John Carpenter: 10 film per un viaggio nel perturbante
Un nuovo compleanno da festeggiare con John Carpenter, un nuovo viaggio nel suo cinema visionario e perturbante per noi, in 10 tappe, film, mondi, dimensioni, visioni e ‘cose’ che hanno ‘modificato’ il nostro immaginario.
Per il viaggio di oggi bisogna entrare nel labirinto delle ossessioni della mente, tessuto dalle ambiguità della visione, le metamorfosi del corpo, le alterazioni della percezione, e l’indeterminazione della fisica dei quanti, in continua tensione tra luce e ombra, visibile e invisibile, reale spaventoso e fantastico realistico.
Si decolla subito con l’outsider visionario e conturbante, lanciato nel panorama fantahorror indipendente americano con l’astronave Dark Star, ma destinato per esplorare spazi molto più oscuri di quelli siderali, equipaggiato con una passione profonda per H.P. Lovecraft e i B-movies anni ’50, altrettanta conoscenza dei meccanismi di genere, e la capacità di giocarci, citandoli e rinnovandoli.
Allacciate le cinture, perché la paura con John Carpenter serpeggia ovunque, assumendo innumerevoli forme, volti, maschere seriali, corpi modificati, menti trasfigurate, identità ed entità, e le prossime 10 tappe, toccano film, tematiche viscerali, e sfumature di una cinematografia che palesa altri mondi, dimensioni, visioni e cose (La Cosa), che hanno ‘modificato’ il nostro immaginario.
1974 – Dark Star
Dai corti in 8mm alla rock-band, dopo l’esordio come autore del montaggio, delle musiche e del soggetto premiato con l’Oscar, del corto western The resurrection of Broncho Billy (1970) di James Rokos, il giovane Carpenter si diploma alla prestigiosa University of Southern California, con la parodia fantascientifica di Dark Star, originale omaggio low badjet ai b-movies degli anni Cinquanta, con quell’astronave denominata Dark Star che come fa notare Ballard, “dopo un po’ comincia a somigliare a quell’astronave chiamata terra”.
1976 – Distretto 13 _ Le brigate della morte (Assault on Precinct 13)
Ispirato dal John Wayne conosciuto alla USC, Un dollaro d’onore di Howard Hawk, l’assedio del genere di frontiera e La Notte Dei Morti Viventi di George Romero, con la violenza inesorabile che esce dall’ombra, la fotografia altrettanto cupa e il commento musicale ipnotico, Carpenter raggiunge il pubblico di estimatori, delineando le future tappe della sua cinematografia, e quel ritmo che la caratterizza, con la partitura sonora composta da lui, salvo eccezioni come Ennio Morricone per La cosa.
1978 – Halloween – La notte delle streghe (Halloween)
Ispirato da Reazione a catena di Mario Bava, antesignano dello slasher movie, con un budget ancora low di appena trecentomila dollari. Carpenter spalanca una nuova dimensione per il genere Horror, mettendo la maschera ‘bianca’ (pronta ad incarnarsi) a Michael “the Shape” Myers, al male di natura fantastica dannatamente concreto e fisico, e identificando l’occhio del serial killer con quello dello spettatore, a partire dall’inossidabile prologo dal punto di vista del piccolo Michael, che spia la sorella, prende un coltello, indossa una maschera da pagliaccio, la assassina e inaugura la lunga saga, fresca di compilation celebrativa.
1980 – The Fog
“Is all that we see or seem but a dream within a dream?” Edgar Allan Poe
La tradizione della ghost story, già portata a compimento in Halloween, approda sulla costa con le atmosfere gotiche e decadenti di ombre nella nebbia, che oscurano l’orizzonte con un banco di nebbia che terrorizza la visione senza mostrare troppo, ogni genere di presenze e orrore, senza ricorrere a sangue, carne ed effetti speciali, mentre l’Horror punta su corpo e deformazioni.
1981 – 1997: Fuga da New York (Escape from New York)
Con il western della trilogia del dollaro di Sergio Leone nel cuore, e la fantascienza di crisi e futuri ormai dietro l’angolo, Jena Plissken si lancia nella metropoli sprofondata nelle sue viscere, inaugurando con un cult il sodalizio artistico di Carpenter con Kurt Russell (preferito a Charles Bronson), insieme per 5 film e una ventina d’anni, da Elvis il re del rock (forse la migliore biografia filmata sul mito) al Plissken di 1997 Fuga da New York e Fuga da Los Angeles, passando per il MacReady de La cosa e il Jack Burton di Grosso guaio a Chinatown.
