Torino 2018, Juliet, Naked, recensione: attenzione a incontrare i propri idoli
Commedia romantica piaciona ma non sfacciata, Juliet, Naked preserva almeno quel tono affabilo tipici dei romanzi di Nick Hornby
Duncan (Chris O’Dowd) è ossessionato da un cantautore attivo negli anni ’90, tale Tucker Crowe, poi improvvisamente scomparso: ne diviene un cultore, per cui Crowe è una sorta di divinità minore. Apre pure un sito, una sorta di bibbia con notizie e teorie stravaganti su questo astro nascente, morto però troppo presto. Trasferitosi in Inghilterra, Duncan incontra Annie (Rose Byrne); insieme instaurano una lunga relazione, sebbene, dopo anni appunto, sembra essere arrivata a un punto morto. In maniera assurda, oltre che non cercata, Annie si mette in contatto con Tucker Crowe (Ethan Hawke), quel Tucker Crowe, ed il palesarsi di quest’ultimo diventa un’occasione per tutti di passare a quello step successivo per troppo tempo rinviato.
In Juliet, Naked Jesse Peretz riesce in qualche modo a preservare quelle note calorose tipiche dei racconti di Nick Hornby, che ha scritto l’omonimo romanzo da cui è tratto il film – in Italia edito col titolo di Tutta un’altra musica. Romanzo minore nella produzione dello scrittore britannico, va detto, che però riesce sempre ad infilarci qualcosa di suo, quell’ironia intrisa di un humor specifico con la quale ci racconta talvolta storie anche più a limite (Non buttiamoci giù, per dire, aveva per protagonisti degli aspiranti suicidi. E sì, la trasposizione è ahimè pessima). Qui, come sagacemente ebbe a scrivere uno dei critici che recensì il romanzo, non si può fare a meno di vedere in Duncan ciò che sarebbe diventato il protagonista di Alta Fedeltà: un professore che si divide tra insegnamento, ricerca e critica, sputando sentenze e costruendo pseudo-teorie e/o impressioni per il solo gusto di darsi un tono.
C’è tutta una primissima parte che gioca molto su tale componente, una parte davvero graziosa, che, inutile dirlo, tocca pure noi che scriviamo di certe cose: l’appassionarsi perdutamente di un autore o di una corrente, insistere e sostanzialmente trasformarsi in avvocati difensori che da lì in avanti si limitano a perorare una causa in luogo dell’approfondimento quanto più possibile disinteressato. Duncan, per così dire, entra troppo nella parte, ostenta sicurezza rispetto alle proprie idee e ai propri gusti, perdendo di vista l’obiettivo, oltre che saturare chi gli sta accanto, Annie, la quale, oltre che non poterne più, riesce pure ad essere più obiettiva.
C’è una scena, la più riuscita del film, quella che in futuro girerà, isolata, su YouTube o chi per lui, che dice molto più di parecchi libri a tema: cena, a tavola ci sono Anna, Duncan e Tucker (ci sarebbe pure un quarto ma sufficit); a un certo punto l’ex-cantante non resiste e sbotta, rinfacciando al suo adepto di non averci mai capito nulla, che quelle che scrive sono tutte stronzate, dato che la musica di Crowe non hai mai avuto alcun valore. Dopo avercelo per certi versi messo contro, il testo fa dire a Duncan, in risposta a quello sgfogo, le cose più vere che si possono trovare nell’intero film, il che, appunto, visto nell’insieme un po’ stona, dato che il critico in questione ci viene venduto fino all’ultimo fotogramma né più né meno come un cialtrone. Eppure, parole giuste in bocca alla persona sbagliata, sia quel che sia, vere rimangono.
Juliet, Naked, ad ogni buon conto, resta anzitutto una commedia romantica, di quelle anche un po’ stralunate, che, contro tutto e tutti, vogliono farci credere negli amori impossibili o quantomeno difficili. Su questo fronte il dispositivo cede un po’ forse, proprio perché si spinge parecchio su situazioni sopra le righe, straordinarie nell’accezione più ampia del termine, concedendosi qualche scena spassosa ma che rischia anche pericolosamente di far scivolare tutto nella farsa (la riunione in ospedale ne è emblema). Nondimeno l’intesa tra i tre protagonisti c’è eccome, bravi pure singolarmente, anche se a O’Dowd tocca il personaggio più insopportabile dunque il più irresistibile, mentre con gli altri due, per un verso o per un altro, è più facile empatizzare. Juliet, Naked è soprattutto loro, il loro reggere quel retrogusto agrodolce misto alla leggerezza di una vicenda incredibile ma che si lascia simpaticamente seguire. Piacione senz’altro, ma non in modo sfacciato.
[rating title=”Voto di Antonio” value=”6″ layout=”left”]
Juliet, Naked (Regno Unito, 2018) di Jesse Peretz. Con Rose Byrne, Ethan Hawke, Chris O’Dowd, Megan Dodds, Jimmy O. Yang, Lily Newmark, Lily Brazier, Johanna Thea, Azhy Robertson e Florence Keith-Roach. Festa Mobile.