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La sala professori: le clip ufficiali in italiano del film candidato agli Oscar 2024 (Al cinema dal 29 febbraio)

Al cinema con Lucky Red il pluripremiato dramma del regista İlker Çatak candidato al Premio Oscar come miglior film internazionale.

pubblicato 27 Febbraio 2024 aggiornato 27 Febbraio 2024 22:40

Dopo l’anteprima nella sezione Panorama del Festival di Berlino, dove ha ottenuto il premio come Miglior film per la giuria C.I.C.A.E., il Premio Europa Cinema Label e la candidatura al Premio Oscar come miglior film internazionale, dal 29 febbraio nei cinema italiani con Lucky Red La sala professori, quarto lungometraggio per il regista İlker Çatak.

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Protagonista assoluta Leonie Benesch (Il Nastro Bianco, The Crown) nei panni di un’insegnante di scuola media al primo incarico alle prese con il mistero di una serie di furti e la necessità di trovare il colpevole. Lo spazio scolastico come un campo di battaglia, specchio della società, in cui ad ogni azione corrisponde una reazione, con ripercussioni sulle vite di tutti coloro che lo abitano. Un film ricco di tensione che mette a nudo le pecche di un sistema scolastico rigidamente retto sul rispetto della forma, in cui ci si interroga sul prezzo della verità e dell’onestà e in cui la cattiva informazione e il pregiudizio giocano un ruolo di primo piano.

Ricordiamo che il film è stato designato Film della Critica dal Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani – SNCCI con la seguente motivazione:

Nel microcosmo di una scuola tedesca “a tolleranza zero”, Çatak mostra come la democrazia, nell’illusorio tentativo di risolvere un banale caso, finisca con lo stravolgere privacy, libertà, dignità delle persone e, soprattutto, la ricerca della verità. Lo sguardo accusatorio di una webcam finisce col destabilizzare una situazione sotterraneamente già nervosa, mettendo in crisi indagini e relazioni, dove tutti, insegnanti, studenti e genitori, escono sconfitti.

La sala professori – Trama e cast

Ciò che accade in sala professori rimane in sala professori…

Carla Nowak (Leonie Benesch) è una giovane e promettente insegnante al suo primo incarico. Tutto sembra andare bene, fino a quando una serie di piccoli furti all’interno della scuola mette in subbuglio l’istituto. Quando i sospetti cadono su uno dei suoi studenti, Carla decide di andare di indagare personalmente, scatenando una serie inarrestabile di reazioni a catena.

La sala professori – Le clip in italiano

Note di produzione

La prosecuzione di una partnership creativa di successo

Con La sala professori, il regista İlker Çatak è al suo quarto lungometraggio, il secondo realizzato con Ingo Fliess, manager della società di produzione con sede a Monaco, la If… Productions. Questa partnership creativa ha avuto inizio nel 2019 con il film molto apprezzato I Was, I Am, I Will Be, presentato al Munich Film Festival, dove è stato premiato con il New German Cinema Award sia per la sceneggiatura che per l’interpretazione di Ogulcan Arman Uslu. Al successo riscosso al festival di Monaco hanno fatto seguito inviti e premi in altri festival, per concludere in bellezza con le cinque candidature ai German Film Awards del 2020, dove I Was, I Am, I Will Be si è aggiudicato un premio Lola di bronzo nella categoria per il miglior film. Dopo questa felice esperienza condivisa, Çatak e Fliess volevano affrontare insieme una nuova avventura produttiva.

Nel suo lavoro di produttore, Ingo Fliess è preoccupato che i talenti creativi siano in grado di dar vita a qualcosa di speciale, senza rifugiarsi in schemi o ricorrere semplicemente a convenzioni. Questo richiede da un lato molto tempo, e dall’altro una grande libertà di pensiero. Da produttore Fliess si sforza di creare le condizioni che garantiscano il rispetto dei suoi parametri, l’aspetto fondamentale essendo innanzi tutto l’intesa sul progetto. “Ci si
deve poter guardare negli occhi e dire: ‘Sì, questa è l’idea sulla quale vogliamo lavorare insieme, della quale siamo convinti”, dice Fliess. Con İlker Çatak ha quindi esaminato diversi potenziali nuovi progetti. Alla fine si sono accordati su La sala professori perché il materiale del film tocca questioni importanti ed è molto attuale.

