Il punto di rugiada: trailer e clip del film di Marco Risi (Al cinema dal 18 gennaio)
Nei cinema con Fandango e Rai Cinema il nuovo film di Marco Risi con Alessandro Fella, Eros Pagni, Lucia Rossi, Roberto Gudese e Maurizio Micheli.
Dopo la tappa al 41° Torino Film Festival, dal 18 gennaio nei cinema con Fandango Il punto di rugiada, il nuovo film di Marco Risi con Alessandro Fella, Eros Pagni, Lucia Rossi, Roberto Gudese e Maurizio Micheli.
Punto di rugiada – Trama e cast
Carlo (Alessandro Fella), un ragazzo viziato e sregolato, una notte provoca da ubriaco un grave incidente d’auto per il quale viene condannato a scontare un anno di lavori socialmente utili in una casa di riposo. Insieme a lui a Villa Bianca arriva anche Manuel (Roberto Gudese), un giovane spacciatore colto in flagrante. Luisa (Lucia Rossi), infermiera che lavora da anni nella struttura, guiderà i due ragazzi in un mondo senza età dove condivisione, conforto e accoglienza cambieranno per sempre il loro sguardo sul mondo e sulla vita.
Il cast include anche Massimo De Francovich, Maurizio Micheli, Luigi Diberti, Valerio Binasco, Elena Cotta, Antonella Erica Blanc, Ariella Reggio, Bruno Noris, Gloria Coco, Cristina Noci, Palia Pavese, Emilio Dino Conti, Libero Sansavini, Giovanni Pastorenzi.
Punto di rugiada – Clip ufficiale “Ballo”
Note di regia
Erano circa tredici anni che pensavo a questo film sui vecchi e, nel frattempo, si può dire che lo sono diventato. Ero a Pordenone ad un incontro per Fortapàsc. Mi si avvicina un giovane maestro di scuola che nel frattempo è diventato uno scrittore di successo, Enrico Galiano, e mi parla della sua esperienza di qualche anno prima in una Casa di riposo come alternativa al servizio militare. Quei racconti mi sono rimasti dentro, sentivo che c’era materiale da romanzo come avrebbe detto Balzac ma anche da cinema.
Contemporaneamente nasceva l’idea di scrivere un libro che avesse a che fare con mio padre, “Forte respiro rapido”. Ci misi cinque anni mentre Il punto di rugiada ancora non trovava la sua strada. Alla fine, nel 2019, con Riccardo de Torrebruna e Francesco Frangipane ci siamo chiusi nella casa del Circeo e ne siamo usciti solo con una scaletta finalmente convincente. Mentre poi scrivevamo la sceneggiatura affioravano qua e là pezzi di Forte respiro rapido che chiedevano sempre più insistentemente di far parte del film. Addirittura il protagonista vecchio si volle chiamare Dino.
Questo per dire di come, in fondo, le due cose siano in qualche modo collegate. Fra l’altro sapevo che, negli ultimi anni di vita, mio padre avrebbe voluto fare un film sui vecchi. In realtà su La morte di Ivan Il’ič, di Tolstoj. E sarebbe stato un bel film, anche se diceva che, leggendo il racconto, ci si accorgeva che ancora non avevano inventato il cinema per via del ritmo che, secondo lui, qua e là, mancava nel libro.
Di quante cose è fatto un film prima che venga realizzato? Di quanti umori che poi a seconda dell’abilità del regista, non vorrei usare la parola sensibilità, si spera di vedere sullo schermo? Sono qui a scrivere queste note che forse sono più pensieri per cercare di rendere partecipi, io per primo che scrivo, quelli che le leggeranno del sentimento che anima un film. Se traspare, se ce ne lasciamo avvolgere, se qualcosa rimane, allora vuol dire che ne è valsa la pena. Io, con l’aiuto di tutta la troupe ma soprattutto del meraviglioso cast, giovane e vecchio, al quale mi sento molto legato, spero di esserci riuscito.
[Marco Risi]
Punto di rugiada – Il trailer ufficiale
Intervista al regista
Come è nata l’idea del film e come si è sviluppata?
