Gli studi del cinema tra ambizioni crolli rinascita e… bellezza
Cinecittà si aprì nel 1937, con sfarzosa inaugurazione, ma già nel 1936 il kolossal “Scipione l’Africano”, girato nella piana bonifica di Sabaudia, stava guardando ai nuovi studi sulla Tuscolana per completare la realizzazione nei moderni studi ispirati a Hollywood
Nel mio film 1200 km di bellezza, il b/n del cinema di Cinecittà è evocato nelle immagini di “Scipione l’Africano”: diecimila comparse, elefanti, cammelli, cavalli. Altri film significativi, altri manifesti o foto ricordano le ricostruzioni in studi che erano considerati tra i migliori del mondo, citazioni, ricordi che entrano nei fili del racconto che si snoda lungo tutta la penisola: dai primi treni alle prime auto, lasciandosi alle spalle le carrozze e i piroscafi del grand tour. Se n’è già reso conto il pubblico accorso numeroso a vedere il film in Sicilia, a Roma, nelle Marche, mentre altre piazze si aggiungono per le proiezione in varie parti del Paese. Affiorano effetti speciali, molto semplici e sofisticati: il b/n mescolato, inserito, nel colore, nella brillantezza dell’HD, nelle riprese con i droni.
Le immagini dell’Istituto Luce, alcune delle quali precedenti alla fondazione dell’Istituto (1924), sono belle, di un b/n che resiste e offre nuova possibilità di suggestione. Esse, con le immagini dei film non documentari, sono una risorsa spettacolare e storica di grande importanza e potenza. Una risorsa che potrebbe essere completata considerando quel che altri studi, non solo Cinecittà, e non solo a Roma ma anche a Torino, Napoli, Palermo, Milano, Tirrenia, Venezia, hanno prodotto. Un lavoro tutto da fare, anzi da cominciare visto che di tanto in tanto se ne riparla, rimandando le occasioni di affrontarlo, mentre la questione diventa sempre più urgente.
Ma, ci si può chiedere, che tipi di film si possono trarre da una così grande e disparata quantità, e qualità? L’esperienza diretta di “1200 km di bellezza”, che sarà proiettato lunedì 14 marzo nel bel palazzo dell’Accademia di San Luca, a Roma, mi ha convinto che i film (doc e fiction) sono in grado di tornare ad essere “girati” ovvero resi compatibili al gusto, alla sensibilità degli spettatori che afferrano la piacevolezza dei confronto fra passato presente e futuro. Si tratta di film “nuovi” che possono essere improntati a una sorta di “ritorno al futuro” (titolo di una celebre pellicola) che si può ottenere mescolando epoche con forte senso spettacolare e con la capacità di creare straordinarie occasioni di coinvolgimento.
Una ragione per provarci con attenzione e vena creativa c’è: la televisione non ha un grande passato, anzi spesso appartiene a memorie deboli e insignificanti, a parte – quando accade- di poter cogliere le offerte dell’attualità e dei fatti nei momenti in cui accadono. Ma i filmati o le registrazioni sono spesso inadeguati o pessimi, per via della fretta, della improvvisazione e di messi di ripresa condannati alla mediocrità.
Gli intrecci e le soluzioni sono esattamente quel che serve, sulla base dei documenti e del loro ampliamento. Il cinema con i suoi studi (e i suoi film) rappresenta una “archeologia” industriale che si arricchisce con tecniche d’avanguardia e con la fantasia delle riprese e nei montaggi.
Proprio in questi giorni a Tirrenia c’è una mostra dedicata a studi nati tre anni prima di Cinecittà dove hanno lavorato registi (De Sica, il giovane Monicelli… e attori (Nazzari, Clara Calamai, Luigi Zampa) che hanno contribuito a creare opere che sono nella luce del cinema italiano. Non rievocazioni non celebrazioni ma uso e sviluppo tra il b/ne e quel che arriva ogni giorno da ricerche per svegliare chi conosce e fa il cinema, “ritorno al futuro” (quello che vive e non sopravvive) per non rinunciare a cercare: la… Bellezza, che è nella tradizione, come diceva Pasolini, basta desiderarla ancora.