I miei anni Super 8: trailer italiano e anticipazioni del documentario di Annie Ernaux al cinema dal 6 dicembre
Tutto quello che c’è da sapere su “I miei anni Super 8”, il film documentario della scrittrice premio Nobel Annie Ernaux al cinema dal 6 dicembreI con Wonder Pictures e Unipol Biografilm Collection.
Dopo la presentazione con grande successo di pubblico e critica all’ultimo Festival di Cannes e alla Festa del Cinema di Roma, dal 6 dicembre arriverà nelle sale italiane con I Wonder Pictures e Unipol Biografilm Collection, Annie Ernaux – i miei anni Super 8, diretto da Annie Ernaux e David Ernaux- Briot. Il film diretto dal Premio Nobel per la letteratura 2022 insieme a suo figlio è un documentario composto da una serie di video girati dalla scrittrice francese e dalla sua famiglia con una cine-presa super 8, tra il 1972 e il 1981, accompagnati dalla voce narrante della Ernaux. Un vero e proprio baule di ricordi dal quale è stato ricavato un film intimo, che segue cronologicamente gli eventi, incorporando in sé lo scorrere del tempo, intercettando quelli che sono stati i tumultuosi cambiamenti avvenuti non solo in Francia, ma anche nel resto del mondo durante quel decennio.
I miei anni Super 8 – Trama ufficiale
La trama ufficiale: Le riprese in Super8 sono silenziose: passano sul muro, o su un lenzuolo bianco, e a commentarle c’è solo il crepitio del proiettore. Annie Ernaux, premio Nobel per la Letteratura 2022, dà voce a quei silenzi sovrapponendo le proprie parole a una raccolta di filmini familiari girati da lei e suo marito tra il 1972 e il 1981. Davanti e dietro la macchina da presa, la scrittrice racconta una storia intima che, come nei suoi libri, si intreccia con la Storia collettiva. I viaggi in giro per il mondo (dal Cile di Allende all’esotico Marocco, dall’Unione Sovietica alla misteriosa Albania), la quotidianità casalinga, le fughe in campagna e le crisi della famiglia Ernaux riflettono le emozioni e le insicurezze di un’intera classe sociale nei decenni successivi al Sessantotto. E offrono una testimonianza e un punto di vista unici e insostituibili su un momento storico in cui il nostro presente affonda saldamente le sue radici.
I miei anni Super 8 – Trailer e video
Annie Ernaux – Note biografiche
Autrice di una ventina di libri di finzione e autobiografici, Annie Ernaux è considerata da molti la voce letteraria più importante di Francia. Ha vinto il premio Renaudot per Il posto e il premio Marguerite Yourcenar per la sua opera completa. Di recente ha vinto il premio Strega, il premio Formentor, il French-American Translation Prize e il Warwick Prize for Women in Translation con Gli anni, nominato anche al Man Booker International Prize. Altre sue opere includono: Diario dalla periferia, Memoria di ragazza, L’Occupation, Passione semplice, L’evento, Non sono più uscita dalla mia notte, La vergogna, La donna gelata e Il posto. Di recente, due suoi libri sono stati adattati in film che hanno ottenuto vari riconoscimenti: L’amante russo di Danielle Abrid (Cannes Label 2020) e La scelta di Anne – L’Événement di Audrey Diwan (Leone d’oro al Festival di Venezia 2021).
David Ernaux Briot – Note biografiche
David Ernaux-Briot, figlio di Annie e Philippe Ernaux, è nato nel 1968. È cresciuto ad Annecy e poi a Cergy-Pontoise. Dopo aver studiato Scienze, ha deciso di dedicarsi al giornalismo scientifico e ha lavorato a diversi programmi TV del settore come E=M6 e C’est pas Sorcier. Ha scritto e diretto le mini-serie Théâtre des Machines, Corpus, Art et Sport per le piattaforme Universcience e CANOPE. Annie Ernaux – “I miei anni Super 8” è il suo primo lungometraggio documentario.
Intervista ai registi
Annie e David Arneux parlano del materiale in Super 8 utilizzato nel film.
