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Klaus Kinski – Del Paganini e dei capricci: dal film-testamento al libro

Capricci e ossessioni di Paganini e Klaus Kinski, dal film-testamento di un talento e temperamento malato, al nuovo libro di Stefano Loparco con testimonianze inedite

di cuttv
pubblicato 15 Febbraio 2016 aggiornato 30 Luglio 2020 08:44

Probabilmente non serve essere sensibili al fascino ipnotico del violino, per apprezzare il virtuosismo tecnico che ha reso leggendario Niccolò Paganini (Genova 1782-Nizza 1840) e i suoi capricci. 24 composizioni per violino solo, estremamente virtuosistiche e tecnicamente difficili.

Capricci celebri al pari di quelli del temperamento smodato e l’aspetto inquietante che non hanno impedito al virtuoso di affascinare e sedurre numerose amanti e incoraggiare illazioni attribuite ad un “Faustiano” patto con il Demonio, componendo “Il trillo del Diavolo” o suonando a ritmi forsennati le corde dello Stradivari, leggendariamente realizzate con ‘interiora di un’amante immolata per far da tramite tra due mondi’.

Un genio, un dio, anche un adoratore del diavolo, per chi ne ha suonato e de-cantato vita e opere, in musica e parole, dal palco allo schermo, dove tra la miniserie televisiva RAI del Paganini di Dante Guardamagna (1976) con Tino Schirinsi, a Il violinista del diavolo cinematografico di Bernard Rose (2013) con David Garrett, il biografico e delirante Kinski Paganini di Klaus Kinski (1989), si staglia sin dal titolo come febbrile testamento di un borderline egocentrico e irascibile, naufragato negli abissi dell’animo umano.

Il lascito caotico e frastornante di un talento maledetto dalla follia, per la prima e ultima volta nelle vesti di attore/Paganini, sceneggiatore e regista di un incubo. Quello di Klaus Kinski, nato Klaus Günter Karl Nakszynski (Sopot 1926 – Lagunitas-Forest Knolls 1991) e della psicopatia che ha nutrito un temperamento artistico tra i più ammalianti della settima arte.

Un Paganini che si concede un viaggio nelle viscere e ossessioni patologiche di Kinski, alle prese con l’orgiastica sviolinata (eseguita da Salvatore Accardo) capace di scatenare applausi, insieme al desiderio bramoso che non risparmia i pensieri peccaminosi della voce off di Dalila Di Lazzaro, seduce Eva Grimaldi nelle vesti di nipote di Napoleone, Donatella Rettore, la giovane Tosca D’Aquino, o la ventunenne Debora Caprioglio accreditata come Debora Kinski, sua compagna nel lasso di tempo tra Nosferatu a Venezia e Paprika di Tinto Brass.

Tra amplessi masturbatori che non risparmiano cavalli e le morbose attenzioni rivolte al figlio vestito come una ragazzina, interpretato dal vero figlio tredicenne della terza moglie, il controverso film-testamento Kinski Paganini si attesta tra le più intense e autentiche autobiografie per immagini del talento e temperamento malato di un mito.

Quel mito scosso dalle confessioni della primogenita Pola, vittima degli abusi del padre sin dalla prima infanzia, anche nelle pagine di “Kindermund” (Parole di bambini).

Il controverso temperamento artistico-esistenziale, sviscerato dall’analisi condotta da Stefano Loparco nelle pagine Del Paganini e dei capricci (Il Foglio, febbraio 2016), partendo dalla genesi del film-testamento che ha segnato la fine della quarantennale carriera dell’attore e dell’unica prova del regista, prima della morte.

[quote layout=”big” cite=”Stefano Loparco]«In molti mi hanno chiesto come sia stato possibile scrivere un libro su uno dei film più irrisolti del cinema italiano. Ma Del Paganini e dei capricci non è un libro dedicato a una pellicola, non solo. Ne parla, la ricostruisce attraverso le voci dei tanti protagonisti che hanno calcato quel set ‘sciagurato’, certo. Ma il libro è sopratutto una biografia – con particolare riferimento al periodo che va dal 1985 al 1991, anno della morte dell’attore polacco – che tenta di mettere a fuoco la figura di Klaus Günter Karl Nakszynski e la sua maschera, quella di Klaus Kinski, che proprio con Paganini implode definitivamente imprimendo sulla pellicola una delle più intense e autentiche autobiografie per immagini giunte fino ai giorni nostri. In mezzo c’è tutto Kinski: il senso del tragico e del ridicolo, la costruzione del proprio mito e la mancata consapevolezza dei confini del sé, la folle corsa e lo schianto finale.» [/quote]

Storie e aneddoti della travagliata realizzazione dell’opera voluta da Kinski sin dagli anni Cinquanta e della vita di Klaus Günter Karl Nakszynski nel suo farsi e disfarsi all’ombra del film, svelate da testimonianze, collaborazioni e contributi inediti.

    Le testimonianze di: Luca Alfieri (assistente operatore Paganini), Gaetano Barbera (capo macchinista Paganini), Paola Corvino (distributore Paganini), Mario Caiano (regista per un giorno di Nosferatu a Venezia), Debora Caprioglio (attrice), Vittorio Ciorcalo (attore generico Paganini), Bernadette de Cayeux (costumista Paganini), Gianni Garko (attore), Ernesto Gastaldi (sceneggiatore), Sergio Graziani (la voce di Nosferatu), George Hilton (attore), Edoardo Margheriti (regista), Claudio Morabito (operatore di ripresa e direttore della fotografia), Luciano Muratori (fonico presa diretta Paganini), Gianfranco Parolini (regista), Donatella Rettore (attrice Paganini), Tatti Sanguineti (critico cinematografico e scrittore) e Stefano Spadoni Ferrari (ispettore di produzione Paganini). 

