Jude Law compie 48 anni, sette film da vedere
Nel giorno del suo quarantottesimo compleanno, Cineblog consiglia sette film di Jude Law, con qualche piccola nota a margine
È tardi per riabilitare un attore come Jude Law, uno degli attori più affascinanti in circolazione, esempio di eleganza oserei dire innata, precedente qualsivoglia moda; né con ogni probabilità s’impone poi così tanto una vera e propria riabilitazione, va detto. Eppure ci sembra necessario, nel giorno del suo quarantottesimo compleanno, spendere due parole al fine di chiarire alcuni punti, pochi ma necessari.
Parliamo di una star che forse non ha mai davvero fatto un salto analogo a quello, per intenderci, registrato da colleghi come Brad Pitt, Tom Cruise o Johnny Depp; belloccio come loro (più di loro), a parere di chi scrive non meno talentuoso (anzi), non è certo semplice capire come mai non si sia affermato in modo analogo. D’altra parte, la fin troppo ovvia constatazione che non abbia trovato il film “giusto” o il personaggio “memorabile”, ancorché ammissibile, mi pare non esaurisca la questione; fermo restando che per chi scrive Jude Law il suo personaggio simbolo l’avrebbe pure trovato nel corso della sua trentennale carriera, ma di questo ne scrivo dopo.
I cenni biografici, diciamocelo, li trovate un po’ ovunque, perciò glisso su questo punto. E poi nulla dicono di più, e meglio, di una persona, che certe estemporanee suggestioni, certi bagliori che raccontano un momento o un periodo; tanto la personalità di un uomo o donna è pressoché impossibile racchiuderla in un libro, figurarsi in un articolo.
Personalmente sono rimasto folgorato da Jude Law dopo la visione di uno dei suoi film considerati minori, ed effettivamente opera di per sé modesta. Conoscevo al tempo l’attore, sebbene della sua vita privata mi sfuggisse tutto. Ora, sarebbe presuntuoso da parte del sottoscritto, oltre che per certi versi pure indiscreto, se non addirittura offensivo, presumere troppo della verve comunque tendenzialmente pubblica del nostro, navigato sciupafemmine (contravvengo almeno in parte a quanto appena scritto… glielo si legge in volto, suvvia). Tanto più che la sua seconda moglie gli ha appena donato un sesto figlio, di cui non si sa se sia femminuccia o maschietto, men che meno il nome perciò.
Ed è questo uno dei motivi per cui il seppur didascalico, per alcuni persino moralista (termine usato spesso con spregio, oltre che in maniera impropria) Alfie, remake del 2004 dell’omonimo film del 1966, credo restituisca a pieno la portata di questo interprete. Manca in quel film una direzione, è evidente, le performance sbilanciate, a tratti eccessive, senza toni smorzati e quant’altro, ma appunto, più che dare addosso al cast, direi che lì sarebbe stato opportuno una riscrittura e, soprattutto, un indirizzo diverso rispetto ad alcune scene chiave. Ma non si tratta qui di fare le pulci al film, quanto provare a sottoporre una chiave di lettura possibile, qualcosa che aiuti a comprendere meglio la valenza di quest’attore britannico in fin dei conti sottovalutato. Lo stile che trasuda dal solo personaggio, misto a quell’aria irresistibile, impeccabile, scapigliato eppure sempre in ordine, faccia da schiaffi ma al contempo di una simpatia contagiosa, ruolo che oggi chissà quanti strali attirerebbe su di sé, per quanto l’atteggiamento da playboy sia più quello di chi la donna la venera anziché no; ebbene, non so come, attraverso quali filtri, Law riesce ad estrapolare l’essenza di quel personaggio, ripetiamo, di per sé nient’affatto sottile, lavorando su singole espressioni, tonalità appena percettibili, dalle quali emerge, dietro la faccia da commedia quasi glamour, il decorso di una malattia che, più del dramma, ha quasi dell’horror. Ed in tutto ciò, Jude Law riesce da solo, caricandosi addosso l’intero peso di un film diversamente innocuo, forse persino anonimo, senza che evidentemente qualcuno lo abbia debitamente istruito (certe cose o ce l’hai o nulla da fare).
Un giorno, se del caso, ci cimenteremo in un’indagine più minuziosa della sua carriera. Questo pezzo vuole solo celebrare il compleanno di Jude Law quale pretesto per dare qualche consiglio, offrire alcuni suggerimenti, per chiarire una posizione che chi scrive coltiva da tempo. Anche perché Law non è il solo ad appartenere a questa cernita di attori che non hanno trovato quel favore che probabilmente meritavano e meritano. Un altro è Giovanni Ribisi, rimasto sempre nell’ombra di ruoli per lo più da comprimario; il terzo è invece Casey Affleck, al quale nemmeno l’Oscar per Manchester By The Sea ha dato quel surplus che ci si aspetterebbe. Tre carriere diverse, tre persone diverse, tre indoli che hanno poco a che vedere l’uno con l’altro, però appunto accomunati da quella che personalmente da anni percepisco come una sorta di ingenerosa diminutio.
Basta, passiamo ai film, concentriamoci sul festeggiato. Ovviamente troverete il già citato Alfie, mentre alcuni più scontati li ho lasciati fuori, preferendo l’inserimento di due titoli più recenti che pochi conoscono; film di genere, che rivendicano il loro essere orgogliosamente formulaici, funzionali se non altro alle intenzioni di quest’articolo, ossia celebrativi a prescindere dell’attore Jude Law. Ciò non toglie che in mezzo ci siano bei film, stop, senza alcuna aggiunta. Anzi, nel caso specifico, si tratta di alcuni dei titoli di fantascienza migliori usciti nel periodo di riferimento, ma pure qualcosina di più.
Gattaca, di Andrew Niccol (1997)
Existenz, di David Cronenberg (1999)
A.I. – Intelligenza Artificiale, di Steven Spielberg (2001)
Era mio padre, di Sam Mendes (2002)
Alfie, di Charles Shyer (2004)
Dom Hemingway, di Richard Shepard (2013)
Black Sea, di Kevin Macdonald (2014)