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Holy Motors: le recensioni dagli Usa e dall’Italia

Holy Motors: bocciato o promosso dai critici? Scopriamolo insieme…

di carla
pubblicato 10 Giugno 2013 aggiornato 31 Luglio 2020 13:45

Holy Motors, diretto da Leos Carax e uscito nei cinema italiani il 6 giugno, ha conquistato la redazione di Cineblog e dopo aver letto la nostra recensione ecco che leggiamo anche le critiche Americane e Italiane. Voi l’avete visto? Vi è piaciuto?

Chase Whale – Film.com: Holy Motors è qualcosa di meraviglioso.

Tom Keogh – Seattle Times: per un pubblico ansioso di perdersi in narrazioni immaginate.

Peter Rainer – Christian Science Monitor: Carax è un mesmerista prodigiosamente dotato…

Rene Rodriguez – Miami Herald: Holy Motors è selvaggio e libero e giocoso – l’opera di un artista che porta il suo amore per il cinema nelle ossa, e sa come condividere l’affetto con il pubblico.

Peter Howell – Toronto Star: Questa è la cavalcata più esilarante del 2012, un viaggio meravigliosamente misterioso.

Michael Phillips – Chicago Tribune: Lavant è splendido nel film, e lui è essenzialmente tutto il film.

Lisa Schwarzbaum – Entertainment Weekly: l’amore, la passione per il cinema, e l’inevitabilità della malinconia umana del perennemente misterioso regista francese Leos Carax.

David Denby – New Yorker: Carax produce le dislocazioni sorprendenti della realtà di Buñuel, ma senza lo spirito allegro.

Richard e Mary Corliss – TIME Magazine: Si tratta di un esilarante viaggio di follia e tristezza.

Lou Lumenick – New York Post: Il genere di film enigmatico che molti critici abbracciano perché è suscettibile di interpretazione infinita…

Andrew O’Hehir – Salon.com: E’ il film più cool e più strano dell’anno.

Manohla Dargis – New York Times: Un sogno di film che sembra un film di sogni.

Stephanie Zacharek – NPR: potrebbe quasi essere un film realizzato in un tempo prima del linguaggio, un rendering di vita moderna come una sorta di pittura rupestre cinematografica. Con canzoni. E una limousine bianca. E Kylie Minogue.

Melissa Anderson – Village Voice: Inclassificabile, espansivo, e mozzafiato…

William Goss – Film.com: In termini di pura sensazione cinematografica, Holy Motors si pone come uno dei film più deliziosamente enigmatici che ho visto da un bel po’ di tempo.

Jon Frosch – The Atlantic: Sperimentale, divertente, delirante, originale e di tanto in tanto esasperante.

Megan Lehmann – Hollywood Reporter: Un pezzo deliziosamente assurdo di fare cinema che valuta la vita e la morte e tutto il resto, riflessi in uno specchio deformante.

Dario Zonta – l’Unità: Carax lo si ama o lo si odia, ma non si può rimanere certo indifferenti innanzi alle sue visioni e ai suoi sconfinamenti. Luoghi, tempi e personaggi del cinema attraversati e impersonati da un attore cangiante che scende e sale dalla macchina reinventando il mito del cinema.

Paolo Mereghetti – Il corriere della sera: (…) Il regista che ha coinvolto anche Eva Mendes (una modella da rapire) e Kylie Minogue (una cantante suicida) si guarda bene dall’offrire elementi di interpretazione: all’inizio siamo in una sala cinematografica e l’autista della limousine è – citazione esplicita – la protagonista di Occhi senza volto di Franjou, ma tutto sembra più il regesto di un regista in crisi (che spinge il suo protagonista a interpretare frammenti di storie che non farà mai) piuttosto che una riflessione sul cinema o sulla creatività. Molti critici gridano al capolavoro assoluto, personalmente propendo per una riflessione solipsistica incapace di dialogare davvero con lo spettatore.

