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La morte corre sul fiume: di nuovo al cinema in versione restaurata

Recensione, trailer e curiosità del cult di Charles Laughton, restaurato con il suo noir atipico e inquietante, il male raccontato dal bene e il cattivo di Robert Mitchum

di cuttv
pubblicato 6 Novembre 2016 aggiornato 30 Luglio 2020 04:31

«Guardatevi dai falsi profeti, che vengono a voi in veste di pecore, ma dentro son lupi rapaci»

Il passo della Bibbia, recitato sotto il cielo stellato dell’America depressa degli anni ’30, da una star del cinema muto come Lilian Gish, introduce la favola nera che nel corso del tempo ha guadagnato la merita fama di cult movie con La morte corre sul fiume (The Night of the Hunter, 1955).

Un noir fiabesco e inquietante, a dir poco cupo e atipico che ha segnato la memorabile prima e ultima regia di un attore istrionico da Oscar come Charles Laughton, con un monito per gli adulti, messi davanti alla caccia di un vero orco dagli occhi di due bambini, insieme ad un ritratto della folla puritana, ceca pronta a trasformare la delusione in odio feroce, in parte responsabile dell’insuccesso commerciale del film in epoca maccartista e della fine della carriera da regista di Laughton.

L’opera tanto unica quanto rara, si è rivelata però uno di quei capolavori che maturano nel tempo, pronta a tornare sul grande schermo in versione restaurata, insieme alla personalissima sintesi delle due facce della stesa medaglia, messa in scena con la lotta implacabile di antitesi come realtà e finzione, orrore e meraviglioso, giustizia umana e divina, bene e male, luce e ombra, che la splendida fotografia in bianco e nero di Stanley Cortez, già candidato all’Oscar per L’orgoglio degli Amberson di Orson Welles, sprofonda nell’anima nera degli uomini.

Quel “love” & “hate” che convive nell’ambiguità della natura umana, come nella battaglia che il falso profeta ‘reverendo’ Harry Powell inscena con le mani tatuate per irretire la sua complice platea, consegnando ai posteri il ritratto indimenticabile di un assassino psicopatico e a Robert Mitchum, che lo interpreta con lucida follia e ferocia, forse il ruolo più interessante della sua lunga carriera.

La narrazione, costantemente in bilico tra thriller e favola, scritta dal futuro Premio Pulitzer James Agee, partendo dal romanzo omonimo di David Grubb, segue la fuga di due bambini lungo il corso del fiume Ohio della Virginia occidentale, dove il loro padre, Ben Harper (Peter Graves), è condannato a morte per aver preso parte ad una rapina che ha provocato l’uccisione di due uomini.

Un padre disperato che prima di essere catturato riesce a nascondere i 10.000 dollari di bottino, rivelandone il nascondiglio ai soli figli, John (Bil­ly Chapin) e Pearl (Sal­ly Ja­ne Bruce), di dieci e cinque anni, caricandoli della responsabilità fisica e psicologica di mantenere i segreto e le sue conseguenze, con tutti.

In attesa di essere impiccato, con una citazione della Bibbia mormorata nel sonno (“e un bambino li condurrà“), Harper finisce per rivelare al suo compagno di cella, più di quanto aveva taciuto ai ripetuti tentativi di estorcere il nascondiglio del bottino, avanzati dal sedicente predicatore evangelico arrestato per furto, celando la sua natura di esperto seduttore di peccatrici e assassino di diverse donne, derubate e punite per conto di un Dio sanguinario e vendicativo, creato a sua immagine e somiglianza, per soddisfare la sete di denaro e l’impotenza sessuale, servendosi di un ‘fallico’ pugnale.

«Chi sarà la prossima Signore? Un’altra vedova? Quante sono state finora? sei? o dodici? Quante vedovelle con un bel gruzzolo nella tasca.»

Il carismatico imbonitore di folle, che lascia convivere Amore e Odio anche sulle nocche tatuate delle mani, tornato presto in libertà con il proposito di impadronirsi del bottino, non impiega molto a raggiungere il paesino di Cresap’e Landing e sedurre i suoi abitanti.