Una società sotto la lente di ingrandimento

La sceneggiatura de La sala professori è stata scritta in pochi mesi, ‘cosa inusuale’, come ammette il produttore. İlker Çatak l’ha redatta con il suo ex-compagno di scuola e partner creativo di lunga data Johannes Duncker. Perfino la prima stesura della sceneggiatura era già ‘molto potente’ agli occhi del produttore. Alcune idee, come la perquisizione degli studenti, sono basate su eventi realmente accaduti nella scuola frequentata da Çatak e Duncker.

Con il dono di Çatak per la creazione dei personaggi, la varietà, l’ambivalenza e l’accuratezza nelle descrizioni, La sala professori fa luce su un tema sempre importante: il nostro sistema educativo. “Riteniamo che la scuola per come l’abbiamo vissuta noi – e io sono tra quelli di 20 anni più grande di İlker – non fosse radicalmente diversa rispetto a quella di oggi. Anche oggi prevalgono lo stesso principio di trasferimento delle conoscenze e la stessa concezione gerarchica. È un’idea talmente insopportabile che è necessario parlarne al più presto”, afferma Ingo Fliess.

Non con un film che metta alla berlina la scuola, ma con un film che descriva le difficoltà e i limiti che devono affrontare anche gli insegnanti. Perché questi non hanno voce in capitolo sul piano formativo, non possono eliminare il sistema di valutazione, non possono definire la dimensione delle classi; perché ci sono note e relazioni che mirano al trasferimento di studenti, perché ci sono livelli di valutazione per tutto, perché esistono le materie di studio, come ricorda Fliess. ”

Chi ha escogitato tutto questo? Mettiamo in discussione questo sistema da 50 anni, ma non è stato fatto ancora niente”, continua il produttore. Queste riflessioni sono al centro de La sala professori, che è ambientato in una scuola, la quale però rappresenta agli occhi del produttore anche uno specchio della nostra società, mostrandone ‘stagnazione e decadimento’. “La scuola è come un microcosmo intrappolato in se stesso, in cui non viene intrapresa alcuna azione per il cambiamento, in cui molte chiacchiere alzano continuamente un polverone, per concludersi con risultati insoddisfacenti. Proprio come nel nostro film: tutti subiscono un danno, il ragazzo deve lasciare la scuola, anche se forse ha ottenuto una vittoria morale”.

Una riflessione critica sul nostro presente

Ingo Fliess spera che La sala professori venga apprezzato da una platea vasta. “L’esperienza della scuola è onnipresente nelle nostre vite. Siamo stati tutti studenti o siamo ancora insegnanti, e abbiamo punti di vista diversi sulla scuola”. La scuola è un momento formativo per tutti; scopri chi sei, come ti comporti, come risolvi i conflitti. “Allo stesso tempo, non è forse allettante andare a vedere un film che si intitola La sala professori, visto che molti di noi non sono mai stati in una sala professori e spesso si sono chiesti cosa succedesse lì dentro?” Ma il nuovo film di İlker Çatak non si limita a consentire di dare un’occhiata alla sala professori. “Fondamentalmente La sala professori è un film sulla nostra società inquieta. Nessuno affronta il problema alla radice, tutti si limitano a parlare di cosa bisognerebbe fare. Il film è una puntuale riflessione critica sul nostro presente.

La sala professori – Gli spot tv in italiano

Intervista a regista e protagonista

Ricordi i tempi in cui andavi a scuola?

ILKER CATAK: I miei ricordi sono in gran parte bellissimi. Sono sempre stato molto bravo a scuola. Ho fatto le scuole in Germania fino alla seconda media, poi mi sono trasferito a Istanbul con i miei genitori. I miei anni di scuola sono stati molto formativi, cosa che incide sulla crescita, sugli anni dell’adolescenza. Mi sono confrontato con un sistema scolastico completamente diverso. Vestivamo uniformi, abbiamo imparato a farci il nodo alla cravatta ma sentivamo anche di vivere in una specie di bozzolo come studenti di una scuola tedesca. La città era un delirio. È stato eccitante essere un teenager che si diploma a Istanbul all’inizio del nuovo millennio.

In quale misura le tue personali esperienze a scuola hanno avuto un’influenza sul tuo nuovo film? C’è stato un evento specifico che potrebbe essere descritto come il punto di partenza del progetto?

