Stasera in tv: “La bella stagione” con Gianluca Vialli e Roberto Mancini su Rai 2
Rai 2 stasera propone “La Bella Stagione”, docu-film del 2022 di Marco Ponti con Gianluca Vialli e Roberto Mancini che racconta l’epica cavalcata che nel 1990 portò la Sampdoria di Vialli e Mancini alla conquista del primo storico Scudetto e, l’anno successivo, alla finale di Coppa dei Campioni.
La Bella Stagione, su Rai 2 il docu-film di Marco Ponti che racconta l’epica cavalcata che nel 1990 portò la Sampdoria di Vialli e Mancini alla conquista del primo storico Scudetto e, l’anno successivo, alla finale di Coppa dei Campioni.
La Bella stagione – Cast e intervistati
GIANLUCA VIALLI – ATTACCANTE SAMPDORIA 1990-91
ROBERTO MANCINI – ATTACCANTE SAMPDORIA 1990-91
GIANLUCA PAGLIUCA – PORTIERE SAMPDORIA 1990-91
GIULIO NUCIARI – SECONDO PORTIERE SAMPDORIA 1990-91
LUCA PELLEGRINI – DIFENSORE E CAPITANO SAMPDORIA 1990-91
TONINHO CEREZO – CENTROCAMPISTA SAMPDORIA 1990-91
FAUSTO PARI – CENTROCAMPISTA SAMPDORIA 1990-91
MORENO MANNINI – DIFENSORE SAMPDORIA 1990-91
IVANO BONETTI – CENTROCAMPISTA SAMPDORIA 1990-91
GIOVANNI INVERNIZZI – CENTROCAMPISTA SAMPDORIA 1990-91
PIETRO VIERCHOWOD – DIFENSORE SAMPDORIA 1990-91
ATTILIO LOMBARDO – CENTROCAMPISTA SAMPDORIA 1990-91
MARCO LANNA – DIFENSORE SAMPDORIA 1990-91
BEPPE DOSSENA– CENTROCAMPISTA SAMPDORIA 1990-91
NARCISO PEZZOTTI – VICE ALLENATORE SAMPDORIA 1990-91
MASSIMO ROSSI – MAGAZZINIERE SAMPDORIA
CLAUDIO BOSOTIN – MAGAZZINIERE SAMPDORIA
TITO GHERARDI – TIFOSO SAMPDORIA / FIGLIO DI ERNESTO
GHERARDI – (EX DIRIGENTE SAMPDORIA)
ALECSANDRA BOSKOV – FIGLIA DI VUJADIN BOSKOV
FRANCESCA MANTOVANI – FIGLIA DI PAOLO MANTOVANI
ENZO TIROTTA – TIFOSO SAMPDORIA
ALICE CASTELLANI – TIFOSA SAMPDORIANA
MAURIZIO BELTRAME – EX PROPRIETARIO OVERJOYED
CARMINE VACCARO – RISTORATORE
GIUSEPPE BERGOMI – EX CAPITANO INTER
FEDERICO CHIESA – ATTACCANTE JUVENTUS
FRANCO ORDINE – GIORNALISTA
PAOLO CONDÒ – GIORNALISTA E SCRITTORE
La bella stagione – Trama e trailer
Genova, 1990. Una giovane squadra, la Sampdoria di Vialli e Mancini, che da qualche anno sta frequentando con entusiasmo anche i palcoscenici internazionali, intraprende un’avventura epica che cambierà per sempre la storia del calcio italiano. La Bella Stagione è il racconto di questa incredibile cavalcata per la vittoria, attraverso le voci dei giocatori e dei membri dello staff che queste stagioni sportive le hanno vissute sulla loro pelle, e quelle dei giornalisti che ne hanno scritto e parlato. A completamento, una serie di materiali di repertorio inediti ed esclusivi. Un viaggio in cui quella mitica Sampdoria ha deciso di diventare non solo la più forte, ma anche la più bella, vincendo un campionato italiano e sfiorando il trionfo nella Coppa dei Campioni dell’anno successivo, fermandosi solo di fronte al temibile Barcellona allenato da Johan Cruijff. Una storia durata una vita, una di quelle in cui quel magico gruppo di amici non si perde mai di vista e si sostiene nei momenti più difficili, fino alla fine, fino alla notte magica di Wembley, l’estate del 2021. Che poi è anche quella della vittoria agli Europei e di quell’indimenticabile abbraccio in lacrime tra i Gemelli del Gol. La cornice narrativa è rappresentata dal presente e dal passato di Vialli e Mancini in Nazionale: le delusioni di Italia ’90 e gli allori di Euro 2021. Successi sportivi e traguardi, ma anche sentimenti, amicizia e complicità. Quella Samp fu speciale perché speciali furono gli interpreti. Che avevano una specie di luce negli occhi; la luce di chi sapeva che stava scrivendo una pagina di storia. Lo loro e quella della Sampdoria. Indipendentemente dalle sconfitte e dalle vittorie.