    La collaborazione di: Antonio Curcetti (poeta), Christian David (biografo tedesco di Kinski), Giuseppe Gavazza (compositore e docente), Fabio Zanello (critico cinematografico).

    L’amichevole partecipazione di Debora Caprioglio

    Il fondamentale contributo di Augusto Caminito.

[quote layout=”big” cite=”Augusto Caminito]’Ci sono state mille e più difficoltà nella realizzazione del film. E del resto era inevitabile quando avevi a che fare con un uomo dalla sensibilità tormentata come quella di Klaus Kinski. Era portato a vivere ogni evento della vita in modo totalizzante. Tutto nella sua mente era amplificato. Anche Niccolò Paganini, credeva di essere la sua reincarnazione. E non scherzava, affatto. Sebbene sul set sembrasse un folle – la rabbia lo portava addirittura a scalciare le pareti e in più di una circostanza l’ho visto diventare manesco –, Paganini è il film che Klaus aveva in mente. Ha fatto ciò che ha voluto in totale libertà espressiva e con tutti i mezzi di cui disponevamo. Qualsiasi cosa mi abbia chiesto, l’ha ottenuta. Qualsiasi idea è stata realizzata. Paganini è il suo film più sincero’.
[/quote]

Un nuovo libro dedicato alla figura di Klaus Kinski. Il primo libro attualmente disponibile in Italia, in libreria, su Amazon e Ibs, pronto ad offrirne uno sguardo inedito sul controverso (e sinistro) talento di Kinski, attraverso la travagliata genesi del suo film più biografico, ostracizzato dalla critica, respinto dai distributori e sconosciuto al grande pubblico.

[quote layout=”big” cite=”Stefano Spadoni Ferrari – ispettore di produzione di Paganini]«Le sue ceneri nell’oceano? Ha inquinato anche il mare.
Klaus Kinski andava sepolto in terra sconsacrata»
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Klaus Kinski – Del Paganini e dei capricci: estratti in anteprima

… Ciò che colpisce gli osservatori del tempo è l’intensità del polacco. Secondo un assioma propugnato dallo stesso attore, Kinski non recita, Kinski è. Ovvero Kinski recita Kinski. Che si presenti a piedi nudi – un tavolino improvvisato per palcoscenico – all’Hexenküche Kabaret di Berlino davanti a pochi astanti (1952), in uno studio di registrazione per la sessione di lettura o di fronte alle migliaia di spettatori accorsi al ‘VII Festival Mondiale della Gioventù e degli Studenti per la pace e l’amicizia’ (1959) di Vienna, Nakszyński è sempre nelle ‘viscere’ del personaggio interpretato: nervi tesi, pupille dilatate, voce attraversata da una costante tensione nervosa – quando l’umore è stabile. Ma basta un’avversione, una contrarietà, una frustrazione – l’entità è irrilevante – e sul volto appare una smorfia. Nella voce deflagra la rabbia, schiumano gli angoli della bocca, la vena della fronte inizia a pulsare. E la parola esplode: è guerra. La guerra di Kinski contro il mondo, quello stesso mondo che dopo averlo messo all’indice, ora accorre in massa ai suoi spettacoli osannandolo come una rock star.

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Sereno, profondo e inedito, con alcuni momenti di grande intensità. E' il ricordo di Debora Caprioglio a cui oggi va il mio ringraziamento.

Pubblicato da Klaus Kinski – Del Paganini e dei capricci su Giovedì 10 settembre 2015

Klaus Kinski e Debora Caprioglio in uno scatto del 1987

Un rapporto non sempre facile quello tra Debora Caprioglio e Klaus Kinski, fatto di galanterie, scatti d’ira e una grande passione per il cinema. Insieme hanno girato il mondo (Venezia, Roma, Madrid, New York fino al Polo Nord) e insieme hanno dato vita a Paganini, il grande sogno kinskiano realizzato nel 1987. Ma chi era Klaus Kinski? Ricorda Debora: ‘Come tutti Klaus aveva momenti di tranquillità e, come tutti, cercava la serenità. Era anche dotato di una grande leggerezza: amava la cucina italiana, raccontare aneddoti, stare in compagnia, divertirsi. Amava la vita, insomma. Ma nel fondo Klaus era un uomo inquieto, come lo sono in genere gli artisti. Non è stato facile stargli accanto…». E Paganini? ‘Durante le riprese Klaus era intrattabile e comunque, sempre nervoso; nulla a che vedere con l’uomo che avevo conosciuto sul set di Nosferatu a Venezia. Credo sentisse troppo il peso della responsabilità per quello che – a suo dire – avrebbe dovuto essere il film più importante della sua carriera. Klaus si era completamente isolato. Comunque Kinski Paganini è stato il primo videoclip del cinema italiano. Una pellicola che ha precorso i tempi ma che ha pagato il prezzo di guardare troppo avanti. Il pubblico non l’ha capito. E forse ciò ha decretato la fine della carriera di Klaus’.