parte centrale perde spessore, prova comunque a scandagliare l’animo di questo essere deforme ma dal cuore umano, affidandosi a due suoi attori feticcio come Danny Huston (questa è la loro sesta collaborazione) e Tony Todd, nel 1992 mitico Candyman e qui gigantesco homeless cieco. Proprio lui diverrà l’unica ed apparente oasi di speranza e umanità per il reietto mostro, Adamo degli esperimenti innamorato della madre, disconosciuto dal padre e guardato con orrore dal resto del mondo, tanto da seminare orrore in lungo e in largo. Perché impossibilitato ad ispirare amore.
[rating title=”Voto di Federico” value=”6.5″ layout=”left”]
Frankenstein (Usa, 2016, horror) di Bernard Rose; con Xavier Samuel, Danny Huston, Carrie-Anne Moss, Tony Todd, Adam Nagaitis, Mckenna Grace, Maya Erskine, James Lew, Mary Gallagher, John Lacy, Carol Anne Watts, Ron Roggé, Jorge Luis Pallo – uscita giovedì 17 marzo 2016.