Tra questi anche la vedova Willa Harper (Shelley Winters) che sposa per indurre i bambini indifesi a rivelargli il nascondiglio del denaro, alternando sottili intimidazioni a lusinghe, all’ombra della sua aura da ‘uomo nero’ che divora subito quella del piccolo John.

Con il cappello da predicatore, una smorfia marmorea, il lieve movimento delle palpebre e l’inconfondibile cadenza della voce che lo hanno reso una sorta di mito, il seducente predicatore di Mitchum si sbarazza presto della nuova consorte, consumando l’amplesso omicida nel letto di nozze.

L’omicida che protegge il volto dalla luce con il palmo sinistro della mano dell’odio, con un enfasi che ricorda il Nosferatu di Murnau, risemantizza l’immaginario espressionista che accompagna inquadrature sghembe come le pareti della camera da letto dei nuovi sposi e atmosfere artificiose che fluttuano insieme al cadavere sommerso di Willa, spinte al limite dell’onirico.

Lo stesso vale per gli interventi musicali che danno ritmo alla parabola del male raccontato dal be­ne, con struggenti ninna-nanna, le cantilene ip­no­ti­che cantate dai diversi personaggi e i richiami di Powell, minacciosi quanto il fischiettio di Piter Lorre in M – Il mostro di Dusseldorf di Fritz Lang (1931).

«Bambiniii…!»

Con la barchetta riparata dal vecchio, gracile e ubriaco zio Birdie (James Gleason), i bambini iniziano la fuga lungo il fiume preso in prestito dal titolo italiano del film, accompagnati da rane, conigli e gufi notturni, fino a trovare rifugio tra le braccia materne della vecchia e saggia Rachel Cooper di Lilian Gish, capace di guardare oltre le apparenze, tenere testa a Powell e ben saldo un fucile, al punto da rivelare al mondo intero la sua vera identità, lasciandolo nelle mani della legge e della folla furiosa, mentre il piccolo John riaf­fer­ma la pu­rez­za dell’in­fan­zia in­con­ci­lia­bi­le con il mon­do adul­to e la vittoria del bene sul male, almeno per ora.

Un film troppo ardito per gli anni 50 e i canoni del thriller classico, con la sua ambientazione rurale degli stati assolati del sud, anche se girata quasi tutta in notturna con la complicità del bianco e nero, con l’irrealismo, le atmosfere fiabesche e la critica esplicita ai pericoli del puritanesimo.

Forse per questo più apprezzabile oggi di ieri, come anticipato da Francois Truffaut all’epoca. Come potrete constatare rivedendolo sul grande schermo, dopo un sessantennio, con la rassegna Il Cinema Ritrovato al cinema che proietta nelle sale di tutta Italia classici restaurati in prima visione.

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La morte corre sul fiume (The Night of the Hunter, USA/1955) Regia: Charles Laughton. Soggetto: dall’omonimo romanzo di Davis Grubb. Sceneggiatura: James Agee, Charles Laughton. Fotografia: Stanley Cortez. Montaggio: Robert Golden. Scenografia: Hilyard M. Brown. Musica: Walter Schumann. Interpreti: Robert Mitchum (Harry Powell), Shelley Winters (Willa Harper), Lillian Gish (Rachel Cooper), Peter Graves (Ben Harper), Billy Chapin (John Harper), Sally Jane Bruce (Pearl Harper), Evelyn Varden (Icey Spoon). Produzione: Paul Gregory Productions. Durata: 93′. Di nuovo al cinema dal 7 novembre 2016.

«Vi sento sussurrare. So benissimo che siete lì. Sento che sto per diventare veramente cattivo. Ho perso la pazienza, bambini, e ora vengo a tirarvi fuori.» Harry Powell/Robert Mitchum

La morte corre sul fiume: Curiosità

Il film è tratto dal romanzo omonimo The Night of the Hunter di Davis Grubb e si svolge nella Virginia Occidentale degli anni trenta, lungo il fiume Ohio.