Note di regia
Ho incontrato delle persone straordinarie. Trent’anni fa hanno fatto un’impresa rara: prendere una piccola squadra che non aveva mai vinto e portarla alla vittoria dello scudetto della Serie A. Erano una squadra bollata come di viziati, di promesse che non sarebbero mai state mantenute, di fighetti che pensavano più a divertirsi che a giocare. Avevano la “maglia più bella del mondo” e se l’erano fatta fare — unici anche in questo — in cachemire. E invece hanno fatto ricredere tutti quanti, quella primavera del 1991. La squadra è la Sampdoria e questa storia naturalmente si svolge a Genova. Ecco: prima di incontrarli pensavo che l’impresa della loro vita fosse appunto quella — mai più replicata — dello scudetto. Mi sbagliavo. L’impresa vera l’hanno fatta col tempo. Hanno capito di essere una banda di fratelli e che la loro fratellanza non aveva molto a che fare con vittorie, sconfitte, pareggi. O con gol e parate, a dirla tutta. La loro fratellanza è quella di persone che hanno condiviso un sogno e da lì sono partite costruendo tutta una vita. Assieme, nei momenti belli e nei momenti difficili. Sempre, e per sempre. Ho incontrato delle persone straordinarie. Si chiamano Luca Vialli e Roberto Mancini. E con loro, accanto a loro, ho visto Gianluca Pagliuca, il portierone. Il suo vice Giulio Nuciari, una vita in panchina. E poi: Moreno Mannini, Pietro Vierchowood, figlio di un soldato dell’Armata Rossa che decise di diventare italiano. Luca Pellegrini, il capitano. Ivano Bonetti e la sua riserva inesauribile di scherzi. Marco Lanna, l’unico di Genova, così legato al gruppo che ora della Samp è il presidente. E ancora: Giuseppe Dossena, Attilio Lombardo detto Popeye, Fausto Pari, Giovanni Invernizzi e infine il brasiliano dall’età indefinibile: il simpaticissimo Toninho Cerezo. Li ho accompagnati nei loro ricordi, nelle loro battaglie, nei loro sogni realizzati e nei loro sogni spezzati. Ho imparato tanto, forse di più che in tutti i film fatti prima di questo. Ho imparato che aveva ragione il loro mentore, il mitico Vujadin Boškov, quando diceva che “pallone entra quando Dio vuole” e “partita finisce quando arbitro fischia”: inutile fare giri di parole o nascondersi dietro scuse e casualità. Ho imparato che un uomo speciale come Luca Vialli può affrontare una dura malattia riuscendo a dare forza e coraggio a tanta gente, regalando a piene mani i suoi sorrisi e le sue lacrime. E infine, io li ho visti ritrovarsi l’anno scorso in campo, il giorno della finale dei Campionati Europei: l’allenatore Roberto Mancini aveva chiamato accanto a sé i vecchi pistoleri per rifondare lo staff dirigenziale della Nazionale. Ho visto Vialli e Mancini abbracciarsi e piangere, per la gioia e per il dolore, per la loro buona e per la loro cattiva sorte. E ho capito che La Bella Stagione non è un film solo sul gioco del calcio. È un film sulla forza delle relazioni, che sono state messe a dura prova in questi anni calamitosi. È un film su quello che possiamo essere, se solo riusciamo a trovare il gruppo giusto, il posto giusto, il momento giusto. Non per diventare eroi, quella è retorica falsa e inutile. Ma per diventare, a fatica, anno dopo anno, un esempio per tutti quelli come me che ancora — come diceva Hemingway — hanno bisogno di una luce per la notte. [Marco Ponti]
Marco Ponti – Note biografiche
