Giorno 2 a Venezia 2009: The Road – Life during wartime
Prime belle soddisfazioni dal concorso di Venezia grazie ai tre nuovi film in gara per il Leone d’Oro, tra cui i due primi americani. Piccola nota, visto che anche altri siti ne hanno giustamente parlato: è vergognoso che in un festival come Venezia si debba assistere a scene come quelle che gli accreditati hanno vissuto
Prime belle soddisfazioni dal concorso di Venezia grazie ai tre nuovi film in gara per il Leone d’Oro, tra cui i due primi americani. Piccola nota, visto che anche altri siti ne hanno giustamente parlato: è vergognoso che in un festival come Venezia si debba assistere a scene come quelle che gli accreditati hanno vissuto in Sala Darsena per il film di Todd Solondz. Proiezione in ritardo, rimandata due volte; s’inizia con circa 40 minuti di ritardo, e quando la pellicola parte i sottotitoli non sono in sincrono. Di almeno una ventina di secondi. Ululati e proteste non servono a fermare l’ignobile proiezione. A metà la cosa di sistema, ma nell’ultima parte ricomincia. Evviva la Mostra…
The Road – di John Hillcoat (Concorso)
E’ un film cupissimo quello di Hillcoat, tratto dal bellissimo libro di McCarthy. Il romanzo, Premio Pulitzer nel 2007, ha fatto discutere anche gli appassionati dello scrittore, ma è innegabile che abbia stile e colpisca. The Road è una trasposizione fedele, e al di là di questo potrebbe essere preso ad esempio come trasposizione che non snatura la fonte d’origine e al tempo stesso riesce ad essere un film personale.
Hillcoat si era già fatto notare per il suo splendido The Proposition, emozionante western crepuscolare che ridava linfa al genere. Ora con The Road ritorna a convincere, guadagnandosi un piccolo spazio tra i nuovi registi da continuare a tenere d’occhio. Il suo film post-apocalittico è angosciante, opprimente, a tratti agghiacciante.
Come si è detto, rispetta il libro di McCarthy, di cui riprende le situazioni più memorabili e anche quelle più crude (chi ha letto il romanzo non avrà dimenticato il momento nella botola…), e riesce anche a continuare sul filo già tessuto da The Proposition, rivelando un autore sensibile e preparato. L’uso delle ambientazioni e la resa fotografica degli ambienti, grigi, freddi e sporchi, è più che notevole, e un grande aiuto arriva, ancora una volta, dalla bellissima colonna sonora di Nick Cave, autore delle musiche del precedente film del regista (nonché della sceneggiatura).
Nel viaggio verso sud, la coppia padre-figlio si ritrova davanti a situazioni che tirano fuori il peggio dell’essere umano, tutto per la sopravvivenza. E in questa storia allucinante e tristissima, solo alla fine arriva un piccolo bagliore di speranza: che in realtà è solo un nuovo, tragico inizio. Charlize Theron appare pochissimo nel ruolo della moglie, proprio come nel romanzo, ma lascia il segno; Kodi Smit-McPhee è bravissimo nella parte del ragazzino, e Viggo Mortensen dà ancora una volta un’interpretazione fisica e sofferta, che potrebbe già metterlo fra i candidati per la Coppa Volpi. Un film notevole. Qui il trailer.
Life during wartime – di Todd Solondz (Concorso)
Cosa ci si può attendere da un nuovo Solondz, che tra l’altro riprende i personaggi e le fila del discorso del suo capolavoro, Happiness? Semplicemente un film splendido, come è Life during wartime. Solondz con Storytelling sembra aver iniziato un percorso sul come sperimentare le vie per raccontare una storia. Un’idea teorica che ha messo in pratica con il folle Palindromes, in cui sette attrici (più un giovane attore) interpretavano uno stesso personaggio, e che ora trova nuova forma in Life during wartime.
Si è parlato di sequel. Lo è, a tutti gli effetti: Solondz infatti ci narra nuovi svolgimenti delle vite delle sorelle Joy, Trish ed Helen e di tutti gli amici, compagni e familiari che ruotano attorno a loro. Ma è anche una variazione sul tema che riprende in parte l’idea di Palindromes. Infatti, come già sappiamo (leggete qui per vedere i cambiamenti degli attori), i personaggi sono tutti interpretati da attori completamente diversi.
Per Solondz è giusto così: la sperimentazione dà nuova vita alle cose, e i personaggi si delineano nelle loro nuove caratteristiche. Ma quel che conta al di là di tutto, è il divertimento. Life during wartime è una commedia divertente e amara come ci si aspeta da un indipendente di ferro geniale e caustico come Solondz, ed è difficile non ridere per battute taglienti e allo stesso tempo cariche di acidità e amaro.
La solitudine è ancora il filo conduttore, ma la follia di una società costantemente in guerra (contro il mondo, contro gli altri, contro se stessa) è la vera miccia che accende le interpretazioni sul film. In questa mostra di personaggi soli e schizzati, tra nerd e pedofili, ci stanno pure i fantasmi. Che ritornano a tormentare i poveri viventi: e non possono che essere anche loro tormentati, disillusi. Si parla di democrazia, di terrorismo, di perdono e non perdono, di Israele, di Bush e McCain, il tutto senza troppa cognizione di causa. Alla fine quello conta forse è il sentire ancora il bisogno, dopotutto, di una persona accanto.
Due pillole finali. Charlotte Rampling ha un breve ruolo, ma è tagliente e meraviglioso: nel ruolo della donna di classe, che parla in modo elegante ma tagliente e volgare allo stesso tempo, in fondo sola e disperata, riesce ad essere di gran classe e splendida come al solito. Ed infine, scordatevi il cameo di Paris Hilton: tutta una bella burla.