In Grazia di Dio: recensione in anteprima del film di Edoardo Winspeare
Con In Grazia di Dio Edoardo Winspeare descrive gli effetti della crisi economica su una famiglia composta da quattro donne di tre generazioni diverse del Salento. Funzionano le facce e i luoghi, e il film regge per la prima ora: poi s’allunga all’infinito e diventa una soap. Con qualche problema di montaggio di troppo.
Che gran peccato non dover scrivere troppo bene dell’ultima fatica di Edoardo Winspeare. Perché nascosto dentro In Grazia di Dio, nella versione che abbiamo visto all’anteprima milanese (“una versione del film che non è definitiva”, ci dicono), c’è un bel film. Secco, onesto, persino “giusto” se si vuole.
Si tratta di un film al femminile, che tratteggia quattro personaggi di tre generazioni diverse, tutte unite però dalla loro casa e dalla terra in cui vivono. Ma, soprattutto, unite dalla crisi che ha colpito l’Europa e l’Italia negli ultimi anni. E In Grazia di Dio su questo si sofferma: le conseguenze devastanti della crisi economica su un paesino del sud.
Siamo in un piccolo paese del basso Salento, nei luoghi cari al regista. Adele (Celeste Casciaro, moglie del regista) è una donna forte e sola, che si è costruita una corazza per poter affrontare i brutti scherzi della vita. Deve far fronte all’Agenzia delle Entrate e alla Finanziaria, al probabile fallimento dell’impresa familiare e al pignoramento della propria casa.
Ha una figlia, Ina, avuta da un uomo che si chiama Crocifisso e che è finito in carcere. Ina è bella, solare, vive la giovinezza in modo spensierato e non pensa al futuro. Adele e Ina litigano di continuo: la prima “incattivita” dai problemi di ogni giorno, la seconda forse ancora senza strumenti per poter capire quello che sta succedendo.
C’è poi Maria Concetta, sorella di Adele e zia di Ina, che lavora nell’azienda di famiglia come operaia, ma sogna di fare l’attrice e prova ad ottenere un provino per il nuovo film di Ozpetek (!). Su tutte, però, c’è lei, Salvatrice: madre, nonna, matriarca. Ha il più bel pezzo di terra di tutto il paese, quello che anche i turisti riconoscono come un angolo di paradiso di terra che s’affaccia sul mare.
Tutte e quattro dovranno trasferirsi assieme in campagna e reinventarsi, lavorando i campi per produrre frutta e verdura da vendere o barattare. Una scelta obbligata che le costringe a ripensare alla loro vita e al loro futuro, e che rimette in gioco ovviamente i legami, le loro relazioni e le loro stesse vite…
Nella prima parte, Winspeare azzecca stile e tono. In Grazia di Dio per quasi un’oretta ha persino una certa energia, sottile ma ben presente. Sarà perché le facce e la recitazione in dialetto sono ottime (ma nessuno è un attore di professione!), o sarà proprio per la regia tranquilla e attenta di Winspeare, che non ha paura di lavorare di sottrazione, convinto che i personaggi e i luoghi siano già piuttosto forti.
Il film regge bene e sembra crescere di minuto in minuto, ti fa affezionare ai quattro personaggi femminili, ed è credibile quando descrive gli effetti della crisi sulle relazioni personali. Winspeare non giudica mai nessuno, neppure Ina quando cambia ragazzo ogni due secondi. È invece molto tenero e affettuoso quando descrive la storia d’amore tra la sessantacinquenne Salvatrice e un uomo, Cosimo.
Peccato poi che Winspeare si affezioni un po’ troppo alle storie delle protagoniste e voglia raccontare tutto. I 130 minuti di In Grazia di Dio ad un certo punto iniziano a farsi sentire, ma è colpa di una precisa scelta narrativa. Il film infatti si trasforma in quello che fino a quel momento aveva ben evitato di essere, ovvero quasi una “soap” con decine di finti finali e colpi di teatro. Forse inizia a perdere mordente dall’entrata in scena di Stefano, l’impiegato di Equitalia che decide di aiutare Adele. Non a caso inizia a perdere energia con un personaggio maschile…
In Grazia di Dio avrebbe bisogno di una quarantina di minuti in meno, e anche una sistematina al montaggio non sarebbe male: ci sono degli evidenti problemi da questo punto di vista, a causa di scene cortissime inserite un po’ a caso tra una sequenza e l’altra. Così salterebbe fuori quel bel film che, ne siamo piuttosto convinti, è rimasto lì da qualche parte, intrappolato dentro questa specie di copia “work in progress” che avrebbe bisogno di un po’ di lavoro in più.
Voto di Gabriele: 6
In grazia di Dio (Italia 2014, drammatico 127′) di Edoardo Winspeare; con Celeste Casciaro, Laura Licchetta, Gustavo Caputo, Anna Boccadamo, Barbara de Matteis, Amerigo Russo, Angelico Ferrarese. Dal 27 marzo al cinema.