IC: C’erano due ragazzi nella nostra classe che, durante i momenti in cui erano liberi, andavano nella classe dove si faceva educazione fisica. E lì rubavano dalle giacche e dalle tasche degli studenti che stavano facendo lezione. Questa cosa è andata avanti per un pezzo. Noi tutti lo sapevamo, ma non abbiamo detto niente perché nessuno voleva passare per uno spione. Ricordo chiaramente quando un giorno – stavamo facendo lezione di fisica – tre insegnanti sono entrati e hanno detto: ‘Tutte le ragazze fuori, tutti i portafogli dei ragazzi sulla cattedra!’ Il ricordo di quell’evento mi è tornato in mente durante una delle mie vacanze con Johannes. Gli avevo raccontato di come la donna delle pulizie dei miei genitori fosse stata sorpresa a rubare. Allora Johannes mi ha raccontato di sua sorella, che è un’insegnante di matematica. C’era stato un incidente nella sua scuola perché erano stati commessi dei furti nella sala professori. Questa conversazione ci ha fatto ritornare con la mente a quando andavamo a scuola e abbiamo pensato: questa potrebbe essere una storia interessante.

Come hai condotto le tue ricerche sul funzionamento della scuola di oggi?

IC: Innanzi tutto sono andato nella mia vecchia scuola di Berlino, dove il preside, che si ricordava perfino di me, mi ha accolto a braccia aperte. In effetti avrei voluto girare lì ma la cosa non ha funzionato a causa dei finanziamenti. Questo preside ci ha aiutati nello sviluppo della sceneggiatura, proprio come la sorella di Johannes. Insomma, abbiamo avuto molte conversazioni con una buona dozzina di persone di diversi settori del sistema educativo, con insegnanti, presidi, psicologi scolastici e insegnanti di sport, i quali ci hanno spiegato cosa siano le strategie di team-building, alcune delle quali vengono mostrate nel film.

Cosa è cambiato da quando andavi a scuola tu?

IC: Quello che accadeva allora, insegnati che semplicemente entravano in classe e frugavano nelle borse, non potrebbe più accadere oggi. È stato confermato dalle nostre ricerche. Tuttavia una procedura del genere sarebbe ammessa se si provasse che l’azione è stata volontaria. Ecco il motivo per cui la proposizione subordinata: ‘Tutto questo avviene su base volontaria, ma se non avete niente da nascondere, non avete niente da temere’ viene menzionata spesso nel nostro film. Ovviamente ciò è totalmente sleale, perché questa procedura non avviene tra soggetti che si trovano allo stesso livello, ma tra insegnanti e studenti. Quello che è cambiato rispetto all’epoca in cui andavo a scuola io è, soprattutto, come si comunica. Oggi ci sono gruppi WhatsApp, genitori che si scambiano continuamente informazioni. La linea di comunicazione è molto più breve. Quando sorge un problema viene affrontato molto più rapidamente. Ho anche la sensazione che oggi i genitori mostrino maggior fiducia in loro stessi, specialmente quelli che mandano i loro figli nelle ‘scuole migliori’.

Leonie Benesch interpreta la protagonista. Perché era proprio lei quella giusta?

IC: Ricordo che abbiamo ricevuto le foto degli attori nella nostra casa nella foresta. La foto di Leonie Benesch era lì fin dal principio. Molto tempo prima avevamo chiesto di lei. Ho sempre immaginato il film con Leonie perché ammiro il suo lavoro da anni. Sebbene abbiamo fatto altri provini, per me è stato evidente fin dall’inizio: era lei la mia Carla Nowak.

Chi è Carla Nowak?

IC: Carla Nowak è esattamente come viene percepita dagli spettatori sullo schermo, quello che vedono, come interpretano quello che fa. Abbiamo deliberatamente scelto di non mostrarne la vita privata. Non mostriamo né che auto guida, né dove vive, e neanche se abbia o meno un fidanzato. Queste cose non servirebbero. All’inizio ne abbiamo discusso molto perché c’erano alcuni che sentivano il bisogno di avere più informazioni sulla protagonista. Ma io non ho mai avuto dubbi rispetto alla decisione presa. Non è rilevante se Carla Nowak abbia o meno un animale domestico o quale sia il colore delle pareti nel suo appartamento. Il carattere di una persona si rivela sempre nei momenti difficili, quelli in cui bisogna prendere delle decisioni. Quando si è sotto stress, quando bisogna affrontare dei problemi. Con questa premessa in mente, ho messo il personaggio nelle mani di Leonie. Raramente ho dovuto comunicare con un’attrice sul set così poco come mi è successo con Leonie. La sua prima proposta era sempre così buona che molto di rado sono dovuto intervenire per delle correzioni.

