Stasera in tv: “La mia ombra è tua” su Rai 2
Rai 2 stasera propone la commedia del 2022 diretta da Eugenio Cappuccio e interpretata da Marco Giallini, Giuseppe Maggio, Isabella Ferrari e Leopoldo Mastelloni.
geneLa mia ombra è tua, su Rai 2 il film con Marco Giallini, Giuseppe Maggio e Isabella Ferrari diretto da Eugenio Cappuccio (Se sei così, ti dico sì) e basato sull’omonimo romanzo di Edoardo Nesi.
La mia ombra è tua – Cast e personaggi
Marco Giallini: Vittorio Vezzosi
Giuseppe Maggio: Emiliano De Vito
Anna Manuelli: Allegra
Sidy Diop: Mamadou
Claudio Bigagli: Paolo Monanni
Leopoldo Mastelloni: Brigadiere Passini
Miriam Previati: Carlita
Alessandra Acciai: Franca
Isabella Ferrari: Milena
Fabrizio Buompastore: Martinadonna
Massimo Molea: Compagno di Milena
Francesco Gerardi: Padre Emiliano
Maurilio Leto: Direttore dell’albergo
Andrea Valentino: Gabriel
Riccardo La Neve: Marco
Carolina Paradisi: Francesca
La mia ombra è tua – Trama e trailer
Questa è una storia d’amore, iniziata quarant’anni fa e mai finita. È anche la storia di un viaggio attraverso l’Italia intrapreso da una strana coppia a bordo di una vecchia jeep: Emiliano (Giuseppe Maggio), un venticinquenne appena laureato con il massimo dei voti in Lettere Antiche, e Vittorio Vezzosi (Marco Giallini), un burbero scrittore sessantenne che da anni conduce una vita da eremita in seguito alla pubblicazione del suo unico libro, successo planetario indelebile nella memoria di tutti. I due sono diretti a Milano, alla Fiera-mercato degli anni Ottanta e Novanta, in un viaggio ricco di rocamboleschi e divertenti rovesci seguito avidamente in diretta dal mondo social, stimolato casualmente da un’influencer. Il Vezzosi ha infatti accettato di tenere un discorso infrangendo un silenzio durato più di vent’anni. Alla fiera li attendono Milena (Isabella Ferrari), il perduto amore dello scrittore, e una folla oceanica smaniosa di ascoltare il Vezzosi fare i conti con il suo passato, e soprattutto con lo sguardo del nostro Paese, attanagliato dalla nostalgia e perso nel ricordo di sé.
Curiosità sul film
- Il regista Eugenio Cappuccio (Se sei così, ti dico sì, Uno su Due, Volevo Solo Dormirle Addosso) dirige “La mia ombra è tua” da una sua sceneggiatura scritta con Edoardo Nesi e Laura Paolucci (Il Paese delle Spose Infelici), da un soggetto basato su un romanzo di Nesi.
- Il team che ha supportato Eugenio Cappuccio dietro el quinte ah incluso il montatore Fabio Nunziata (Tommaso), il costumista Stefano Giovani (Un Figlio di Nome Erasmus), lo scenografo Stefano Giambanco (Volevo Solo Dormirle Addosso) e il direttore della fotografia Valerio Evangelista (Scarlett).
- Il film è stato girato a luglio / agosto 2021 tra Roma / Bologna / Milano / Cetona (SI) / Siena / Chiusa (SI) per un periodo di sette settimane.
