Hollywood importa
Molti avranno notato qual è la tendenza ultima di Hollywood: setacciare i paesi orientali a caccia di talenti, importarli negli Stati Uniti, insegnargli la storiella del sogno americano e far loro girare un film. Hideo Nakata, il regista di Ringu (l’originale) e di The Ring Two (il remake-sequel), è soltanto uno degli ultimi assimilati. In
Molti avranno notato qual è la tendenza ultima di Hollywood: setacciare i paesi orientali a caccia di talenti, importarli negli Stati Uniti, insegnargli la storiella del sogno americano e far loro girare un film. Hideo Nakata, il regista di Ringu (l’originale) e di The Ring Two (il remake-sequel), è soltanto uno degli ultimi assimilati. In una recente intervista all’Irish Examiner, Ewan McGregor spiega così il fenomeno: “è vero che Hollywood porta qui i professionisti degli altri paesi, ma non li lascia lavorare in totale libertà. Spesso li svilisce di tutto ciò che di buono hanno fatto in passato, lavorando a casa”. Ewan prende come esempio Nightwatch, horror di cui fu protagonista nel 1997, diretto dal danese Ole Bornedal, che aveva già girato Nattevagten, l’originale, qualche anno prima. “La Miramax ha lasciato fuori dal film tutte le cose interessanti” – continua McGregor – “l’originale era davvero terrificante, mentre il mio film scivola in un finale blando e inconcludente”. Forse, allora, la colpa non è tutta dell’estabilishment mangiasoldi? Forse gli autori “importati” dovrebbero rivendicare con più orgoglio la propria individualità, anziché asservirsi completamente – artisticamente e tecnicamente – alla più grande industria del cinema?