Quando ripensi alla tua infanzia, che ricordi hai dei tuoi insegnanti? Avevi un insegnante preferito?

LEONIE BENESCH: Durante la mia infanzia e la mia giovinezza ci siamo trasferiti spesso. Questo significa che ho dovuto spesso cambiare scuola. Però ho sempre frequentato le scuole Waldorf (che adottano il metodo steineriano) per l’intero percorso educativo. Questa forma di Insegnamento con il suo approccio idealistico e senza voti è stata per me quella giusta, sebbene oggi io abbia dei dubbi sulle scuole Waldorf. Se ripenso ai miei insegnanti preferiti mi viene in mente il professor Brückmann. Quando avevo 14 anni ci siamo trasferiti da Bielefeld a Tübingen. Il professor Brückmann insegnava storia ed etica nella locale scuola Waldorf. Era bravissimo a provocare discussioni e a facilitare le conversazioni, insegnava in modo molto anti-autoritario e gentile, ed era molto paziente. D’altro canto ricordo anche Riva Siedner, un’anziana signora franco-ebrea che insegnava francese. Era conosciuta nella nostra classe come ‘il cerbero’. Guai a te se non avevi fatto i compiti!… Però non ho mai imparato di più che come con questa donna! Quando penso agli insegnanti mi rendo conto di apprezzare l’autorità quando serve. Quando qualcuno figurativamente mi dà un buffetto, lo apprezzo, se quella persona sa quello che fa. È stato lo stesso alla scuola di recitazione. Ho capito benissimo gli insegnanti che lì ci sgridavano. Non mi piace l’autorità solo quando è ingiusta o non serve.

Qui tu stessa interpreti un’insegnante zelante e idealista. I ricordi dei tuoi giorni di scuola ti hanno aiutata a costruire il personaggio?

LB: Ho dovuto ripensare a cosa funzionasse in un’aula rumorosa, come fare per far tacere i bambini. Ha molto a che vedere con l’atteggiamento che hai, e con la pazienza. İlker aveva anche fatto molte ricerche su diversi aspetti dell’insegnamento, registrando quello che ne era emerso nella sceneggiatura, oppure me ne aveva parlato. Da tutto questo ho potuto trarre molta ispirazione. Una regola base con i bambini consiste nel prenderli sul serio e prestare loro attenzione. Nella mia interpretazione ho cercato di attenermi a questo.

Cosa distingue İlker Çatak come regista?

LB: İlker è in gamba, sa ascoltare e allo stesso tempo sa esattamente quello che vuole. È aperto ai suggerimenti, ma se questi non corrispondono a quello che aveva in mente o vanno in una direzione che non gli piace, resta fermo nella sua idea. È una combinazione eccellente. Si rende anche vulnerabile nei confronti degli attori, perché si irrita se qualcuno non è d’accordo con lui. È sempre un incontro alla pari.

“La sala professori” è un film che pone domande urgenti sul vivere insieme in una società moderna, ma si rifiuta di offrire risposte semplicistiche. L’ultima scena del film è esemplare rispetto a questo. Qual è la tua interpretazione?

LB: È un finale intelligente. È tutto quello che posso dire. Non so neanche se la segretaria sia una ladra, non so chi avesse ragione. Ma in fin dei conti ha importanza questo? Mi chiedo se nel discutere su chi abbia ragione non perdiamo di vista cosa stiamo provocando con quella discussione.

Sei orgogliosa di questo lavoro? Che significato ha nel tuo percorso professionale?

LB: Sono totalmente orgogliosa e felice di questo lavoro. Se potessi, farei immediatamente un altro film con İlker, Judith e Ingo. Idealmente mi piacerebbe girare un piccolo, bel film arthouse all’anno e un progetto più grosso per pagare l’affitto e per mantenermi. Se guardo indietro agli ultimi anni, I due migliori progetti sono stati “Around the World in 80 Days” e La sala professori. Non sono assolutamente paragonabili. Ma sono i due progetti che avrei sempre voluto fare. Questo dipende dallo spirito di collaborazione, dal comportamento delle persone coinvolte, dall’approccio nel raccontare le storie. Più faccio questo lavoro, più questi aspetti diventano importanti. Si tratta della qualità del tempo trascorso insieme durante le riprese. La sala professori ha rappresentato una delle esperienze sul set più belle che io abbia mai avuto.