Note di regia
La ricca linfa del romanzo di Nesi, da cui il film è tratto, mi ha molto aiutato nel passaggio all’opera cinematografica. Ne “La mia ombra è tua” film, come nel libro, elementi portanti di questo quadro dalle coordinate date, sono i suoi solidi protagonisti, lo scrittore isolazionista e spiaggiato Vittorio Vezzosi, Marco Giallini, un tempo acclamato ma ora in crisi di creatività, bloccato da anni nella scrittura di un “sequel”, e il giovane “brillante laureato in lettere, disincantato e disoccupato” che accetta quel lavoro di “assistente alla scrittura” per mero bisogno di quattrini, Emiliano De Vito, interpretato da Giuseppe Maggio. Figure agli antipodi, non solo per anagrafe. Entrambi con una mancanza di centratura asfissiante, professionale, affettiva, che li destabilizza e in quel processo ho cercato di coniugarli con le due meravigliose attrici che compongono il quartetto, Isabella Ferrari e Anna Manuelli. Sarà un viaggio dal Centro al Nord d’Italia, Milano, paradigma del “fare”, con le sue ridefinizioni e ricollocazioni, nel cambiar spazi e tempi di reazione alle cose della vita, accettandone, nella indiretta metafora, curve, dossi, sventati incidenti e memento di profonde ferite mai sanate, a costituire “l’anima” “del vecchio e il giovane uniti on the road” e del film. Una strada che deve portare Vezzosi alla sua resa dei conti, quella con la sua incapacità di ri-produrre ancora “arte”, per paura o depressione lo scopriremo, cristallizzato, come i vetrosi frammenti della droga, che gli dà, con le sue “botte”, ancora spurie forze, e a Emiliano, l’energia per uscire dal suo bozzolo di nerd spocchioso e accidioso. Ho cercato di costruire situazioni e vibrazioni visive a volte a tinte forti, che andassero in questa direzione, spingendo i protagonisti, con la storia, verso una nuova modalità esistenziale, in quel viaggio su la A1, la Porrettana, Bologna, trafori e Milano, stazioni di rifornimento, disco lupanari di periferia, magnifiche trattorie emiliane, scintillanti alberghi milanesi di gelido lusso, assurde fiere del Vintage dominate dalla frenesia del “prima si stava meglio” e dove si aspettano l’annuncio del sequel…a bordo di un vecchio cavallo infernale, la Jeep USA di Vezzosi del 1979, ma ancora pronta a vendere cara la pelle. Ho lavorato pensando sempre che potesse essere un film divertente sulla perdita della colpevolezza e la conquista dell’innocenza, della consapevolezza che “da soli”, se pur non è impossibile tirare a campare, certamente non è così piacevole, e trovare salvifico qualcuno con cui parlare di sé, a cui chiedere “che devo fare della vita?”. Le importantissime figure femminili che seguono i passi del racconto, costituiscono in tal senso la sfida, con le loro istanze, di un’anima meno avvitata su se stessa, che i due uomini cercano. Con gli attori ho tentato di costruire il ritratto di due fragilissimi maschi d’oggi, separati da oltre trent’anni di sostanziale incomunicabilità colpevole, due tipi “interrotti” che, chilometro dopo chilometro, divengono “maestri speculari” del reciproco salto nel vuoto di una nuova Età personale. Alla ricerca, sostanzialmente, di amore ed equilibrio. E il tutto per costituire il senso che forse c’è ancora qualche spazio di umano, per permettere alle generazioni, padri, madri, figli e figlie, un passaggio di testimone, il conferimento di una qualche eredità non sterile, interiormente ricca, e non esclusivamente basata sulla trasmigrazione di “cose” o danaro. Missione ambiziosa, nella quale ho sentito vicinissima la Fandango per tutto il cammino. [Eugenio Cappuccio]
Il romanzo originale
Lo scrittore Edoardo Nesi ha pubblicato anche Fughe da fermo (1995), Ride con gli angeli (1996), Rebecca (1999), Figli delle stelle (2001), L’età dell’oro (2004, Premio Bruno Cavallini, Finalista Premio Strega 2005), Per sempre (2007), Stati d’anima (2010), con Gianna Nannini e Alberto Bettinetti e Storia della mia gente (2010, candidato al premio strega 2011). Nesi ha debuttato alla regia nel 2001 con il film “Fughe da fermo” basato su un suo romanzo.