“E’ il tipo di attore che non pensa mai in anticipo a quello che farà. Il suo è un talento naturale… Il nostro rapporto professionale è bello. Siamo buoni amici da anni. Condividiamo un certo umorismo e un modo di guardare la vita.” John Carpenter
1982 – La cosa (The Thing)
«Non è umano. Non ancora»
Dal nero della città ‘sventrata’ al bianco dell’Antartide, Kurt Russell vola sino al Polo per affrontare La Cosa, l’alieno capace di assumere qualsiasi identità, lacerando e trasformando il corpo umano, rendendo inquietante tutto quello che appare. Un remake del classico La cosa da un altro mondo (1951) di John W. Campbell e Howard Hawks, primo episodio della Trilogia dell’Apocalisse, con il signore del male e Il seme della follia, stroncato da critica e pubblico al punto da far licenziare Carpenter dalla Universal, e candidarlo ad un Razzie Awards (1982) per la Peggior colonna sonora a Ennio Morricone, ma diventato un cult con il passare del tempo e della consapevolezza, con sequel, prequel, novelization, videogiochi e merchandising a rinnovarne la presa sull’immaginario.
1986 – Grosso guaio a Chinatown (Big Trouble in Little China)
Il licenziamento dalla Universal a causa della cattiva resa del film decretato in seguito tra i migliori di Carpenter, lo mise nella condizione di accettare qualsiasi proposta (inclusa la sceneggiatura del sequel Halloween II: il signore della morte), e dopo aver spaventato gli spettatori on the road con le imprese di Christine, la macchina infernale, e l’incursione fantascientifica dell’alieno Jeff Bridges di Starman, Kurt Russell torna ad impreziosire il cult omaggio al cinema di serie b e i cavalieri erranti del cinema orientale wuxiapian.
https://www.cineblog.it/post/7071/da-recuperare-grosso-guaio-a-chinatown
1987 – Il signore del male (Prince of Darkness)
Il secondo capitolo de La Trilogia dell’Apocalisse diffonde il male ovunque, oscuro, inquietante, invisibile, e in contatto con altre dimensioni, perché annidato anche nelle minuscole particelle subatomiche, e quel principio dell’indeterminazione, mutuato dalla fisica dei quanti, che non può prescindere dall’osservatore-spettatore che garantisce lo status di realtà all’atomo con il suo sguardo, e in assenza del quale sarebbe un ‘fantasma’.
1988 – Essi vivono (They Live)
Essi vivono, la minaccia aliena ha il nostro stesso volto, ‘noi siamo i mostri’, e l’orrore si cela al dominio della visione con le immagini subliminali dei media, anche grazie al cont(r)atto stipulato dagli alieni con il potere oligarchico terrestre. Per vederli, riconoscerli servono lenti speciali, protesi oculari, l’obiettivo della macchina da presa…
Nel 1984 Carpenter conosce Sandy King, segretaria di edizione per registi come John Cassavetes e Francis Ford Coppola, la sposa nel 1990, dopo che lei è diventata ufficialmente produttrice dei suoi film, a cominciare dal questo capolavoro fantascientifico, seguito dalla tempesta molecolarnucleare delle Avventure di un uomo invisibile (Memoirs of an Invisible Man, 1992).
1995 – Il seme della follia (In the Mouth of Madness)
Quello che semina Carpenter in questa sorta di antologia della follia, sono le sue ossessioni di regista, con il progressivo mutamento di coscienza del personaggio, che impazzisce non riuscendo ad acquisire la consapevolezza della simultaneità delle diverse dimensioni in cui è costretto ad agire. “Reality is not what it used to be”. La realtà è cambiata, insieme al cinema e l’orrore, sin nei labirinti mentali di The Ward, passando per la follia collettiva del Villaggio dei dannati, la Fuga da Los Angeles di Jena Plissken, la figura mitica dei Vampires, lo space-western-horror Fantasmi da Marte.