Annie Ernaux: Pensavamo che fosse materiale solo per uso familiare. Dopo la separazione con mio marito all’inizio degli anni ‘80, non abbiamo più guardato quei filmati poiché mostravano la parte della nostra storia in cui vivevamo tutti insieme – io, mio marito e i nostri due figli. Va anche detto che, per via degli sviluppi tecnologici, trovare il modo di guardare dei filmati Super 8 era sempre più difficile: bisognava installare il proiettore, montare lo schermo, ecc. Quelle immagini rappresentavano non solo il passato della nostra famiglia, ma anche quello della tecnologia. Solo raramente ho proiettato un paio di bobine di me e i bambini per alcuni amici intimi, ma mai i filmati dei nostri viaggi. Credevo che non interessassero a nessuno, come è spesso il caso.
David Ernaux: Mi è venuta voglia di rivederli quando mio figlio maggiore ha chiesto di vedere suo nonno, Philippe Ernaux. Li ho fatti vedere ai miei figli attorno al 2016. Al contempo, ho filmato la proiezione con una telecamera digitale e ho registrato i commenti dei miei parenti: di mia madre, di mio fratello e dei bambini. L’obiettivo era creare un ricordo di famiglia, tramandare ai miei figli le parole della loro nonna. Solo più avanti, quando ho riguardato i filmati digitali, ho pensato che potessero interessare a tutti: sono visibili l’arredamento, gli abiti e gli ideali – grazie ai viaggi in Cile e Albania – del tempo.
Annie Ernaux racconta quando hanno deciso di trasformare il materiale in un film da distribuire.
Annie Ernaux: Nel 2000, quando seppi che si potevano convertire i filmati Super 8 in videocassette, ne portai alcuni alla FNAC per poterli riguardare più facilmente. Il risultato fu deludente, i colori erano diversi. Riguardai quelle immagini insipide che erano state montate una dopo l’altra solo una o due volte. Ma quando David mi ha chiesto di scrivere un estratto per il film che aveva in mente, le ho riguardate attentamente.
I registi rievocano le sensazioni provate rivedendo i filmati.
Annie Ernaux: D’impatto ho sentito la sensazione del tempo. Ero quella ragazza inconsapevole della sua giovinezza. I bambini dei filmati ora sono adulti. Molti parenti non ci sono più: mia madre, i miei suoceri, mia cognata. E mio marito, il regista. Poi mi sono resa conto che quelle immagini risalgono a un periodo importantissimo della mia vita: l’avvio della mia carriera di scrittrice, la pubblicazione del mio primo libro e la fine inevitabile del mio matrimonio.
David Ernaux: Non ho provato nulla di particolare, solo un senso di familiarità. Conoscevo quelle immagini, fanno parte di me e mi accompagnano da molto tempo. Assurdamente, le emozioni, le ho provate durante il montaggio, quando ho dovuto riorganizzare le scene e scavare a fondo nei sentimenti. È stato distanziandomi da me stesso e trattando i filmati come materiale estraneo a me che mi sono commosso.
I registi raccontano i viaggi in Paesi difficili da visitare come l’Unione Sovietica o l’Albania, che aveva chiuso i confini, ma anche il Marocco vissuto all’interno di un villaggio turistico e il fascino del Cile di Allende.
Annie Ernaux: È stato merito del caso. Nel 1975 ci trasferimmo da Annecy a Cergy e organizzammo le vacanze in ritardo. Erano rimasti liberi dei posti per un viaggio organizzato in Albania, una destinazione che ci sembrava interessante, che si poteva visitare solo con dei viaggi organizzati, dato che i confini erano stati chiusi, e di cui non sapevamo niente. Il regime di Enver Hoxha era fortemente antisovietico e pro-Cina. Il gruppo era piccolo, eravamo in otto e non venivamo mai lasciati da soli, una guida del regime ci supervisionava tutto il tempo. La cosa che più di tutte spaventava il nostro accompagnatore era che venissimo in contatto con la popolazione locale. Noi rappresentavamo “l’Occidente marcio”. Alcuni bambini lanciarono delle pietre alla turista più anziana perché in spiaggia aveva oltrepassato il confine stabilito per noi. Fu molto strano, sembrava di stare in Corea del Nord o nella Cina di Mao. Al tempo, con la nascita delle Guide Routard e dei viaggi organizzati, le avventure turistiche erano diventate più democratiche. L’Albania è ricca di antichi tesori straordinari e riuscimmo a riprenderli. La bellezza delle rovine mi affascinò molto, così come il contrasto tra i resti dell’Illiria e le ferite rozze di un regime violento e brutale.