Una decina di anni fa ero andato a presentare “Fortapàsc” a Pordenone ed ero stato avvicinato da un tipo, un certo Enrico Galiano, un insegnante di scuola media diventato in seguito uno scrittore di successo. Mi raccontò della sua esperienza con il servizio civile in una casa di riposo per anziani. Gli chiesi di scrivere un trattamento che però non mi convinceva, ma dentro di me sentivo che c’era del buono e quell’idea soprattutto non mi abbandonava. Sono passati alcuni anni in cui ho diretto altri film e ho scritto il libro “Forte respiro rapido”, sul rapporto con mio padre Dino. E quella storia di vecchi, forse anche per via del libro, continuava a fare capolino, ogni tanto. Così alla fine mi sono deciso, ho coinvolto Riccardo de Torrebruna e Francesco Frangipane con i quali avevo già lavorato, ci siamo chiusi nella mia casa al mare per un mese e ne siamo usciti finalmente con una “scaletta” che mi soddisfaceva. Sentivo che era arrivato il momento, forse anche per via dell’età, la mia, di parlare di vecchi e dell’incontro tra due generazioni che mal si sopportano e sono costrette a convivere in una stessa struttura, quella di una casa di riposo. Mi interessava l’abisso generazionale tra chi è vicino al grande traguardo e chi ha ancora davanti tutta la vita. Il film nasce intorno a queste relazioni e al sentimento che si sviluppa nell’arco del film tra i vecchi e i due giovani destinati ad accudirli, se all’inizio c’è sarcasmo da parte di quelli e insofferenza da parte di questi, andando avanti prenderà un altro tipo di piega. Quello che non volevo fare era un film triste, a cominciare dalla struttura nella quale risiedono “gli ospiti”, come il direttore esige che vengano chiamati i vecchi. Ci sono molti momenti di commedia, anche se il film non può definirsi tale, ma che ricordano un cinema di altri tempi.
Hai scelto soprattutto attori di estrazione teatrale?
Sì, ma direi che ho scelto soprattutto attori bravi, e seri, e di grande spessore umano. Mi sono trovato molto bene con loro, e ci siamo anche divertiti. Ho avuto l’impressione, a un certo punto, che stavo facendo un salto indietro in quel cinema che ci ha lasciato tante emozioni e che ci manca anche un po’, almeno a me.
Qual è il significato del titolo?
Si tratta di un’espressione che ho ascoltato per caso da un vecchio solitario che avevo conosciuto in un ristorante vicino casa. Lui è un pianista ma anche un appassionato di meteorologia, gli chiedevo: “Come vedi oggi la situazione?” e lui rispondeva “mah, diciamo che probabilmente verso le 16:30 dovrebbe piovere”. Poi capitava che, dopo una giornata di sole, veramente alle 16:30 piovesse. Una volta disse “sono un po’ preoccupato per il punto di rugiada”, eccolo là. Quello era il titolo. Lui voleva indicare un momento di cambio di temperatura quando si raggiunge una certa gradazione (e questo può portare meteorologicamente anche a una nevicata, che c’è infatti nel film). L’umidità e il freddo dell’aria si scontra con il tepore e il calore della terra dando vita a un fenomeno particolarmente temuto dai piloti degli aerei perché è possibile che si formi del ghiaccio sulle ali. Quando si raggiunge il punto di rugiada, per semplificare, c’è lo scontro tra il freddo e il caldo; metaforicamente, nel mio caso, tra il vecchio e il nuovo, dove però non è detto che il caldo sia per forza il nuovo; lo si può intendere anche come il passaggio dal prima al dopo, da quello che era a quello che è, il passato e il futuro: i vecchi e i giovani.
Il risultato finale del tuo lavoro ti ha soddisfatto pienamente?
È come quando si chiede all’oste se il vino è buono. Saranno i clienti, gli spettatori, a stabilirlo. Però posso dire che ci sono due momenti che mi piacciono parecchio: uno è quello nel reparto Alzheimer, quando i due ragazzi, pensando di essere soli, si mettono a ballare sulle note di “Riderà” di Little Tony, e invece arriva Federico (Luigi Diberti), al quale la canzone fa improvvisamente tornare alla mente ricordi perduti e, per questo, costringe a ballare con lui la capo infermiera Luisa (Lucia Rossi), sopraggiunta all’improvviso sentendo quella musica ad altissimo volume. Poi c’è la scena della nevicata. Mi piace vedere quei vecchi che si tirano le palle di neve immersi in tutto quel bianco. È come vederli tornare bambini. In questa sequenza, fra l’altro, ho chiesto a Eros Pagni di fare una cosa che faceva Vittorio Gassman tutte le volte che si trovava sulla neve: la pipì, per vedere il formarsi di quei buchini gialli e il fumo che viene su… Gli ricordava con una gioia indescrivibile l’epoca in cui era piccolo.
Ma è un film nostalgico?
Altroché, e non mi vergogno a dirlo. C’è nostalgia nei vecchi per gli anni passati e anche in noi (o forse dovrei dire in me) per quel periodo meraviglioso. Lo si avvertirà in quello che dicono e vivono, nelle loro facce, nei loro movimenti. Molto del merito di tutto questo va dato a Leandro Piccioni, che ha composto la colonna sonora e al quale il film è dedicato, insieme a Gino Zamprioli, il capo truccatore. Ci hanno lasciati entrambi qualche mese dopo la fine delle riprese.
Foto: Christian Nosel