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I Am Not Your Negro: trailer italiano del documentario di Raoul Peck

I Am Not Your Negro: video, trailer, poster, immagini e tutte le informazioni sul documentario di Raoul Peck nei cinema italiani dal 21 marzo 2017.

pubblicato 17 Marzo 2017 aggiornato 30 Luglio 2020 00:58

 

Il documentario I Am Not Your Negro di Raoul Peck, candidato all’Oscar per Miglior Documentario 2017 e Premio del Pubblico della Berlinale Panorama, uscirà il 21 marzo nelle sale italiane per Feltrinelli Real Cinema e in collaborazione con Wanted in occasione della giornata internazionale contro il razzismo.

 

Raccontato con le parole di James Baldwin, dal testo del suo ultimo progetto letterario rimasto incompiuto, e con rare immagini di repertorio, il film esplora il tema complesso e difficile delle relazioni razziali negli Stati Uniti attraverso i ricordi di Baldwin e dei leader che hanno combattuto per i diritti civili: Medgar Evers, Malcolm X e Martin Luther King, Jr. Guidato dalla voce narrante di Samuel L. Jackson, Raoul Peck evita la retorica svelando il volto inedito di un’America che deve cominciare a fare i conti con la giustizia e la democrazia davvero uguale per tutti.

 

James Baldwin è stato uno dei più grandi scrittori Nord-Americani della seconda metà del ‘900 e un brillante critico sociale in grado di prevedere rovinosi “trend” che oggi viviamo nel mondo occidentale e non solo, mantenendo senso di umanità, speranza e dignità. Ha saputo esplorare le complessità razziali, sessuali e le differenze di classe tanto evidenti quanto ignorate. Possedeva un’impareggiabile capacità di comprendere la storia, la politica e più di tutto la condizione umana. Ancora oggi le parole di James Baldwin colgono di sorpresa come un pugno allo stomaco. Difficile trovare qualcosa di così preciso, sottile e incisivo come gli scritti di quest’uomo. I pensieri di Baldwin sono ancora efficaci come il giorno in cui sono stati espressi per la prima volta. Le sue analisi, i suoi giudizi, i suoi verdetti, risultano più attuali di quando vennero scritti. Nel contesto odierno dell’America, la violenza e la confusione condannati da lui continuano, banalizzati e distorti dall’informazione, dai media, da Hollywood e dalla politica.

 

NOTE DI REGIA

Ho cominciato a leggere Baldwin all’età di 15 anni, quando ero un ragazzo in cerca di spiegazioni razionali alle contraddizione che stavo vivendo nella vita che mi aveva già portato da Haiti alla Francia, alla Germania e poi negli Stati Uniti d’America. Aimé Césaire, Jacques Stephen Alexis, Richard Wright, Gabriel García Márquez e Alejo Carpentier, James Baldwin è stato uno dei pochi autori che ho sentito “mio”. Uno di quelli che comunicavano in una lingua che riuscivo a comprendere, in cui non mi sentivo solo una “nota a margine”. Raccontava storie che descrivevano la Storia, definendo strutture e relazioni umane che combaciavano con ciò che potevo vedere intorno a me e a cui potevo fare riferimento. Storie che comprendevo perché venivo da una nazione, Haiti, che aveva una grande consapevolezza di sé, che aveva combattuto e sconfitto l’esercito più potente al mondo (quello di Napoleone) e che, unico esempio nella storia, ha fermato la schiavitù sul nascere, nel 1804, grazie alla prima vittoriosa rivolta degli schiavi al mondo, diventando il primo stato libero delle Americhe. Gli Haitiani hanno sempre conosciuto la vera Storia e hanno sempre saputo quanto diversa fosse da quella raccontata dal paese dominante. Il successo della Rivoluzione Haitiana è stato ignorato – come dirà Baldwin: “per via dei brutti/cattivi negri che eravamo” – perché avrebbe portato a una versione dei fatti completamente differente, in grado di rendere insostenibile la versione proposta dal mondo schiavista di quei tempi. Le conquiste coloniali del tardo 1800 non sarebbero state ideologicamente possibili se private della loro giustificazione “civilizzazionale”, una giustificazione inutile se il mondo avesse saputo che questi “selvaggi” Africani erano stati in grado di annientare le loro potenti armate (specialmente quelle francesi e inglesi) più di un secolo prima. Questo è esattamente il motivo per cui ho deciso di ricorrere a James Baldwin e alla sua capacità di analizzare le storie, per riuscire a collegare la vicenda di uno schiavo liberato nella propria nazione, Haiti, alla storia moderna degli Stati Uniti e alla propria dolorosa e sanguinosa eredità, la schiavitù. James Baldwin non ha mai terminato Remember This House e l’ambizione di questo film è quello di riempire in parte questo vuoto. [Raoul Peck]

Il film patrocinato da Amnesty International Italia inaugurerà la 27/ma edizione del festival del Cinema Africano, d’Asia e America Latina lunedì 20 marzo presso l’auditorium San Fedele di Milano alla presenza di Raoul Peck.