È una storia, questa. Una storia d’amore. Iniziata quarant’anni fa, e mai finita. Ed è anche la storia d’un viaggio nell’Italia del 2019, epico e comico, ebbro e stupefatto, sventatissimo, intrapreso su una Jeep del 1979 senza né tetto né sportelli né parabrezza da Emiliano De Vito, un ventiduenne appena laureato summa cum laude in Lettere Antiche, e Vittorio Vezzosi, lo scrittore d’un solo libro, pubblicato nel 1995 e accolto da un successo planetario che lo convinse a rinchiudersi in una casa colonica sopra Firenze e non farsi più vedere da nessuno, e non pubblicare più neanche una parola. E mentre questi due antieroi se ne vanno litigando – troppo distanti le loro generazioni e visioni del mondo, troppo diversi i destini – verso Milano e la fiera-mercato degli anni Ottanta e Novanta, dove il Vezzosi ha incomprensibilmente accettato di tenere un discorso, infrangendo un silenzio durato un quarto di secolo, l’attenzione d’un mondo impazzito si riversa su di loro, e i social convinceranno l’Italia a fermarsi per ascoltare in diretta il Vezzosi, “l’unica risorsa e l’ultima speranza”, mentre fa i conti col suo e col nostro passato, e soprattutto con l’immenso, pericoloso potere della nostalgia che attanaglia e stringe forte – troppo forte – il presente e il futuro di questo nostro paese perso nel ricordo di sé, e governato dai demagoghi peggiori.
Il romanzo “la mia ombra è tua” di Edoardo Nesi è disponibile su Amazon.
Intervista con cast e regista
Intervista con Eugenio Cappuccio
“Ci racconti la genesi di questo progetto?”
La produttrice Laura Paolucci mi aveva chiamato chiedendomi di leggere il romanzo di Edoardo Nesi “La mia ombra è tua” che la Fandango voleva adattare per il cinema e offrendomi di dirigerlo dopo averlo sceneggiato con lei e lo scrittore. Il libro mi è piaciuto, l’ho trovato attuale, buona materia viva per una commedia di costume.
“Come avete tenuto presente la lezione della grande commedia italiana del passato?”
Penso che i due personaggi principali siano ben strutturati e che si affrontino con uno sguardo affettuoso, ma anche che certi loro aspetti personali vengano raccontati con dei chiaroscuri, in modo realistico, senza nessun sentimentalismo. Abbiamo cercato di raccontare i nostri tempi”.
“Come e perché ha scelto i suoi attori?”
Mi sono divertito a confrontarmi da subito oltre che con Laura Paolucci e con Domenico Procacci anche con Edoardo Nesi, l’autore del romanzo da cui il film è tratto. Ho lavorato a distanza con lui durante l’emergenza Covid, cercando di coinvolgerlo a tutto campo e divertendomi a condividere con lui molte scelte, comprese quelle del cast. Marco Giallini e Giuseppe Maggio si sono rivelati straordinari all’interno di questo meccanismo, perché durante le riprese lo hanno incarnato e riproposto anche nella vita. Il coinvolgimento di Giallini è il risultato di un’intuizione del produttore Domenico Procacci, che abbiamo tutti subito condiviso in modo convinto. Avevo conosciuto Marco in passato e lui fortunatamente si è fidato con quella sua tipica intermittenza del pensiero che però non si disarticola mai. È sempre lucidissimo, è un uomo preciso in tutto, con una personalità e un’energia molto forti, ma se riesci a entrare in rapporto profondo con lui ti dà sempre qualcosa in più, trovi una perla: non credo di avere mai incontrato una persona più capace di seguire le indicazioni di regia come lui. Per quanto riguarda il ruolo del coprotagonista, il giovane professore Emiliano, ho incontrato Giuseppe Maggio (che aveva già avuto meritatamente successo con la serie tv “Baby”) mentre stavo facendo dei provini e la prima impressione per me è stata che come attore era quello che mi aspettavo per età e capacità, ma come estetica era fisicamente l’opposto di quello che cercavo. Giuseppe è un ragazzo di buona famiglia, molto educato e posato, e così dopo il provino siamo andati in un bar vicino e gli ho detto che il suo provino fra tutti quelli fatti fino ad allora era stato tecnicamente il migliore ma che c’era un problema: lui era lontanissimo dal personaggio, era romano e non toscano come io e Nesi lo avevamo immaginato e poi aveva un fisico atletico da fotomodello…gli ho proposto allora di accettare di ingrassare una dozzina di chili, sfasciarsi, vestirsi come un pensionato, farsi ungere i capelli, inforcare degli occhiali da grande miope e camminare come se avesse i piedi piatti. Lui prima mi ha guardato molto seriamente poi si è illuminato con un bellissimo sorriso e mi ha detto che aspettava una proposta del genere da tutta la vita.