Alessandra Levantesi Kezich – La Stampa: The Holy Motors potrebbe infatti definirsi una surreale fantasia sul tema delle multiple identità dell’artista, in quanto facitore di forme e sogni nei quali ogni volta corre il rischio di annullarsi. Monsieur Oscar (è l’attore di esperienza circense Denis Lavant, sulle cui spalle poggia l’intera storia) attraversa Parigi a bordo di una limousine guidata dalla fidata Celine. All’interno l’auto è attrezzata come un camerino dove Oscar si cambia di abiti e trucco, per recarsi ai suoi appuntamenti travestito via via da banchiere, mendicante, lurido mostro, vecchio morente. Sembra un attore costretto a rimbalzare da un set all’altro, però non ci sono macchine da presa in giro. Chi è dunque Oscar? Il film si svolge come un gioco di scatole cinesi fino a una grottesca conclusione, forse non più reale del resto. Imbastito sul filo di una dolente ossessione, il film ha un’indubbia coerenza, e tuttavia risulta irritante: troppo programmatico per attingere alla poesia, troppo autoreferenziale per coinvolgere lo spettatore. Carax ha un suo mondo, ma questo mondo rimane suo, un pericolo sempre in agguato per l’artista.

Fabio Ferzetti – Il Messaggero: Un film folle e lucidissimo, discontinuo e geniale, del quale si potrebbe parlare a lungo. Sperando che qualcuno avrà il coraggio di farlo uscire in Italia.

Stenio Solinas – il Giornale: Holy Motors è come un’opera d’arte contemporanea, dove le interpretazioni si moltiplicano in mancanza di senso (…) Il risultato è un film mitologico, nel senso della costruzione dei miti, e insieme fantastico, nel suo figurarsi altri mondi, esseri delle tenebre, esseri della luce, strumenti meccanici propri di un’epoca in cui tutti gli assoluti sono morti e si è ridotti a sacralizzare la materia, e insieme schiavi di un mondo sempre più virtuale (…) se volete andarlo a vedere, è a vostro rischio e pericolo. Però potrebbe anche piacervi.

Arianna Finos – la Repubblica: Il presidente di giuria Nanni Moretti in apertura del Festival dichiarava di sperare in film sorprendenti. Lo accontenta Holy motors di Leo Carax, già definito dal direttore Thierry Fremaux «il film più folle di Cannes», che ha suscitato l’applauso più convinto dei critici in sala, anche se poi i giudizi si sono divisi. Ad accompagnare regista e attore protagonista, l’ottimo Denis Lavant, è arrivata la popstar australiana Kylie Minogue, che recita e canta nel film. È la storia di Oscar, uomo che vive dieci vite: dapprima è un uomo d’affari che attraversa la città dentro una lunghissima limousine. Ha nove appuntamenti, che sono altrettante identità, ma anche generi cinematografici. Oscar assume sembianze diverse grazie a trucco e protesi. Una mendicante da strada, un omino con la tuta del “motion capture” che combatte e fa l’amore virtuale davanti al green screen. Poi un assassino la cui vittima scopre essere il suo doppio, un padre che rimprovera la figlia dopo una festa, l’assassino mascherato e no global di un banchiere. Non bastasse compaiono macchine parlanti e una moglie (con prole) scimmiesca. Tra i personaggi più divertenti Monsieur Merde, una sorta di mister Hide, un uomo bestiale, rosso di capelli e di verde vestito che attraversa le fogne piomba su un set di moda, rompe tutto stacca le dita a una zelante assistente del fotografo (una di quelle moleste che mimano le virgolette con le dita) e porta via con sé la modella Eva Mendes, che più tardi lo consolerà mentre dorme. Kylie Minogue interpreta una donna che, come Oscar (e forse come tutti noi) percorre la città e indossa le sue maschere per i diversi appuntamenti. Le due limousine entrano in collisione e i due ex innamorati si rincontrano. Lei canta una canzone d’addio, dice che pensa al suicidio e si esibisce in un bel numero da musical.