Il pretore: Recensione in Anteprima
Un incauto dongiovanni alle prese con il proprio ruolo di pretore e marito di una moglie insoddisfatta ne Il pretore di Giulio base, protagonista Francesco Pannofino
Epoca fascista, in un paesello nei pressi del Lago Maggiore. Qui un pretoruncolo di provincia, Augusto Vanghetta, esercita il proprio mandato un po’ all’acqua di rose: debole al gentil sesso, al mattino lascia la moglie nella sfarzosa villa di residenza per recarsi in ufficio a sbrigare gravosi e provanti affari che esigono la sua presenza. Quali? Per esempio, una famiglia di basso ceto non riesce più a pagare l’affitto; si dà il caso però che in quella casa ci viva pure un’avvenente signorina, che è la figlia. Qualche ammiccamento, una coscia scoperta, un frasario ambiguo ma laconico ed infine una palpata al sedere, che non guasta mai. Il pretore si fa carico della questione che, a giudicare dal lettino che si scorge dietro la porta che si chiude alle loro spalle, andrà senz’altro a buon fine.
Sembra di stare in quei teatri dei piccoli centri, dove venivano messe in scena piccanti storielle più o meno popolari, che del cosiddetto popolo non sanno però che farsene. Il pretore è un film che starebbe più a suo agio lì, su un palco, o al massimo in un contesto televisivo; ma in sala è un altro discorso. Oltre a rifarsi ad una tradizione, come già accennato, vagamente popolare nonché “superata”, il film di Giulio Base sembra non voler ammettere a priori alcuna licenza: è storia di corna, con punte di dramma e macchiette di vario genere. Nemmeno Francesco Pannofino, solitamente ispirato, qui riesce a scrollarsi di dosso l’alone da commedia raffazzonata: basta assistere a certe sue espressioni, certi suoi gesti, tutto così esasperatamente artificioso dunque forzato.
In fondo è questo che rende l’intera operazione addirittura irritante, perché a voler riprendere un vecchio filone non c’è nulla di male a priori; solo che non si può glissare così impunemente sul contesto, sui tempi che sono cambiati, sulla necessità di un’attenta prima ancora che interessata revisione. Ed invece Il pretore appare per lo più come un collage grossomodo coerente di scenette, laddove non di veri e propri sketch da avanspettacolo. Quando il Vanghetta è con una delle sue amanti, o si trova in un bordello, ti aspetti che da un momento all’altro esca fuori Pippo Franco ad introdurre la prossima, divertente imitazione. Il che va bene se la tua compagnia si chiama Il Bagaglino e a dirigerla è Pier Francesco Pingitore; altro è se devi portare di peso tutto ciò sul grande schermo.
Anche perché in realtà Il pretore si prende parecchio più sul serio, approntando un discorso alquanto goffo su infedeltà, ambizione, mediocrità e via discorrendo. Pure un po’ ruffiano in tal senso, con quel suo scimmiottare abitudini e gesti in maniera a tratti grottesca. D’altronde il repertorio è piuttosto vasto, dalla derisione all’impotenza passando per l’accusa di culattoneria per via del fatto che dall’alcova di una prostituta se ne esce senza aver concluso alcunché. A certe condizioni la storia altro non è che un pretesto per inscenare situazioni che si vorrebbero divertenti ma che invece, ci spiace dirlo, talvolta finiscono per essere addirittura imbarazzanti.
Ma qual è la storia? Il pretore di cui sopra a casa non ci sta mai perché troppo impegnato col “lavoro”; la moglie, Evelina, ne soffre tremendamente proprio perché intende da tempo di che impegni si tratta, infliggendosi la fame e quindi una salute precaria, striminzita per com’è – o meglio, per come dicono che sia. Finché un giorno non arriva dalla città questo ambizioso giovane, classico secchioncello dalla faccia pulita, molto impacciato nelle relazioni quanto brillante sul lavoro. E il Vanghetta lo prende così a ben volere questo baldo giovanotto che, dopo averlo fatto suo fidato assistente, se lo mette pure in casa. Tutto ciò succede più avanti nel film, che non depista nemmeno per un istante circa il proprio epilogo, anzi: basta il primo sguardo, al primo incontro, per capire esattamente dove vuole andare a parare. Ma soprattutto come ci vuole arrivare, ché è il vero danno.
Storia che finisce così come è cominciata, ossia in farsa, con una zuffa a due immediatamente dopo una tragedia. Il tutto si risolve dunque nella «tresca all’italiana™», contrassegnata da omertà e falso contegno, all’insegna del tutti sanno ma nessuno dice. Non c’è altro. Film d’interesse culturale secondo il Ministero per i Beni e le attività Culturali.
Voto di Antonio: 2
Voto di Gabriele: 2
Il pretore (Italia, 2014) di Giulio Base. Con Francesco Pannofino, Sarah Maestri, Mattia Zàccaro Garau, Eliana Miglio, Carlina Torta, Debora Caprioglio, Carlo Giuseppe Gabardini e Massimiliano Cavallari. In sale da oggi, giovedì 3 aprile.