“In che modo ha coinvolto nel cast Isabella Ferrari?”
La sua scelta è stata una conquista, il suo ruolo era quello di una donna del passato dello scrittore che torna nella sua vita in modo dirompente dopo circa 40 anni e che ha nella storia un’importanza immensa. Con due protagonisti di quel calibro, il suo ruolo non si presentava molto ampio da un punto di vista di presenza in scena, ma Isabella da grande attrice qual è ha letto il copione, ha capito il peso specifico del personaggio, si è divertita molto e ha accettato volentieri. Inoltre ha collaborato a stilare un suo importante monologo, con me, Laura Paolucci e Nesi, mi piace far fare drammaturgia agli attori, sia prima che durante le riprese di un film.
“Ha qualche ricordo particolare del set?”
È stata una lavorazione articolata e intensa in cui ho potuto contare su una troupe meravigliosa, guidata dal direttore della fotografia Valerio Evangelista con il quale non avevo mai lavorato: grazie a questo film ho incontrato sia lui, sia la sua squadra invincibile di reparti magnifici, che vorrei davvero citare e ringraziare tutti. Abbiamo girato per otto bellissime settimane l’estate scorsa, in uno dei periodi più caldi mai vissuti, ma in posti fantastici, soprattutto la Toscana, il senese, che i nostri due eroi attraversano con un’altra vera e propria protagonista: la vecchia jeep G65 6000cc, il “cavallo” infernale con cui viaggiano in maniera fortemente anti ecologica fino a Milano. Ogni giorno di riprese ha rappresentato un impegno totale, divertente e faticoso, ma credo che la sequenza più complessa e meno prevedibile per cui abbiamo raggiunto un risultato adeguato, è stata quella ambientata alla fiera del vintage di Milano con 500 comparse, che sullo schermo risulteranno moltiplicate per sei grazie agli effetti speciali dal mio amico Luca Salviotti. Il grande tema del film è l’affezione nostalgica, la nostalgia di quando si stava meglio e la nostalgia del libro feticcio pubblicato anni prima dal protagonista. Ma come mai tutta questa attesa oggi in un mondo indifferente in cui si brucia tutto in 30 secondi? Si muove sollecitata
dall’iper modernità, dall’onda che possono mettere in moto gli influenzatori in modo quasi automatico che creano un desiderio effimero, per cui tutti aspettano il ritorno dello scrittore come se fosse un profeta.
Intervista con Marco Giallini
“Che cosa le è piaciuto di “La mia ombra è tua” e perché ha accettato di interpretarlo?”
Ho ricevuto il libro omonimo di Edoardo Nesi da lui, il film ha preso ispirazione dal produttore Domenico Procacci e ne sono stato subito colpito. Qualche tempo dopo ho apprezzato molto anche la sceneggiatura scritta dal regista Eugenio Cappuccio con Nesi e con Laura Paolucci, che ne ha rispettato lo spirito e la sostanza nonostante vari cambiamenti necessari per una versione filmata.
“Che approccio ha avuto verso il personaggio dello scrittore Vittorio Vezzosi che è stato chiamato a interpretare?”
Anche se il Vezzosi è un uomo certamente più eccessivo e più sopra le righe rispetto a me, l’ho sentito subito vicino e affine, mi sono identificato nelle
reazioni di una persona come lui che, una volta raggiunta una forte notorietà, trovandosi a incontrare un numero infinito di persone ogni giorno, si ritrova ad aver bisogno dei propri spazi e della propria autonomia. Detto questo io ovviamente ringrazio il Cielo per la mia popolarità e per l’attenzione amichevole e affettuosa di tanta gente nei miei confronti.
Come si è rapportato con Eugenio Cappuccio?
