I peggiori: recensione in anteprima
Dopo Sibilia, Rovere e Marinelli un altro italiano ci riprova. I peggiori mescola comics e commedia prendendo le giuste distanze dalla prima categoria, un po’ meno dalla seconda. Buon segnale a dispetto di un esito che mostra alcune crepe
Fabrizio (Vincenzo Alfieri) e Massimo (Lino Guanciale) fanno quello che possono per restare a galla in una Napoli a loro ostile; la madre, infatti, pare sia dovuta scappare dalla città partenopea a causa di una megatruffa che ha lasciato sul lastrico centinaia di famiglie. Compresa la propria, dato che i due ragazzi, romani trapiantati, debbono pure dimostrarsi all’altezza per non farsi sottrarre la tutela della sorellina tredicenne, napoletana doc al contrario di loro. Ma lavorare presso un cantiere edilizio o copiare cartelle giudiziarie per 520 euro al mese non basta ed allora i nostri, in maniera del tutto fortuita, incappano in una soluzione alternativa: venire pagati per demolire l’immagine delle persone.
I peggiori si colloca in quel filone che negli ultimi anni ha sfornato film come Smetto quando voglio, Veloce come il vento ma soprattutto Lo chiamavano Jeeg Robot, ovverosia una sorta di ritorno al genere prendendo in prestito quelli che potremmo definire dei veri e propri format di derivazione anglofona. Un’americanizzazione che su queste pagine abbiamo salutato se non altro con interesse, incoraggiandone lo sviluppo nella speranza che quanto prima riesca a virare verso qualcos’altro, magari di più specifico, meno derivativo (ed il film di Marinelli, tra tutti, ci pare l’esempio più felice in tal senso). Qui Alfieri e soci partono da un’idea di sicuro interesse, senza nemmeno lasciarsi limitare dalla seppur tangibile venatura comic del progetto, il cui processo di adattamento almeno in premessa funziona.
L’impressione è però che il film non regga l’impianto di un’ora e mezza di lungometraggio, facendo troppo affidamento sui singoli episodi, uscite colorite ed intuizioni di montaggio à la Guy Ritchie. In tutto ciò scontando forse proprio il suo essere un prodotto italiano, non dissimile, quanto a struttura almeno, da certe commedie che popolano le nostre sale nel corso dell’anno, il cui vizio principale sta sempre o quasi proprio in questa incapacità (o ritrosia) nel convogliare una serie di sketch e situazioni nell’ambito di un racconto solido anziché frammentato e per lo più fine a sé stesso. Sarebbe tuttavia inesatto, oltre che ingeneroso, paragonare I peggiori a certe nostre pessime commedie; il lavoro di Alfieri sta a priori su un altro livello, se non altro proprio per via dell’ambizione, malgrado il risultato non corrisponda in tutto e per tutto a tali intenzioni.
Pollice su perciò in questo senso: bisogna continuare a sperimentare, sì pure copiando se necessario, perché da qualche parte s’ha da (ri)partire per divincolarci da un sistema stantio, che non riesce ad emanciparsi da certe formule che oramai nemmeno nel botteghino trovano un loro senso. I peggiori è, di nuovo, una risposta tutto sommato ferma e decisa che indica un cambiamento di rotta di cui c’è, come già ravvisato, estrema necessità. Dispiace che non si riesca a trovare equilibrio nei toni, a tratti troppo leggeri mentre in altri troppo poco, per cui in certi frangenti il film soffre di una comicità posticcia, molto contemporanea a dire il vero (viene da pensare a Colorado), che molto raramente attecchisce.
Ed allora in certi casi bisogna avere il coraggio di rischiare, di non farsi travolgere da certe correnti che aleggiano sul nostro cinema così come su certi programmi nostrani, così come si è riusciti a resistere ad una pedissequa americanizzazione, che di fatto non mortifica il contesto, totalmente diverso rispetto ad opere ambientate dall’altra parte dell’oceano per l’appunto. Napoli è Napoli ne I peggiori ed i problemi sono quelli che stanno sperimentando i trentenni di questo periodo qui; finanche certe espressioni, certi tic o tare culturali qua e là, quantunque timidamente, emergono. A ben pensarci si tratta di un filo rosso che lega tutti i film di questo gruppo composto dal film di Alfieri e quelli sopracitati.
Il leitmotiv si fonda sulla spinta propulsiva di una tematica che i nostri registi più giovani stanno riscoprendo per via di una realtà incalzante: la povertà, la mancanza di lavoro nonché di prospettive. Dopo decenni che ce la suoniamo e ce la cantiamo i vari Sibilia, Rovere, Marinelli ed ora Alfieri partono da ciò che immediatamente li circonda, solo che, invece di fermarsi alla piatta constatazione prima e rappresentazione poi, cercano a loro modo di sublimare, filtrare la pesantezza di fondo senza però negarla, immaginando mondi in cui cose più o meno assurde siano possibili, dicendoci parecchio in merito a quali siano le reali prospettive di una generazione a cui finalmente, proprio perché costretta, tocca stimolare la fantasia, per prima la loro, a metà strada tra il gretto cinismo e l’ottimismo stupido.
Tra tutti, I peggiori è quello che ancora si presenta un po’ più legato a certe dinamiche, come un figlio pronto a lasciare i genitori ma non abbastanza da fare a meno di tornare sui propri passi una volta varcata la soglia di casa. Di conseguenza va scisso nettamente il segnale che il film di Alfieri lancia, confermandone altri che lo hanno preceduto e che è molto buono, dall’esito, ahinoi claudicante per quanto consapevole rispetto a certi codici. Manca quella compattezza che impreziosisca il processo di appropriazione del genere, dando al racconto più consistenza, anziché perdersi in trick visivi e battute in alcuni casi forzate. Altra storia rispetto all’approssimazione alla quale siamo abituati, proprio per questo è opportuno e verosimile aspettarsi che certe asperità così sostanziali fossero state fatte rientrare.
[rating title=”Voto di Antonio” value=”5″ layout=”left”]
I peggiori (Italia, 2017) di Vincenzo Alfieri. Con Lino Guanciale, Vincenzo Alfieri, Antonella Attili, Tommaso Ragno, Miriam Candurro, Sara Tancredi, Biagio Izzo, Ernesto Mahieux e Francesco Paolantoni. Nelle nostre sale da giovedì 18 maggio 2017.