Giuseppe Bertolucci: andare e venire
Italo Moscati usa le pagine di Cineblog per ricordare Giuseppe Bertolucci, scomparso il 16 giugno 2012.
Si chiama Andare e venire, 1972, il film che produssi per Giuseppe Bertolucci, quando dirigevo i programmi sperimentali della Rai. Dopo l’esordio negli stessi sperimentali- basso costo, grande volontà, talento- di Gianni Amelio con La fine del gioco, la prima e fra le sue opere migliori, toccò a Giuseppe insieme a molti altri.
Mi venne a trovare dopo che ci eravamo incontrati a un festival. Diventammo subito amici. Conoscevo il fratello maggiore Bernardo, già famoso, che aveva fatto Il conformista, gran bel film. Giuseppe, figlio anche lui del poeta Attilio, aveva il desiderio di debuttare nel cinema, senza dipendere da Bernardo; ed era comprensibile.
Presentò un soggetto che mi convinse subito, ambientato nella sala d’aspetto di una stazione, nello specifico quella di Trastevere, anche se irreale, inventata,luogo di incontri, disperazioni, felicità, sogni e incubi. Un debutto straordinario.
Dopo “Andare e venire”, il dolce e intelligente Giuseppe fece, ha fatto tanti altri film lodati e premiati nei festival; ha presieduto la mia cara Cineteca di Bologna; ha diretto per il teatro, fra l’altro, un lungo e meraviglioso atto unico su Pasolini, nella interpretazione di un fantastico Fabrizio Gifuni, finalmente restituito alle sue capacità e ad una sensibilità abbastanza insolita nelle nostre scene.
Apprendo la notizia della morte di Giuseppe a San Benedetto del Tronto, nella Marche, dove domani presenterò il mio recente libro L’albero delle eresie, in cui inserisco personaggi che ho incontrato negli scorsi decenni, dallo stesso Pasolini al poeta Dario Bellezza, da Julian Beck a Carmelo Bene, da Pina Bausch a Philip Dick, a Stanley Kubrick, da artisti come Schifano e Gino De Dominicis.
Tante storie di un’unica storia. Quella che tiene insieme persone diverse, con vicende diverse, con esperienze spesso sofferte, sempre in bilico fra realtà e fantasia, nel segno della creatività.
Ecco il punto. I creativi. Una razza a parte, gente che si conta sulle grandi dita della umanità migliore. Nell’albero, fra i suoi rami, fra le sue foglie che non ingialliranno e non moriranno mai, adesso inserisco, postumo, Giuseppe.Abbraccio Bernardo e la moglie di Giuseppe, Lucilla.
Ci siamo incontrati in quell’albero della creatività e delle eresie compiute per non tradirla, caro Beppe, ti saluto con commozione.