La sala professori – Il trailer italiano

Leonie Benesch (Carla Nowak) – Note biografiche

Foto: Hanna Lenz

Nata ad Amburgo nel 1991, Leonie Benesch, che si è formata alla Guildhall School of Music and Drama di Londra, è una delle giovani attrici tedesche più richieste del momento. È stata scoperta per la sua interpretazione nel film premiato con la Palma d’Oro a Cannes Il nastro bianco (2009), diretto da Michael Haneke. Grazie a questo film ha ottenuto un American Young Artist Award oltre ad un New Faces Award come migliore giovane attrice.

Oltre ad essere impegnata al cinema, Leonie Benesch ha lavorato per i canali di ARD e ZDF, in film per la televisione quali “Der Club der singenden Metzger” di Uli Edel e serie poliziesche quali “Soko Köln” o “Tatort”. Leonie Benesch è diventata un volto conosciuto dal grande pubblico nel 2017: è apparsa nella prima di tre stagioni nei panni di Greta Overbeck nella coproduzione ARD-Degeto-Sky “Babylon Berlin”. Per la sua interpretazione ha ricevuto il German Acting Award.

Nel 2017 ha preso parte a due episodi della serie premiata di Netflix “The Crown”. Le sue interpretazioni più recenti comprendono quelle nel film TV in più parti “Spy City”, nella miniserie di Netflix “Time of Secrets” e nel film drammatico sull’Olocausto Persischstunden (2020) di Vadim Perelman, presentato alla Berlinale, oltre che nella serie coprodotta da Germania, Francia e Italia “Around the World in 80 Days” con David Tennant. Infine Leonie Benesch è apparsa in televisione nella serie blockbuster “Der Schwarm” tratta dal bestseller di Frank Schätzing.

İlker Çatak (Regista e sceneggiatore) – Note biografiche

Ilker Çatak (Photo by Michael Buckner/Penske Media via Getty Images)

Çatak è nato a Berlino nel 1984 e, figlio di immigrati turchi, si è trasferito all’età di dodici anni ad Istanbul, dove si è diplomato assieme al co-sceneggiatore Johannes Duncker presso la locale German School. İlker Çatak è poi rientrato in Germania e ha lavorato per quattro anni in produzioni cinematografiche tedesche e internazionali.

Già nel 2005 aveva attirato l’attenzione con i suoi primi cortometraggi, come “Als Namibia eine Stadt war…” (diretto in collaborazione con Johannes Duncker), prima di diplomarsi in regia cinematografica e televisiva nel 2009. Ha conseguito poi un master in regia alla Media School di Amburgo. In quel periodo ha realizzato, tra gli altri, i cortometraggi “Alte Schule” e “Wo wir sind”. Con quest’ultimo İlker Çatak ha vinto il concorso come miglior cortometraggio al Max Ophüls Festival nel 2014 e ha ricevuto una candidatura allo Student Academy Award.

L’anno successivo il regista ha confermato il suo talento e ha convinto le giurie con il suo film del diploma “Sadakat”. İlker Çatak non solo ha ricevuto il Max Ophüls Prize e il First Steps Award per il miglior cortometraggio – ma ha anche ottenuto il prestigioso Student Oscar in Gold per il miglior cortometraggio in lingua straniera.

Nel 2017 Çatak ha realizzato il suo primo lungometraggio, Once Upon A Time…Indianerland, un adattamento del celebre romanzo per ragazzi di Nils Mohl. A questo ha fatto seguito nel 2019 I Was, I Am, I Will Be, suo secondo lungometraggio. Ingo Fliess era incaricato della produzione. Il film è stato proiettato al Filmfest München nel 2019 dove ha meritato due premi e, all’inizio del 2020, già candidato diverse volte per il German Film Award, ha vinto il premio Lola in Bronzo nella categoria miglior film.

Nel 2021 il regista ha poi girato un adattamento del romanzo di successo di Finn-Ole Heinrich Stambul Garden e ha diretto il suo primo episodio della serie “Tatort”: per Räuberhände, così come per “Borowski und der gute Mensch”, Çatak ha collaborato con la direttrice della fotografia Judith Kaufmann.

Foto: ©ifProductions / JudithKaufmann / Das-Lehrerzimmer_©Hanna-Lenz

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