La Chambre bleue: recensione del film di Mathieu Amalric presentato a Cannes 2014
Festival di Cannes 2014: alla sua quarta prova da regista, Mathieu Amalric porta sul grande schermo il romanzo di Georges Simenon La Chambre bleue (La camera azzurra). La storia di due “amanti sfrenati” in un film elegante e sensuale. Soprattutto secco e crudele, senza giudizi. Presentato in Un Certain Regard.
Alla sua quarta prova da regista ormai non abbiamo più alcun dubbio, se mai avessimo dovuto averne: Mathieu Amalric è un autore, sa come girare e ha classe. Tutte qualità ben evidenti anche in un film piccolo ma sofisticato come La Chambre bleue, tratto dal romanzo di Georges Simenon La camera azzurra.
Dopo le quasi 2 ore di Tournée, il film che gli ha fatto vincere una Palma come miglior regista a Cannes nel 2010, l’attore firma questa volta un film più contenuto, della durata di neanche 80 minuti, girato in un intimo e giusto 4:3. Un film che in poco tempo sa essere elegante, sensuale, secco e spietato.
Tutti aggettivi che si sposano con la storia stessa del film, che racconta la passione di due “amanti sfrenati” che tradiscono, si amano, si rincorrono e si perdono per lunghi periodi, per poi ritrovarsi e cadere di nuovo nella stessa passione che li coinvolge ogni volta che si trovano nella camera numero 3 di un albergo.
Gli amanti sono Julien Gahyde (lo stesso Amalric) e Esther Despierre (Stéphanie Cléau, compagnia dell’attore e regista). Il primo è un uomo vanesio e donnaiolo, la seconda è una donna passionale. Sono stati compagni di scuola, ma le loro vite hanno preso strade diverse. Entrambi sposati e con famiglia alle spalle, s’incontrano nella “camera blu” dell’Hotel des Voyageurs. Finché un giorno Julien non viene chiamato dalla polizia e viene interrogato: di cosa è accusato?
La prima scena di La Chambre bleue lascia già intravedere il talento di Amalric per la regia. Julien e Esther sono a letto. Fanno l’amore. Un raggio di sole entra dalla finestra semi-chiusa. Dettagli su dettagli, e quasi mai inquadrature totali o che ci facciano vedere i due corpi assieme per intero. Il regista insiste su particolari dei volti e dei corpi, su lingue e sessi.
Una goccia di sangue macchia il lenzuolo bianco. “Ti ho fatto male?”, chiede lei a lui. Esther ama morderlo, soprattutto sul labbro, con una forza e intensità tali da lasciargli dei segni evidenti. Come potrà giustificarli Julien alla moglie? Con una scusa ovviamente banale e sciocca che però funziona: tanto poi Julien sa come adulare sua moglie e farle credere che sia tutto a posto…
Per tutta la prima parte La Chambre bleue è un caldo ed elegantissimo film di amour fou che racconta appunto la passione di due persone che si ritrovano e non possono fare a meno di vivere delle ore assieme. Poi parte tutta la trafila giudiziaria nei confronti di Julien, che viene ritenuto colpevole di qualcosa di orribile e deve iniziare a giusitificare ogni sua mossa, ogni suo momento dell’ultimo periodo della sua vita.
Il film più va avanti e più diventa “asfissiante”. A suo modo lo era anche prima, visto che si parla pur sempre di un uomo e una donna che tradiscono e devono fingere di fronte alle famiglie (ma il compagno di Esther è praticamente assente dal film). Però, dopo le quattro mura della camera d’albergo, le mura della casa modernissima di Julien e soprattutto l’assolata spiaggia dove i protagonisti passano le vacanze, entra a gamba tesa il claustrofobico commissariato.
Così è il film: qualche luogo chiuso, poche scene all’aperto ma giuste (il primo bacio tra i due amanti, con la macchina da presa che ripete lo stesso movimento, solo che nel secondo take i due vengono illuminati da una luce rossa…), nessun giudizio morale da parte del regista. Che racconta una storia dai risvolti inquietanti, certo, ma che resta pur sempre la storia di due persone che potrebbero forse essere inseparabili, ma la cui passione non può sposarsi con quello che hanno già.
Voto di Gabriele: 7
La Chambre bleue (Francia 2014, drammatico 76′) di Mathieu Amalric; con Mathieu Amalric, Stéphanie Cléau e Léa Drucker.