La chiamata dal cielo: trailer italiano e dove vedere l’ultimo film di Kim Ki-duk (al cinema dal 2 aprile)
Tutto quello che c’è da sapere su “La chiamata dal cielo” al cinema dal 2 aprile 2023 – Scopri le sale d’Italia che proiettano l”ultimo film del regista Kim-Ki-duk scomparso nel 2020.
Dal 2 aprile nei cinema italiani con Mescalito Film La chiamata dal cielo, l”ultimo film del regista sudcoreano Kim Ki-duk, scomparso nel dicembre 2020. “la chiamata dal cielo” è l’ultimo dono del grande regista scomparso nel 2020 in Lettonia. Amatissimo dalla critica, ha realizzato numerosi capolavori nella sua carriera. Dall’esordio con Coccodrillo fino a Pietà, con cui conquistò il Leone d’Oro a Venezia, da Ferro 3 a La samaritana.
Che cos’è la vita? Cos’è la giovinezza? Che cos’è la vecchiaia? Tutti gli esseri umani invecchiano e alla fine muoiono. Più ci si avvicina alla morte, più gli esseri umani sentono la mancanza e ricordano la loro giovinezza. Mi manca la giovinezza dei miei vent’anni. Tuttavia, poiché ho commesso molti errori in gioventù, se potessi tornare indietro nel tempo, vorrei davvero agire bene. Ma la vita non può mai tornare indietro – Kim Ki-duk
La chiamata dal cielo – Trama e cast
La trama ufficiale: Una ragazza (Zhanel Sergazina) incontra uno scrittore (Abylai Maratov) e tra loro nasce un’attrazione reciproca. Lui nasconde un passato di relazioni burrascose, che lei gli chiede di interrompere ad ogni costo. L’amore tra i due diviene nel tempo ossessione e desiderio di reciproca sopraffazione, si trasforma in una relazione tormentata e distruttiva tra amore e odio, sesso e perversione, possessività e autolesionismo. Ma forse si tratta solo di un sogno premonitore, guidato da una voce misteriosa e onnisciente.
Il cast è completato da Seydulla Moldakhanov, Aygerim Akkanat, Artykpai Suyunduko, Omurbek Nurdinov, Nazbiike Aidarova, Tilek Sarybaev e Karas Zhanyshov.
La chiamata dal cielo – Trailer e video
Curiosità sul film
- Il film è una coproduzione Estonia, Kirghizistan, Lettonia.
- Scritto e diretto da Kim Ki-duk, il film è stato completato postumo da Artur Veeber, dopo la scomparsa del regista sudcoreano avvenuta l’11 dicembre 2020 all’età di 59 anni in seguito a complicazioni causate da COVID-19.
- Il film è stato presentato fuori concorso alla 79a edizione della Mostra del Cinema di Venezia. La decisione del festival di proiettare il film nonostante le accuse di violenza sessuale contro Kim è stata criticata da organizzazioni come la Federation of Korean Movie Workers ‘Union e Korean Womenlink. La denuncia contro Kim è stata archiviata per mancanza di prove fisiche e successivamente per la prescrizione dei termini. Nel frattempo il regista ha denunciato le attricei che lo avevano accusato per diffamazione, a seguito di interviste rilasciate dalle donne ad un notiziario, ma anche questa causa è stata archiviata con Kim che ha dovuto pagare le spese legali.
