I Mercenari 3: Recensione in Anteprima
Il più centrato di quella che attualmente è una trilogia, anche se ancora per poco, I Mercenari 3 cede qualcosa sul fronte action per darsi a un discorso di spessore più ampio. Niente paura però, perché Barney Ross e soci sono più o meno quelli di sempre
Li avevamo lasciati poco dopo avere distrutto un aeroporto, con Willis e Schwarzenegger a seminare il panico a bordo di una Smart. Sono trascorsi appena due anni da allora, ma dopo aver assistito a questa terza incarnazione della serie il dubbio che si sia fatto un salto di dieci anni è quantomeno lecito. The Expendables è un ormai un brand consolidato: oltre mezzo miliardo di dollari al botteghino e una sfilza di nomi che chissà se Sly all’inizio osasse anche solo sperare. Un fenomeno fortemente voluto proprio da Stallone, il quale, in un modo o nell’altro, si è fatto il mazzo insieme ai suoi colleghi produttori per reperire quante più icone possibile; insomma, I Mercenari sta agli amanti degli action “come li facevano trent’anni fa” un po’ come una sfarzosa Chiesa ortodossa sta al fedele di ceppo slavo.
Amenità a limite con la blasfemia a parte, è più o meno con la medesima disposizione d’animo e di mente che bisogna approcciarsi a questi film. E qualora stiate pensando che questo sia il punto della recensione in cui si abusa della vostra pazienza prendendovi in giro con frasi del tipo «basta spegnere il cervello e passa la paura», vi sbagliate di grosso. Al contrario, questo è il punto in cui, giusto per indicare un’atmosfera, due persone che si sono appena menate dopo l’ennesimo film il cui leitmotiv è il rumore di ossa fracassate in almeno trentasette varianti, si siedono attorno a un tavolino e discutono su I Mercenari 3 sorseggiando un amaro. Nel farlo s’interrogano, quasi come nella Grecia antica si faceva osservando le stelle.
Suvvia, ci siamo lasciati prendere la mano. La verità è che a ‘sto giro Stallone e soci si sono presi qualche rischio in più, di quelli che se non sai che cosa stai combinando ti metti contro pure i difensori della prima ora. In poche parole, se qualcosa si può dire in maniera inequivocabile è che in questo terzo capito il grado d’azione è stato ridimensionato. C’è sempre chi a un certo punto sale su un edificio a bordo di una moto per poi lasciarsi correre dopo aver approfittato di una rampa, è chiaro, ma se si pensa al carnaio del 2 qui stiamo altrove. E dire che il film si apre proprio così, mentre i mercenari sono impegnati in un’operazione di recupero su un treno in corsa: quanti possono permettersi una roba del genere ed uscirne “puliti”?
Basta andare più avanti, però, per rendersi conto che stavolta le cose stanno in maniera diversa. Il villain è Stonebanks, un ottimo Mel Gibson a cui il ruolo calza eccome: fondatore dei mercenari insieme a Barney (Stallone), è oramai un signore della guerra. Esatto, come sempre, buoni contro cattivi; al diavolo le sfumature, che non servono. Ora, non sta certo a noi ridicolizzare una scrittura che in un contesto del genere è venuta sempre dopo: una volta assemblato il cast, che è la priorità, nel tempo che rimane prima dell’inizio delle riprese si rispolverano una serie di VHS di quelli tosti e due persone al massimo si occupano di stilare una serie di macro-scene che terminano o con un volo pirotecnico o con una battuta che, si spera, rimarrà nei decenni a venire solo solo perché l’ha pronunciata il tizio X. Su questo fronte, perciò, restiamo convinti che nessuno abbia voglia di discutere più di tanto.
Solo che, per la prima volta dopo tre film, si avverte un grado di fedeltà per non dire “integrità” come mai era accaduto in questi quattro anni. Tutto si può dire di Stallone e soci, tranne che siano degli sprovveduti, ed infatti The Expendables 3 è confezionato se non con cura per lo meno con criterio. Meno serioso rispetto al primo ma meno spensierato rispetto al secondo, il terzo si avvicina più di tutti a quell’equilibrio armonico che, forse, gli autori avevano in mente sin dall’inizio. E non si può nemmeno dire che in tal senso i primi due risultino indispensabili, se non come prove generali. Lungi da noi marginalizzarli, sia chiaro, ma basta comprendere che in fin dei conti questo nuovo tassello funziona a prescindere da chi l’ha preceduto per farsi un’idea della sua portata.
Barney si trova davanti a un crocevia, senza possibilità di tornare indietro. Il peso degli anni c’è tutto, ed è infatti in questo frangente che s’innesca il discorso più interessante che appronta questo I Mercenari 3. Tutto parte da una domanda, ovvero «quanto tempo abbiamo ancora, noi della vecchia guardia?». Un discorso a suo modo lucido, che Stallone affronta nella maniera a lui più congeniale, senza nemmeno eccedere più di tanto. Anzi, proprio alla luce del ridimensionamento della vocazione action del progetto, c’è da chiedersi se uno degli interessi principali non fosse proprio quello di fare un po’ il punto della situazione. Nel film, congedati i vecchi compagni perché il gioco comincia a farsi troppo duro anche per loro, Barney decide di affidarsi ad una nuova squadra: più giovane, più fresca ma soprattutto più “avanzata”, ossia in linea coi tempi. Il vero motivo alla base di questa decisione, però, non è che il mercenario numero uno non reputi all’altezza i suoi uomini: semplicemente tiene a loro.
