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Il drago invisibile: recensione in anteprima

Remake di Elliot il drago invisibile, Disney rilegge l’originale del 1977 in chiave quasi indie, affidandosi a David Lowery. La scintilla s’avverte, senza però andare oltre

pubblicato 30 Luglio 2016 aggiornato 28 Agosto 2020 08:22

Un’auto attraversa un lungo viale alberato. Di lì a poco il piccolo Pete dovrà cavarsela da solo a seguito di un brutto incidente. Tuttavia “solo” non è il termine esatto: neanche il tempo di confrontarsi con la durezza di quella foresta per la quale vaga senza meta, che un incontro capovolge ogni cosa. Un drago. Amico, protettore, fratello, Pete lo chiama Elliot come il cane di quella storia che legge sempre nel suo libro. Anni dopo però questo bambino cresciuto come un selvaggio non passa più inosservato e di conseguenza anche ad Elliot tocca esporsi, tra lo stupore e la paura di chi non ha mai creduto a queste creature così celebri in epoca medievale.

Il drago invisibile è il classico film Disney che t’aspetti, paro paro. Ciò significa sia nel bene che nel male. Se da un lato certe scelte appaiono non solo apprezzabili ma riuscite, dall’altro la sua struttura scrupolosamente tradizionale finisce col limitarne la portata. L’idea per esempio di mantenere un’unità di tempo è senz’altro vincente, specie in relazione ad un pubblico più giovane; questo perché seguire l’evolversi della vicenda senza alcun salto temporale rende il tutto più avvincente, interessante, evitando quei buchi su cui un adulto magari glisserà, mentre un ragazzino o una ragazzina tendono a venirne calamitati.

Il problema, perciò, sta semmai nell’assecondare una struttura oltremodo rodata, che viene qui riproposta senza alcun particolare guizzo. In questo, malgrado tutto, Il drago invisibile è Disney, nel suo concentrarsi sull’amicizia tra i due protagonisti, Pete ed Elliot, di cui viene molto didascalicamente descritto l’incontro, il modo in cui si sono legati e poi via con il presente narrativo del film. Adorabile il drago mentre gioca e si prende cura del piccolo, suscitando quel calore tipico di certi contesti disneyani duri e puri. Ed in fondo il discorso va a parare su un messaggio analogo al sottovalutato Il viaggio di Arlo, che pure proponeva l’amicizia tra un ragazzino e in quel caso un dinosauro, sebbene a parti invertite.

Il fatto che si tratti di un live action gioca con ogni probabilità un ruolo decisivo, poiché, malgrado l’ottimo livello di computer grafica, certe soluzioni rendono meglio in ambito di animazione. Questo fa sì che Il drago invisibile, valutato come prodotto, viri più al film TV che all’esperienza cinematografica, checché ne suggerisca velatamente l’inutile 3D. Certo, a parte i due ragazzi, Pete e Natalie, i nomi sono importanti, da Robert Redford a Bryce Dallas Howard, passando per Wes Bentley e Karl Urban, se non fosse che gli attori, a loro volta, si limitino ad interpretare non personaggi bensì profili decisamente quadrati.

A salvare Il drago invisibile c’è per l’appunto quella scintilla che, per quanto non diventi in nessun caso falò, permette a questa storia di reggere sino al suo epilogo. D’altronde la discriminante sta nel titolo, perciò tutto sta o cade nella figura di questa creatura venuta da chissà dove ma, come al solito, più umana degli umani. Nulla di strappalacrime, quel tipo d’intensità manca, ma nemmeno uno di quei piccoli viaggi che ti scivolano addosso come se niente fosse. Ecco, piccolo, altra fortunata intuizione: l’unico modo per rendere il tutto quantomeno accettabile stava nel ricreare un mondo il più minuscolo e perciò intimo, familiare possibile. Il drago invisibile in questo riesce e l’impressione è che tanto basti, senza andare oltre.

[rating title=”Voto di Antonio” value=”6″ layout=”left”]
[rating title=”Voto di Federico” value=”6″ layout=”left”]

Il drago invisibile (Pete’s Dragon, USA, 2016) di David Lowery. Con Bryce Dallas Howard, Karl Urban, Robert Redford, Wes Bentley, Isiah Whitlock jr., Craig Hall, Oakes Fegley, Oona Laurence, Gareth Reeves e Phil Grieve. Nelle nostre sale da mercoledì 10 agosto.