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Hotel Artemis, recensione: distopia non all’altezza delle intriganti premesse

C’erano i presupposti per un nuovo cult, al quale però nel suo insieme Hotel Artemis può solo aspirare, così controllato come si sforza di essere e a più livelli

pubblicato 31 Luglio 2019 aggiornato 29 Luglio 2020 20:03

Nella Los Angeles del 2028 c’è il finimondo perché la gente vuole l’acqua, bene essenziale divenuto appannaggio di pochi a seguito della sua privatizzazione. Scontri, violenza, in un contesto da perenne guerriglia urbana nella già convulsa e caotica Città degli Angeli, teatro di guerra e rappresaglia tra poveri sostanzialmente, mentre un corpo di polizia, anch’esso privato, tenta in tutti i modi, con le buone o con le cattive, di mantenere un ordine pressoché inconseguibile.

Drew Pearce, qui alla sua prima regia, lascia però tutto ciò sullo sfondo. E quando dico sfondo non intendo dire su un piano secondario, comunque visibile, tangibile. Hotel Artemis è il titolo più adatto per un film che si svolge totalmente in interni, salvo qualche estemporanea scena in esterni, che comunque giova a rinforzare il concetto. Un gioco di tutta prima accattivante, che fa passare la distopia attraverso la strumentistica di questa dottoressa/infermiera che gestisce un ospedale particolare, proprio all’interno dell’Artemis.

Ci possono entrare solo i criminali, e solo se hanno sottoscritto un abbonamento – distopia vera, quella che, magari involontariamente, motteggia un presente sempre più imbrigliato nella logica della sottoscrizione previo pagamento di un canone per la qualsiasi. In tale contesto, ad ogni buon conto, l’avanzamento tecnologico è certificato da device che scannerizzano all’istante tutto, un mondo in cui si è radicalmente trasparenti; con ovvie ricadute su chi, come la Jodie Foster del film, ha bisogno di diagnosi immediate, cui seguono operazione altrettanto veloci, rispetto a oggi forse addirittura istantanee.

Hotel Artemis è il resoconto di una serata andata storta, in cui le poche ma rigide regole di questo peculiare “club” vengono disattese una dopo l’altra, anche per colpa della stessa Jean (il personaggio della Foster per l’appunto), lei che regge la baracca da oltre vent’anni. Ci sono insomma tutti gli ingredienti per tirare fuori uno spettacolo spassoso nella più tiepida delle ipotesi, mentre invece pressoché ogni singola buona premessa viene disattesa, o perché non esplorata a dovere o perché semplicemente lasciata appassire in corso d’opera.

Si aspetta che la vicenda decolli, laddove il tutto si risolve invece in un discreto costruire per buona parte del film, che invece da tale stato non si schioda mai davvero. Un cocktail di generi mai amalgamato davvero, perché Hotel Artemis è un po’ thriller, un po’ fantascienza, un po’ azione, ma concretamente nessuna di queste cose qui. Il che, potrebbe obiettare qualcuno, significa tutto e niente, quasi che l’esito in certe situazioni dipendesse dall’etichetta. Eppure un problema lo è, perché, da un certo punto in avanti, si avverte costantemente quel senso di frustrazione per via di quanto tutto sembra così tenuto a bada.

Muovendo da premesse in fin dei conti analoghe ad un John Wick, che però si prende tutt’altro tipo di libertà, dandosi ad una scommessa che alla fine si rivela vincente. Qui invece vige più l’atmosfera del compitino, quell’andare sul sicuro anche al netto di presupposti di altro segno. Pearce tenta perciò di risolverla in una sfilza di frasi ad effetto, personaggi che hanno tutt’al più l’aria di essere intriganti (ma per loro vale lo stesso discorso fatto per il film in generale), e giusto qualche scena un po’ più movimentata che però nell’economia del tutto non sposta granché gli equilibri.

Peccato non essere riusciti dunque a corrispondere a quell’incombere che per una buona mezz’ora pervade, l’impressione, vivida, che stia per accadere qualcosa di grosso e che ciò abbia a succedere da un momento all’altro, con quei suoi accenti talvolta addirittura cupi e che hanno un senso. Jodie Foster fa di tutto, altri non si muovono male nemmeno, ma quando ci si rende davvero conto di trovarsi davanti ad un lungo ancorché quasi divertente prologo, diventa estremamente difficile reprimere la sensazione di essere stati in qualche modo traditi. Hotel Artemis si rivela perciò uno di quei lavori la cui esecuzione non è all’altezza delle sue ambizioni; ambizioni, va detto, alla portata, che con il risultato finale vengono però per lo più sfiorate. Il che, se possibile, contraria persino di più.

[rating title=”Voto di Antonio” value=”5″ layout=”left”]

Hotel Artemis (USA, 2019) di Drew Pearce. Con Jodie Foster, Sterling K. Brown, Sofia Boutella, Jeff Goldblum, Brian Tyree Henry, Jenny Slate, Zachary Quinto, Charlie Day, Dave Bautista e Kenneth Choi. Nelle nostre sale da giovedì 1 agosto 2019.