Stasera in tv: “Quello che so di lei” su Rai 3
Rai 3 stasera propone Quello che so di lei (Sage femme), film drammatico del 2017 diretto da Martin Provost e interpretato da Catherine Deneuve, Catherine Frot, Olivier Gourmet e Quentin Dolmaire.
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Cast e personaggi
Catherine Deneuve: Béatrice Sobolevski
Catherine Frot: Claire Breton
Olivier Gourmet: Paul Baron
Quentin Dolmaire: Simon
Mylène Demongeot: Rolande
Pauline Etienne: Cécile Amado
Karidja Touré: Madame Naja
Audrey Dana: Capoinfermiera
La trama
Claire (Catherine Frot) è un’ostetrica meravigliosamente dotata, con un talento naturale nel mettere al mondo i neonati con gesti dolcissimi. Ma nel corso degli anni, i suoi modi delicati, il suo senso di orgoglio e di responsabilità sono entrati in conflitto con i metodi più competitivi delle moderne strutture ospedaliere. Vicina alla fine della carriera, Claire comincia quindi a mettere in discussione il suo ruolo e la sua professione. Un giorno riceve una strana telefonata: Béatrice (Catherine Deneuve), stravagante e frivola ex amante di suo padre, morto anni addietro, ha notizie importanti e urgenti da darle e vuole rivederla, trent’anni dopo essere scomparsa nel nulla. La super-coscienziosa Claire e lo spirito libero Béatrice impareranno ad accettarsi l’un l’altra e, rivelandosi antichi segreti, inizieranno a recuperare gli anni perduti.
Interviste a cast e regista
Parlando del suo ruolo, Catherine Deneuve lo descrive come un amore a prima vista.
[quote layout=”big”]Ho subito amato questo personaggio non appena ho letto la sceneggiatura Béatrice è un’avventuriera gioiosa, è un personaggio da commedia che vive dei momenti drammatici. È l’immagine riflessa del film: Provost riesce a parlarci con leggerezza di cose serie, senza che prevalga mai un senso di pesantezza. La commedia interviene in ogni momento a disinnescare il dramma senza che questo avvenga a discapito dell’emozione.[/quote]
Anche Catherine Frot ha trovato subito una immediata sintonia con il suo ruolo.
[quote layout=”big”]È un ruolo che mi ha appassionato fin dall’inizio. Sapevo che Martin Provost l’aveva scritto per me. È un autore estremamente sensibile, in grado di cogliere con esattezza la psicologia femminile e di trascriverla con precisione in immagini. Ho apprezzato molto il suo universo e il modo che aveva di parlarmi del personaggio. Quello che mi ha sedotto in questa donna è la sua trasformazione. Claire si trova in un momento cruciale della sua vita: la clinica nella quale ha sempre lavorato sta per chiudere i battenti, suo figlio se n’è andato di casa da poco, Béatrice ricompare nella sua vita come un fantasma del passato e sta per vivere una storia d’amore con Paul. La sua vita quotidiana è a maggior ragione sconvolta in quanto Claire è una donna molto disciplinata e rigorosa che ha messo in sospeso la sua esistenza per dedicarsi meglio agli altri, con una bontà e una dedizione incredibili. Il ritorno di Béatrice la costringe a rimettere in discussione il suo modo di essere e di agire. È questo che è bello nel personaggio di Claire: accettando di perdonare Béatrice, accetta di cambiare e quindi di tornare verso la luce, di approfittare sino in fondo delle gioie e dei piaceri che la vita può offrirle. A mio parere, la trasformazione di Claire è indissociabile dal perdono che accorda a Béatrice.[/quote]
Il regista Martin Provost racconta come gli venuta l’idea di raccontare la storia di un’ostetrica.
[quote layout=”big”]Io stesso sono stato salvato alla nascita da un’ostetrica. Mi ha donato il suo sangue e questo suo gesto mi ha permesso di sopravvivere. Lo ha fatto con incredibile discrezione e umiltà. Quando mia madre mi ha raccontato la verità su questa vicenda, un po’ più di due anni fa, mi sono immediatamente messo a cercarla, senza neanche conoscere il suo nome. Poiché gli archivi dell’ospedale dove sono nato vengono distrutti ogni vent’anni, di quell’evento non restava alcuna traccia. Mia madre si ricordava che non era giovanissima, quindi sono convinto che sia morta. A quel punto ho deciso di renderle omaggio a modo mio, dedicandole questo film, e, attraverso una protagonista ostetrica di tributare un riconoscimento a tutte queste donne che lavorano nell’ombra, dedicando le loro vite agli altri, senza aspettarsi nulla in cambio. Poi è successa una cosa incredibile. Qualche mese fa, per il mio matrimonio ho avuto bisogno di richiedere un atto di nascita, e non il consueto estratto. Avevo quasi completato il montaggio del film e con mio immenso stupore ho scoperto che era stata quell’ostetrica, e non mio padre, ad essere andata in comune a dichiarare la mia nascita. Dunque non solo aveva passato tutta la notte con me e mi aveva salvato la vita donandomi il sangue per la trasfusione: era persino andata a denunciare la mia nascita, come per certificare che ero sano e salvo. Ho trovato questo gesto magnifico e da allora ripeto incessantemente il suo nome: Yvonne André. Le devo moltissimo.[/quote]
Provost conferma che nel film vengono mostrate delle vere nascite alle quali Catherine Frot ha realmente partecipato.