Annie Ernaux: In Unione Sovietica facemmo un weekend lungo con Intourist (n.d.r. l’agenzia di viaggio sovietica). Anche lì, i ritmi erano serrati: ci mostrarono la Piazza Rossa, il mausoleo di Lenin, ecc. Come nella canzone “Nathalie” di Gilbert Bécaud. La Russia era sempre stata questa grande nazione al di là della Cortina di ferro. Ma anche il Paese di Tolstoj e di Puškin. La sua presenza nella mia immaginazione era forte. Era ancora in atto la Guerra fredda tra l’Unione Sovietica e gli Stati Uniti. Ogni giorno sulla stampa veniva citata la Pravda. E a 31 anni riuscii a vedere coi miei occhi ciò che fino ad allora avevo solo immaginato. Mosca era triste, con i marciapiedi dissestati, le periferie piene di file di edifici in cui, la sera, si scorgevano lampadine che penzolavano dal soffitto, i negozi vuoti… È sorprendente che siate riusciti a portar e a casa delle immagini dell’Unione Sovietica e dell’Albania. Specie di quest’ultima – – al tempo averne era quasi uno scoop!
Annie Ernaux In Marocco eravamo in un villaggio turistico a M’Diq coi bambini, era una specie di bolla artificiale. Ma non credo ci fosse nemmeno il desiderio di entrare in contatto con loro, né da parte nostra né da parte dei marocchini. Eravamo intrappolati in un sistema turistico codificato alla lettera. Nel film racconto di quanto mi risultò noiosa quella vacanza in Marocco. In Marocco però mi sentii una buona madre! Il tipo di villaggio in cui stavamo dava libertà ai genitori e amici e intrattenimento ai bambini. Era comodo per tutti e permetteva di viaggiare all’estero con i figli.
David Ernaux: Sul Marocco hai scritto: “Tre settimane di noia pacifica, interrotte solamente dalle gite a Chefchaouen e ai palazzi reali…”
David Ernaux: Riguardo al Cile Ricordo che da adolescente avevo il poster di Allende in camera.
Annie Ernaux: Allende, la sinistra non comunista al potere. Andammo in Cile con un viaggio organizzato da Le Nouvel Observateur a scopo politico e turistico. Partecipammo a un’udienza di un’ora con Allende a La Moneda.
Annie e David raccontano il loro rapporto con il cinema da spettatori.
Annie Ernaux: Non sono una cinefila, semplicemente perché in molti periodi della mia vita non riuscivo ad andare al cinema. Quando studiavo, ci andavo spesso e quello era il periodo della Nouvelle vague, di Truffaut, Godard, Resnais. Dopo aver visto L’anno scorso a Marienbad, ricordo di aver pensato che dovevo scrivere così, con una voce insistente e dei frammenti di ricordi. Ancora oggi preferisco i film che mi sorprendono in un modo o nell’altro, che sia per il soggetto o per la forma, e i documentari.
David Ernaux: Se dovessi scegliere il film che mi ha segnato di più e che ha fatto nascere in me il desiderio del cinema, sarebbe Ombre (Shadows) di John Cassavetes. Fu come una rivelazione scoprire che un film può essere un’esperienza esistenziale che trasforma la nostra comprensione e il nostro rapporto sensoriale col mondo. Un altro film importante per me, e forse più coerente con i miei studi scientifici del tempo – studiavo nella facoltà di Jussieu, vicino al Museo nazionale di storia naturale – è Un animal, des animaux di Nicolas Philibert, sulla ristrutturazione della Galleria dell’evoluzione del museo.