Kim-Ki-duk – Note biografiche
Tacciato in patria di essere un visionario e osannato, invece, nel vecchio continente, Kim Ki-duk sembra aver trovato in Europa quell’America che ancora tarda ad accoglierlo. Distribuite in Italia solo di recente, dal 2003 per l’esattezza, le opere del regista coreano si distinguono per la ricorrenza di tematiche ed elementi duri, mostrati allo spettatore in maniera fredda e quasi naturale. Parliamo di una violenza che, a differenza di tanto cinema contemporaneo, non appare mai fine a se stessa ma, piuttosto, inglobata all’interno di un quadro più grande ed elevato che è quello dell’analisi dell’animo umano. Nato nel 1960 a Bonghwa, piccolo villaggio della Corea del Sud, a nove anni si trasferisce a Seoul, dove frequenta una scuola di avviamento professionale al settore agricolo. Abbandonati gli studi per problemi familiari si arruola, all’età di vent’anni, nell’esercito. Parentesi altrettanto importante è quella che lo vede avvicinarsi alla religione. L’arte però, altra passione coltivata negli anni, lo trascina violentemente fuori dal suo passato, portandolo a intraprendere un viaggio nel vecchio continente dal sapore bohemien per poi ritornare in Corea nel 1992. Trascorsi quasi tre anni scrivendo sceneggiature, Kim accetta di cimentarsi nella regia pur non avendo mai avuto esperienza di set. La sua quarta opera, L’isola (2000), rappresenta l’apice di questa prima parte della carriera. La pellicola, infatti, oltre ad essere presentata a Venezia e al Sundance, condensa quell’idea di cinema basata sull’astrazione e sulla quasi totale assenza di un contesto dominante per le storie messe in scena. Nel 2001, invece, realizza Bad Guy, presentato l’anno successivo al Far East Film Festival di Udine, nel quale passato e presente si mescolano e fondono in modo tale da far perdere il concetto stesso di realtà nei meandri della storia. È il 2003 l’anno della cosiddetta maturità artistica che in Kim trova forma ed espressione in Primavera, estate, autunno, inverno… e ancora primavera, pellicola che si discosta dalla durezza delle precedenti ma che, allo stesso tempo, contiene un forte equilibrio visivo e narrativo, tanto da consacrare definitivamente il suo autore in tutta Europa. L’anno successivo realizza La Samaritana, film che riporta a galla forti tematiche come la prostituzione e che gli vale l’Orso d’argento a Berlino per la regia. Autore volitivo e in continua eruzione, Kim nello stesso anno porta in scena Ferro 3, anch’esso energicamente legato alle tematiche giovanili tanto da diventarne in un certo qual modo summa artistica e personale. Il film non tarda ad essere apprezzato, ricevendo il Leone d’argento a Venezia nel 2004. Nei due anni successivi realizza L’arco (2005) e Time (2006), pellicole che in maniera diametralmente opposta analizzano la profondità dell’amore. Negli anni successivi si susseguono i film Soffio (2007), Dream (2008) e Amen (2011). Dopo un periodo di depressione (raccontato in Arirang), Kim Ki-duk torna a Venezia nel 2012 (vincendo il Leone d’Oro con Pietà) e poi, ancora, nel 2013 con Moebius. nel 2014 vince nella sezione Giornate degli Autori del Festival di Venezia con One on One, l’anno successivo dirige Stop. Nel 2016 Kim torna al Festival di Venezia con Il prigioniero coreano (Geumul), film presentato in anteprima mondiale al Toronto International Film Festival e dichiara” Con Il prigioniero coreano ho voluto mostrare un paradosso: guardate come sono simili Nord e Sud. “Là” c’è la dittatura, “qui” la violenza ideologica”. Il 2018 è l’anno di Human, Space, Time and Human (In-gan, gonggan, sigan geurigo in-gan), pellicola che segue persone di varie età e occupazioni che viaggiano su una nave da guerra ed esplorano i limiti dell’umanità e della moralità. Nel 2019 Kim dirige Dissolve (Din), dramma girato in Kazakistan con attori locali che racconta di una donna protetta e casta di nome Din vede la sua vita intrecciata con le esperienze di una prostituta che le somiglia. “Dissolve” sarà l’ultimo film del regista, morto l’anno successivo alle riprese.
La chiamata dal cielo – La colonna sonora
Le musiche originali del film sono del compositore estone Sven Grünberg (nato il 24 novembre 1956) è un compositore e musicista ambient e rock progressive noto soprattutto per i suoi organi meditativi e le sue opere elettroniche che coinvolgono i concetti del buddismo tibetano. Ha collaborato con il regista Olav Neuland e ha scritto le colonne sonore per la maggior parte dei suoi film. Negli anni ’70 Grünberg era il leader del gruppo rock progressive Mess, da lui fondato nel gennaio 1974 insieme a Härmo Härm. Nonostante gli anni di esistenza della band e le numerose esibizioni dal vivo, i Mess non hanno pubblicato un solo album in studio a causa delle contraddizioni del loro stile musicale con l’ideologia sovietica; solo nel 1996 Grünberg ha pubblicato una compilation da diverse registrazioni Mess sopravvissute e un album completamente rimasterizzato nel 2004. Grünberg è anche presidente del consiglio di amministrazione dell’Istituto estone di buddismo.