[quote layout=”big”]Olivier Delbosc e io eravamo d’accordo su un punto: nei film, troppo spesso, i neonati sono enormi e hanno un’aria troppo perfetta e come tali sono fintissimi! Volevo filmare la vita reale, l’essenza stessa della vita, quello che tutti noi abbiamo sperimentato e non una sua rappresentazione più o meno edulcorata.Per far questo, abbiamo dovuto filmare quelle scene in Belgio perché la legge francese non consente di girare con neonati di meno di tre mesi. È stato un lavoro lungo e complesso: abbiamo dovuto trovare delle donne che sono rimaste incinte in un preciso periodo e che accettassero di essere filmate durante il parto nove mesi dopo e abbiamo dovuto trovare dei reparti maternità che ci autorizzassero a farlo. Intanto, Catherine Frot ha seguito una formazione, ha assistito ad alcuni parti prima dell’inizio delle riprese e vi ha preso parte.Il rapporto tra noi e le future madri, ma anche con i loro mariti, si è costruito in modo molto fluido e molto naturale. E la fortuna è stata dalla nostra parte. Alla fine siamo riusciti a filmare sei parti in tempo reale. Eravamo un gruppo molto ridotto: Catherine Frot, il direttore della fotografia e il microfonista. Io ero nella stanza accanto, attaccato al monitor insieme alla mia segretaria di edizione. Non ho mai pianto tanto come quando Catherine Frot ha fatto venire al mondo il suo primo neonato.[/quote]
Catherine Frot racconta come si è preparata alle scene in cui avrebbe visto vere partorienti dare alla luce i loro bambini.
[quote layout=”big”]Confesso che mi sono un po’ preoccupata quando ho letto la sceneggiatura per la prima volta. L’idea di assistere a un parto in diretta, per quanto commovente fosse, non era una cosa da poco. Alla fine ho acconsentito perché sapevo che era una parte integrante del progetto che mi stava proponendo Martin. E quindi ho proceduto per gradi. Innanzitutto, ho chiesto di poter assistere a dei parti per capire se sarei stata eventualmente in grado di compiere i gesti appropriati. Mi sono resa conto che in fondo era tutto molto naturale, molto normale. In seguito, ho preso delle lezioni con un’ex ostetrica che mi ha fatto fare pratica con dei manichini. Una volta sul set, mi sono un po’ preoccupata alla prima ripresa, ma tutto è andato meravigliosamente bene. Di solito, il mio mestiere di attrice mi costringe ad essere in una dimensione di illusione: ho interpretato una pianista virtuosa in La Voltapagine e una cuoca illustre in La cuoca del presidente. Qui invece sono dovuta andare oltre l’illusione, senza esitazioni emotive.[/quote]
Martin Provost – Note biografiche
Martin Provost nasce a Brest nel 1959. Inizia molto presto la sua carriera come attore sia in teatro che nel cinema, in Lettere a Emmanuelle di Nelly Kaplan nel 1976 e in La Dynastie des Malpropres di Jean-Louis Bauer. All’inizio degli anni ’80, mette in scena al teatro d’Ivry il suo primo lavoro teatrale intitolato “Le voyage immobile”. In seguito entra a far parte della Comédie Française. Tre anni dopo, cessa qualunque attività come attore per consacrarsi interamente alla scrittura e alla regia. La sua pièce “Les poupées”viene presentata al Festival di Avignone e poi messa in scena a Parigi al TEP (Théâtre de l’Est Parisien). In questo stesso periodo, pubblica il suo primo romanzo “Aime-moi vite” con Flammarion. Altri tre libri seguiranno: “Léger, humain, pardonnable” pubblicato da Seuil nel 2007, “La rousse péteuse” presso Gallimard Jeunesse nel 2009 e “Bifteck” pubblicato da Phébus nel 2010. Contemporaneamente, realizza due cortometraggi interpretati da Artus de Penguern: J’ai Peur Du Noir e Cocon. Nel 1997, firma il suo primo lungometraggio, Tortilla Y Cinema, in cui dirige Carmen Maura. Sei anni dopo, realizza Le Ventre de Juliette con Julie- Marie Parmentier. Nel 2008, Séraphine ottiene gli elogi della critica e un successo commerciale. Attira quasi 850.000 spettatori e conquista sette premi César, tra i quali Miglior film, Miglior sceneggiatura originale e Migliore attrice per Yolande Moreau. Martin Provost è altresì candidato nella categoria Miglior regia. Tre anni dopo ritrova Yolande Moreau per il film Où Va La Nuit, adattamento del romanzo “The long falling” di Keith Ridgway, vincitore in Francia del premio letterario Femina nel 2001. Nel 2013, porta sullo schermo la vita di Violette Leduc, contemporanea e protégée di Simone de Beauvoir, con Emmanuelle Devos e Sandrine Kiberlain. Violette viene selezionato al Festival di Toronto. Nel 2017, Martin Provost riunisce per la prima volta sullo schermo Catherine Frot e Catherine Deneuve nel film Quello che so di lei.
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