Eugenio si è presentato a casa mia con un vino eccezionale e io gli ho preparato un piatto di spaghetti che lo ha gratificato molto (perché evidentemente gli piacciono le cose belle) per spiegarmi alcuni suoi punti di vista sul copione, sul film e sul personaggio. ’ho sentito subito molto vicino e affine, tra noi è nato un amore a prima vista, all’insegna della fiducia reciproca, anche se lui esterna tutto quello che sente e pensa in modo diverso dal mio. Sul set poi l’ho ulteriormente apprezzato come persona e come artista, mi sono fidato di lui, mi sono messo completamente nelle sue mani perché ho capito che aveva le idee molto chiare su tutto, mi diceva cose precise ma lasciandomi anche libero di improvvisare, ho seguito fedelmente la sua linea, se lo meritava perché si è rivelato un regista molto abile e preparato. L’ho visto girare sequenze molto toccanti e molto divertenti adoperando la macchina da presa con i movimenti giusti e funzionali al racconto, senza nessun vuoto esercizio di stile anche nell’uso dei droni, ad esempio, nel suo costante avvicinamento alla campagna che io e il coprotagonista Giuseppe Maggio attraversiamo con la mia jeep andando verso qualcosa di più problematico dell’andamento della natura: noi umani abbiamo sempre problemi maggiori rispetto a un girasole o ad un pino.
Intervista con Giuseppe Maggio
“Come è stato coinvolto in questo film?”
È successa una cosa piuttosto infrequente nel mondo del cinema: l’incontro tra un attore e un regista che vuole parlargli di un progetto e che si dice pronto a capire insieme a lui se può essere interessante per entrambi. L’attore ero io e il regista Eugenio Cappuccio, con cui ho sostenuto un provino per valutare come la mia recitazione potesse adeguarsi al personaggio da affrontare. Era stato immaginato come un giovane toscano, voleva verificare se io fossi capace di accennare l’accento giusto per poi eventualmente darmi il tempo necessario per prepararmi meglio al ruolo. Dopo il nostro incontro molto positivo e carico di promesse io ed Eugenio abbiamo condiviso idee, suggestioni e immagini di riferimento che avrebbero potuto essermi utili per la costruzione del personaggio e così con il tempo questo film si è rivelato come il più importante della mia carriera artistica. Per la prima volta non sono stato scelto soprattutto per motivi estetici, ma solo grazie al mio coinvolgimento come interprete a tutto campo, in ogni fase, anche perché il mio aspetto fisico avrebbe dovuto essere decisamente stravolto.
“In che modo è avvenuta questa trasformazione?
Prima di iniziare a girare ho preso ben 12 chili di peso, che poi a fine riprese ho dovuto perdere in fretta perché avrei dovuto recitare presto in un altro film con il mio aspetto abituale, poi ho utilizzato un apparecchio ortodontico che serviva a condizionare molto il mio eloquio e la mia naturalezza per cui ho dovuto fronteggiare anche le difficoltà dovute a questo ulteriore “ingombro” e infine ho dovuto inforcare in scena dei grandi occhiali da vista necessari a completare l’aspetto del giovane “nerd” che ero chiamato a interpretare. Volevamo dar vita ad un lavoro complessivo organico e l’approccio è stato per me totalizzante, ho cercato di cambiare tutto nella mia vita quotidiana, ho scelto e poi comprato in un centro commerciale insieme a Cappuccio dei vestiti a basso costo che ho indossato ogni giorno per sentirmi più a mio agio, anche perché quelli abituali non mi entravano più. Per la prima volta da quando recito sono andato ogni giorno su un set in cui non mi sembrava mai di recitare ma di vivere realmente e con naturalezza le varie situazioni da affrontare e questo testimonia che l’enorme lavoro preparatorio è stato di grande aiuto per raggiungere il risultato sperato.
“Che rapporto si è creato con Eugenio Cappuccio?”
Una relazione di simbiosi totale, la nascita del personaggio di Emiliano è stata una specie di figlio che abbiamo condiviso pienamente facendo leva sulle nostre comuni creatività. Io e Marco Giallini prima di questo film non ci eravamo mai visti, ci siamo conosciuti bene solo strada facendo e una volta chiamati a recitare abbiano cercato di mantenere anche nella vita le dinamiche dei nostri personaggi, ma senza darlo troppo a vedere. Marco è molto generoso, anche se imprevedibile e se si riesce a imparare il suo “linguaggio” si può creare in scena qualcosa di unico e incredibile: se un attore riesce a stare al passo con lui e con il suo istrionismo e a seguirlo divertendosi possono crearsi situazioni molto interessanti.