La morte corre sul fiume (The Night of the Hunter) è la prima e unica regia di Charles Laughton.

La figura del Predicatore si ispira al serial killer americano (di origini olandesi) Harry Powers, al secolo Herman Drenth.

Charles Laughton offrì inizialmente il ruolo di Harry Powell a Gary Cooper. L’attore rifiutò l’offerta poiché ritenne la parte potenzialmente dannosa per la sua carriera.

Robert Mitchum era molto ansioso per la parte del predicatore. Durante il provino, un momento che colpì particolarmente Charles Laughton fu quando il regista descrisse il personaggio come “una merda diabolica” e Mitchum prontamente rispose: “Presente!”

«Chi sarà la prossima, Signore? Un’altra vedova? Quante sono state, sei… o dodici? Non ricordo bene… Ho fiducia in te, Signore: tu non mi abbandoni, non mi fai mancare i mezzi per continuare la mia missione… Quante vedovelle con un bel gruzzolo nascosto nella calza… Ah, Signore, sono stanco: alle volte ho paura che tu non mi capisca. Non ti importa se uccido, vero? La Bibbia è piena di uccisioni, ma ci sono cose che tu odi, Signore: la corruzione, la lascivia, la gente profumata che s’inebria nel peccato…» Harry Powell/Robert Mitchum

Data la poca simpatia che in generale Laughton nutriva per i bambini, la maggior parte delle scene con i piccoli Billy Chapin (John) e Sally Jane Bruce (Pearl) furono co-dirette da Mitchum.

Il film è stato girato in poco più di un mese, dal 15 agosto 1954 al 07 ottobre 1954, in USA, con la fotografia in bianco e nero di Stanley Cortez al servizio dell’originale stile del regista, influenzato nell’attenzione maniacale per la posizione delle luci dal cinema espressionista tedesco e dal cinema scandinavo, ma anche dallo stile di David Wark Griffith.

Il cielo stellato accoglie i titoli di testa e l’incipit musicale di “The Night Of The Hunter”, levando dal buio un coro di voci bianche che recitano:
«Dream, little one, dream / Though the hunter in the night / Fills your childish heart with fright / Fear is only a dream / So dream, little one, dream».

La sequenza panoramica che mostra il Predicatore a cavallo è stata girata in falsa prospettiva: in realtà si tratta di un nano a cavallo di un pony.

Robert Mitchum, sette anni dopo aver interpretato il superbo ruolo di Harry Powell ne La morte corre sul fiume, vestirà i panni di un personaggio analogo con l’ex-detenuto sadico Max Cady de Il promontorio della paura (Cape Fear, 1962) di J. Lee Thompson, al fianco di Gregory Peck.

L’atto d’accusa contro il fanatismo nella religione cristiana e i falsi profeti, con chiaro riferimento al sud degli Stati Uniti, influì sul mancato successo del film appena uscito, anche se con il tempo le cose cambiarono.

Laughton, a causa dell’insuccesso commerciale dell’opera, non poté realizzare la sua trasposizione de “Il nudo e il morto” di Norman Mailer, realizzata da Raoul Walsh nel 1958.

Qualche anno dopo Robert Mitchum affermò di rispettare Charles Laughton come regista e indicò “La morte corre sul fiume” il miglior film al quale prese parte come attore.

Il film prodotto da Paul Gregory Production con United Astists è stato distribuito in sala per la prima volta il 29 settembre 1955.

Nel 1992 il film è stato scelto per la conservazione nel National Film Registry della Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti.

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Neil Jordan cita apertamente il film nel suo “In compagnia dei lupi” (1984).

La canzone che canta la bambina nella famosa scena della barca, è citata testualmente nell’album Dies Irae della band progressive italo-slovena Devil Doll.

Le vicende del film sono raccontate, sepur in modo sommario dal testo della canzone Night Of The Hunter, dell album ‘This Is War’ dei Thirty Seconds to Mars.