Regista e sceneggiatore. Ha debuttato nel 2001 col film Santa Maradona, che gli è valso il David di Donatello come miglior regista esordiente. Tra i suoi film ricordiamo A/R Andata + Ritorno (2004) e i due successi al box office e in televisione Io che amo solo te (2015) e il sequel La cena di Natale (2016). Autore di fumetti per la Disney e di romanzi per ragazzi (Ombre che camminano del 2019 e R – Ribelli, Resistenza, Rock ’n’ roll del 2021) ha scritto e diretto anche alcuni documentari tra cui La luna di giorno (2008) e Nessuna ombra intorno – Safari Live con Lorenzo Jovanotti (2009), Eravamo schiavi – storia di tre ragazzi deportati dalla Valsusa nella Germania nazista (2019) e infine è produttore artistico di The crown prince (titolo provvisorio, attualmente in lavorazione) di Beatrice Borromeo per Netflix.
Note di produzione
“La Bella Stagione” è un docufilm che ha la durata di una partita di pallone (più recupero), ma che nella vita reale ha avuto una gestazione lunga quanto una stagione. È stata una produzione intensa, in costante oscillazione tra lo stupore, l’allegria e la nostalgia, nel senso più puro e leggero del termine. In questi mesi abbiamo provato a ricostruire l’archetipo di una vera e propria impresa sportiva, che ha visto trionfare per la prima volta nel Pantheon del calcio italiano una “piccola”. Una piccola che ha saputo farsi subito grande tra i grandi, sistemando a domicilio corazzate come Napoli, Milan, Inter, pretendenti al titolo ben più quotate. Ma al di là del risultato sportivo finale, consultabile su qualsiasi almanacco, abbiamo scoperto, intervista dopo intervista, il segreto di questa vittoria. Un segreto che non è da ricercarsi nelle tattiche, negli schemi o nelle qualità individuali, che certamente erano di alto livello, bensì nelle storie e negli sguardi dei protagonisti. Può sembrare retorico, ma la Samp vinse quello scudetto grazie all’amicizia, alla furbizia e alla generosità dei suoi calciatori; uomini limpidi, ancora estranei allo star system che oggi domina il l’industria sportiva. La Bella Stagione parla di calcio, certamente, ma in realtà c’è ben altro in gioco. C’è l’irriverenza di Bonetti che si prendeva gioco dei fusi orari per andare a far serata allo Studio54 di New York. C’è l’età di Toninho Cerezo, che in realtà non siamo ancora riusciti a scoprire con esattezza, ma va bene lo stesso. C’è l’elegante malinconia di capitan Pellegrini che alcune vicende proprio non vuole dimenticarle, c’è la storia da romanzo di Marco Lanna che da giovane talento di quella rosa scudettata ora, trent’anni dopo, ha preso le redini societarie e guida la nave come presidente, c’è la durezza di Pietro Vierchowod che si commuove quando ci ricorda di essere stato il difensore più veloce della Serie A, ma anche quella di Pagliuca che quello Scudetto continua ancora oggi a dedicarlo alla mamma. E poi ci sono Vialli e Mancini, due giganti del calcio italiano, che se a noi hanno donato tempo e ricordi, a Boskov, Mantovani e i tifosi doriani hanno regalato un sogno lungo una vita. Più che squadra di viziati, quella fu una squadra di artisti. Tuttavia, la certezza forse più importante che questi mesi di produzione ci hanno regalato è che non è vero che la Macaja di Genova porta male e indebolisce lo stato di forma degli atleti, che il sole ligure è un elemento di distrazione e che la Riviera non è per i vincenti. Da Genova si vede il mare, e dove c’è il mare tutto diventa sempre più bello. E più realizzabile.