“Ricorda qualche momento della lavorazione in modo particolare?”
Sono state molto divertenti da girare le diverse sequenze che riguardavano il viaggio dei due protagonisti in macchina, una vecchia jeep che Marco ha potuto guidare direttamente dal vero impazzendo di gioia: quando era al volante era entusiasta e si divertiva come un bambino.
Intervista con Isabella Ferrari
“Come è stata coinvolta in “La mia ombra è tua”?”
Quando tre cari amici come Eugenio Cappuccio, Domenico Procacci e Marco Giallini mi hanno chiesto di recitare in un film che li avrebbe coinvolti rispettivamente come regista, produttore e protagonista non potevo restare indifferente. Non conoscevo il libro di Edoardo Nesi da cui era stata tratta la sceneggiatura ma poi, dopo aver letto il copione, l’ho apprezzato conservando in un primo tempo solo qualche perplessità forse perché il ruolo non sarebbe stato da protagonista. Ho capito invece che c’erano elementi del personaggio che mi toccavano e mi coinvolgevano molto, questa donna sarebbe stata molto importante nel corso del racconto perché avrebbe rappresentato un simbolo.
“Cosa ha pensato dopo aver visto il film finito?”
Penso di essservi stata coinvolta perchè faccio un po’ parte della cultura e del mood degli anni’ 80 e che il suo messaggio, se c’è, sia da cercare nel fatto che nonostante il momento particolare che tutti viviamo la voglia di costruire, di riunirsi, di rivedersi evoca questo sentimento. Vezzosi esce finalmente dal suo bozzolo di autore che ha paura del successo ottenuto e Milena esce dal bozzolo di un altro suo rapporto recentemente finito, c’è un amore che si ricompone e un giovane ragazzo che va verso la vita senza paura.
“Che rapporto si è creato sul set con Marco Giallini?”
È il terzo film che abbiamo girato insieme dopo “Amatemi” di Renato De Maria e “E’ per il tuo bene” di Rolando Ravello, mi succede sempre di non potere e sapere resistere alla sua vulcanica estroversione. Gli voglio un gran bene, mi fa molto ridere, quando sono con lui mi dimentico di tutto, delle ore passate in roulotte per il trucco, della stanchezza, dei 46 gradi percepiti nel caldo torrido della scorsa estate in cui abbiamo girato. E così poi quando ci troviamo ad incarnare due personaggi come quelli di questo film finiamo comunque con il voler loro un gran bene perchè in fondo tutte quelle loro caratteristiche appartengono anche a noi e finiamo comunque con il voler loro un gran bene.
“Come si è trovata con Eugenio Cappuccio?”
Cappuccio è un amico da quando ero molto giovane, non lo vedevo da anni e nei suoi occhi ho rivisto la mia gioventù, allo stesso modo di quanto è accaduto con Domenico Procacci con cui invece negli ultimi anni ho lavorato spesso. Eugenio segue molto gli attori e la recitazione, è un grande ammiratore di certe commedie del passato di Scola o di Risi e io ho sentito nel suo modo di dirigere un po’ quel modo di vedere le cose, credo che abbia girato un tipo di commedia di costume che può somigliare a quelle di una volta per cui c’ è una grande nostalgia.
La mia ombra è tua – La colonna sonora
- Le musiche originali del film sono del compositore Vincenzo Lucarelli (Ciro e Priscilla) alla sua seconda collaborazione con il regista Eugenio Cappuccio dopo aver musicato il documentario “Fellini Fine Mai”.
- La colonna sonora include i brani: Gimme All Your Lovin’ di ZZ Top / Rebel Yell di Billy Idol / On the road again di Canned Heat / Shake Your Bones di Montecristo / Whiskey Sippin’ Music di Justin Johnson / Everything and Its Opposite di Quarry.