John Wick: recensione in anteprima del film con Keanu Reeves
«Quello?! Quello è un cazzo di nessuno». «Quel cazzo di nessuno… è John Wick!». In questo rapido botta e risposta c’è tutto quello che dovete sapere sul nuovo film con Keanu Reeves
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Ricordate tutte le volte che vi è toccato di sentire inviti come «ma sì dai, basta spegnere il cervello per tutta la durata del film e sei a posto», o descrizioni come «senza troppe pretese però diverte»? Non ricordatele tutte, eh. Ad ogni modo, mentivano. Non sapendolo, certo. Perché un conto è uscirsene con quanto scritto poco sopra dopo aver visto, che so?, Transformers (numero a caso dal 2 in avanti); altro è dopo essere usciti dall’orgogliosa carneficina made in John Wick.
La carriera di Keanu Reeves sta sempre più prendendo una piega specifica; prima Man of Tai Chi, che peraltro segna pure il suo esordio in cabina di regia, quasi in contemporanea 47 Ronin, ora questo. Ok, in questa sede soprassediamo sulla critica dei lavori summenzionati: il punto è che al cinquantenne Reeves è venuta voglia di (ri)costruirsi da capo sposando l’action. E non quello di scarto, roba buona.
John Wick celebra a suo modo il trentennio di Ritorno al futuro portandoci indietro nel tempo di all’incirca gli stessi anni, opponendo alla concorrenza un film come li si facevano una volta: prendete la trama, scordatevela; aggrappatevi ad un elemento ed uno soltanto; sbattete davanti alla macchina da presa uno che i cazzotti li sa prendere ma ancora di più li sa dare; date spettacolo… se ce la fate. Ecco, è questo il passaggio in cui tanti vengono meno.
Qui il protagonista è un ex-nonsisacosa, un assassino presumibilmente, ma di quelli d’alto bordo, che dopo avere seminato il panico ed essersi fatto una nomina che ve la raccomando, s’innamora e cambia vita: esatto, c’è di mezzo una donna. La donna. La stessa che dopo un po’ viene meno, lasciando come ultimo regalo al suo amato un adorabile cucciolo. Capita però che uno stronzetto figlio di un boss russo ti entra in casa perché l’hai guardato storto mentre facevi benzina, ti sgozza il cucciolo e ti ruba la Mustang. E allora t’incazzi.
Insomma, la trama la si scrive non su un fazzoletto, bensì su un pacco di Vigorsol srotolato. Non c’è bisogno di arrivare sino in fondo per sapere che John parte da un punto A per arrivare a un punto B, né per capire in che cosa consistano le due estremità. Davvero, se cercate suspense e coinvolgimento emotivo, girate a largo. Se invece vi emozionano killer a sangue freddo che tagliano facce a fantasia ed escogitano le maniere più coreografiche ma al tempo stesso credibili per sparare in fronte o sulla bocca dello stomaco di tizi vestiti rigorosamente in giacca e cravatta nere, beh… allora a tavola, ché la cena è pronta.
I motivi per cui alcuni spettatori troveranno gradevole lo spettacolo mentre altri noioso ed altri ancora addirittura inutilmente fastidioso, sono essenzialmente gli stessi. John Wick (il film) è John Wick (il protagonista). «Grazie!» direte, ma non è che per farvi un’idea tocca spostarsi più di tanto: Reeves sembra rinato (astenersi detrattori per battute facili), con un Luca Ward al doppiaggio a cui il Neo di Matrix deve almeno un mazzo di rose. Quanto al ritmo, è di quelli che alternano bene situazioni concitate ad altre dove s’ha da riprendere fiato, il tutto condito da alcune trovate deliziose, perché il film non ci crede manco lui alla storia che racconta, ed infatti John viene idolatrato e preso per i fondelli al tempo stesso.
A sentire Derek Kolstad, lo sceneggiatore, in qualunque punto di New York ti trovi, da Long Island al New Jersey, tutti hanno almeno sentito parlare di John Wick. Ma soprattutto, tutti lo rispettano. Ci si gioca molto, ed in più occasioni, sul passato di questo figlio redento alle prese con quei fantasmi che proprio non riesce ad allontanare. In questo il film di Stahelski e Leitch attinge a piene mani da archetipi cinematografici e non, senza apportare alcuna modifica, ché l’indumento veste bene senza alcun taglia e cuci. Leitmotiv è la vendetta, altro cliché, che è ancora più cliché se si pensa alle modalità attraverso cui si consuma. Tutto per un cane.
Insomma, 100 minuti esatti di sparatorie con tutti i crismi del caso, quasi fosse un musical un po’ cafone e un po’ splatter, con alcuni colpi pregevoli (il tizio che, investito da Wick, viene poi freddato da dentro l’abitacolo mentre scivola sopra il tettuccio) ed una fotografia di serie A. E con un Willem Dafoe che l’ultima volta che lo abbiamo visto interpretava Pasolini, mentre qui è un cecchino di professione, ma di quelli giusti pure. Merce che non è per tutti, ma che strizza ben volentieri tutti e due gli occhi ai tanti maschietti che conservano un ricordo etereo di quel periodo in cui gli action si facevano per passione, oltre che per sano spirito imprenditoriale.
Perciò tocca che a John Wick vi si accosti chi è in grado di valorizzare o “sopportare” cose come un tizio che da solo, dopo anni di inattività, sbaraglia una decina di armadi a muro come fossero soldatini; o come un posto che si chiama Continental, senz’altro la location più suggestiva del film tutto, luogo di ritrovo per assassini e criminali in genere, camuffato da Hilton ancora più di lusso e con delle regole ferree quanto alla condotta da tenere al suo interno. Per gli altri, o ci si mette un po’ in gioco, oppure trattasi di merce avariata.
Voto di Antonio: 7½
John Wick (USA, 2014) di Chad Stahelski e David Leitch. Con Keanu Reeves, Michael Nyqvist, Alfie Allen, Adrianne Palicki, Willem Dafoe, Ian McShane, Bridget Moynahan, Jason Isaacs, Bridget Regan, Lance Reddick, Dean Winters, David Patrick Kelly, Kevin Nash, Daniel Bernhardt, Marija Skangale, Randall Duk Kim, Tait Fletcher e Roman Mitichyan. Nelle nostre sale da giovedì 22 gennaio.