Come già accennato, senza particolari eccessi, qui Stallone s’interroga ed in qualche misura interroga pure noi in merito a cosa sia meglio per tutti loro, per la serie, per un certo modo di intendere il cinema. Un botta e risposta che, almeno nelle intenzioni, buca lo schermo per dileguarsi nella realtà, consapevole che i tempi sono cambiati e che forse è arrivato il momento di tirare i remi in barca. Oppure no. Atteggiamento apparentemente nostalgico ma a conti fatti realistico, perché l’esperimento de I Mercenari andrà (ri)valutato tra qualche decennio, quando ci si accosterà a quello specifico genere il cui massimo splendore risale agli anni ’80 come oggi gli storici studiano la Rivoluzione Francese. E c’è da dire che il fenomeno Expendables c’incalza pure bene, paventando il giorno in cui questa sconfinata sfilza di film sarà solo oggetto di studio, impossibilitati come forse saranno (chi lo sa?) gli spettatori di domani a trarre piacere da due o più persone che si menano ad arte, o da stuntmen che eseguono manovre sfidanti le leggi della Fisica.
Ecco perché, volendo dare ragione del ritmo più contenuto di questo terzo capitolo, si può pensare ad una specie di pausa di riflessione, con annesse connotazioni amorose. Anche perché il valore aggiunto de I Mercenari 3 sta proprio in questo, ovvero nel riuscire a non snaturare affatto l’idea originale, operando anzi degli accorgimenti che lo rendono ancora più conforme a ciò che un Expendables dovrebbe essere. Restano delle lacune su più fronti, roba che una buona fetta di cinefili continuerà a non digerire, è bene dirlo. Ma non si può dire che certe uscite non facciano sorridere o che i nuovi innesti si integrino a fatica. Gibson è un discreto villain, più bravo a recitare rispetto a come è concepito il personaggio in sé, effettivamente un po’ innocuo. Wesley Snipes coglie appieno il contesto e si diverte a fare il matto, tuttavia rimanendo credibile. Ma la vera sorpresa è Galgo, il logorroico Galgo di Antonio Banderas, il cui impatto sul tenore del film è notevole, e lo si avverte sin da subito. Lo stesso Harrison Ford, che non brilla particolarmente, il suo gettone di presenza se lo guadagna, fosse anche per quel «non mi divertivo così da troppo tempo» finale.
Capite? È questo continuo innesco di operazioni trasversali e citazioni il motivo per cui un fenomeno come I Mercenari ha da esistere e merita di essere attenzionato; che poi nel mentre ti fa anche trascorre un po’ di tempo con qualche immancabile trovata senza dubbio sopra le righe. Dicendoti che in fondo ci sono solo due modi per fare certi film: o con gli attori giusti oppure, in mancanza di questi, esattamente come li avrebbero interpretati loro. Inutile soffermarsi sul ruolo del regista che in questo clima è un po’ quello che sta attento a che nessuno si faccia male, o sulle nuove leve, dei perfetti sconosciuti ai quali in un primo momento tocca il ridicolo, salvo poi farli salire sul carro e, debitamente istruiti su come debbano comportarsi, dare loro il modo di rifarsi. Ché, manco a dirlo, è uno dei due menzionati poco sopra.
Oh, a noi ha divertito. Non da matti magari, ma ha divertito – fermo restando che uno “scontro finale” più sostanzioso non ci sarebbe stato male. E poi, lo ripetiamo, ci pare concettualmente più affine al tipo di progetto, con tutte quelle citazioni, quei rimandi; ma soprattutto tutti quei personaggi, ché se mettiamo insieme le loro filmografie anche solo in ambito action, new entry a parte, vengono fuori dieci pagine di Word. Resta da indagare sul perché per raggiungere questa sorta di equilibrio ci sia voluta una limata più netta sul fronte spari-cazzotti-voli-esplosioni – ed in parte ci siamo cimentati già noi, ma vabbé. Si è trattato di un onesto, e a questo punto comprensibile sacrificio. Perché certo… di sacrificio si tratta.
Probabilmente il primo resta sul piedistallo; vuoi perché è il primo, per l’appunto, quindi essenzialmente più fresco; vuoi perché all’epoca c’era ancora l’entusiasmo (e solo quello) del neo-assembramento di all-star, mentre oggi tocca domandarsi dove si stia andando perché il gusto del viaggio per il viaggio ha cominciato a solleticare meno il palato. A questo punto o reinventi proprio la serie oppure spingi sull’acceleratore rendendola un altro po’ più grossa, più spessa, perciò potenzialmente più indisponente. Col terzo non è andata male, ma al quarto urge inventarsi davvero qualcosa anche perché i nomi sono stati quasi tutti depennati (Travolta e Cage, prima o poi arriverà anche il vostro turno): di ‘sto passo toccherà chiamare Predator e, dato l’andazzo, pure Kermit la rana. No davvero, siamo curiosi di vedere cosa escogiteranno al prossimo giro. Per il momento anche I Mercenari 3 passa in archivio.
Voto di Antonio: 7
Voto di Federico: 6
I Mercenari 3 (The Expendables 3, USA, 2014) di Patrick Hughes. Con Sylvester Stallone, Jason Statham, Jet Li, Antonio Banderas, Wesley Snipes, Mel Gibson, Dolph Lundgren, Harrison Ford, Arnold Schwarzenegger, Kellan Lutz, Terry Crews, Kelsey Grammer, Robert Davi, Sarai Givaty e Randy Couture. Nelle nostre sale da giovedì 4 settembre.