La guerra dei fiori rossi: un bambino e la Rivoluzione Culturale
I fiori rossi del titolo non sono veri, ma sono fatti di carta velina. Li regala la maestra di un’asilo di Beijing, in Cina, ai bimbi più bravi e disciplinati. Che per guadagnarli devono seguire cinque regole: vestirsi da soli, essere educati, non disubbidire alle maestre, lavarsi le mani prima di mangiare ed andare in
I fiori rossi del titolo non sono veri, ma sono fatti di carta velina. Li regala la maestra di un’asilo di Beijing, in Cina, ai bimbi più bravi e disciplinati. Che per guadagnarli devono seguire cinque regole: vestirsi da soli, essere educati, non disubbidire alle maestre, lavarsi le mani prima di mangiare ed andare in bagno per i propri bisogni regolarmente tutte le mattine. Qiang però non ha mai ricevuto un fiore: le regole non gli piacciono, non gli vanno proprio giù e non riesce a seguirle. Ben presto il bimbo diventa una vera peste, e diverrà un “leader” quando spargerà la voce che la maestra non è altro che un mostro divoratore di bambini…
Una commedia delicata, quella del Premio Robert Bresson all’ultimo film di Venezia Zhang Yuan. Che però si svolge in un periodo duro per la Cina, a metà del ‘900, in un periodo di rieducazione in cui le famiglie sono impegnate con i doveri imposti dalla rivoluzione socialista (Qiang è stato abbandonato all’asilo dai genitori).
Distribuito dall’Istituto Luce, dopo essere passato all’ultimo Festival di Berlino, La guerra dei fiori rossi esce nelle nostre sale questo venerdì.