Il documentario Roman Polanski: Wanted and Desired diventa prova per archiviare il processo al regista
Del caso che tiene lontano Roman Polanski dagli Stati Uniti si è sempre continuato a parlare. Le disgrazie accadute al regista di Frantic sono state oggetto di continui discussioni e dibattiti, compreso ovviamente l’orribile omicidio della moglie Sharon Tate, ma ad aver sempre “incuriosito” di più la gente è stato il processo con l’accusa di
Del caso che tiene lontano Roman Polanski dagli Stati Uniti si è sempre continuato a parlare. Le disgrazie accadute al regista di Frantic sono state oggetto di continui discussioni e dibattiti, compreso ovviamente l’orribile omicidio della moglie Sharon Tate, ma ad aver sempre “incuriosito” di più la gente è stato il processo con l’accusa di aver stuprato una minorenne.
Nel marzo 1977 Polanski fu arrestato per aver drogato e stuprato una tredicenne nella casa di Jack Nicholson (all’epoca si girava Chinatown), e ottenne la libertà su cauzione. Nonostante ciò Polanski ammise la sua colpa, e la famiglia della ragazzina chiese che il regista non fosse mandato in prigione, bensì in riabilitazione. Il 1 febbraio dell’anno successivo Polanski scappò in Francia, e non è mai più rientrato negli USA. La sentenza del processo non c’è mai stata.
Curiosamente il documentario Roman Polanski: Wanted and Desired di Marina Zenovich, presentato prima a Cannes e poi a Torino, potrebbe presentare prove che, secondo gli avvocati del regista, potrebbero portare all’archiviazione del processo. Nel film infatti si sostiene che Polanski non subì un processo equo, e che ci sarebbe stata “una cattiva condotta ripetuta, illegale e disonesta” nelle comunicazioni tra il tribunale e l’ufficio della procura distrettuale.
Fonte: Repubblica