La santa che dorme: dalle Valli del Natisone al Cinéfondation di Cannes 2016
Dalle Valli del Natisone a Cannes, il corto di esordio di Laura Samani, con il Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma, nella Sélection Cinéfondation di Cannes 2016
La 69° edizione del Festival di Cannes è iniziata e con gli italiani presenti alla kermesse c’è anche la La Santa che dorme (The Sleeping Saint) di Laura Samani, tra i corti che aspirano alla Palma d’oro della 19a edizione Sélection Cinéfondation, dedicata alle scuole di cinema di tutto il mondo e assegnata da Naomi Kawase, Presidente della Giuria, alla cerimonia di premiazione ufficiale del prossimo 22 maggio.
Il corto d’esordio della giovane regista triestina, prodotto dalla CSC Production, società di produzione del Centro Sperimentale di Cinematografia, nata per realizzare e sostenere le prime opere dei suoi allievi ed ex allievi, è una sorta di favola tessuta dal tempo, le tradizioni e la duplice identità delle Valli del Natisone, nella cosiddetta Slavia Friulana montuosa, incastonata tra Cividale del Friuli e Caporetto (oggi Slovenia), dove la storia è ambientata e girata, con comparse locali e in dialetto sloveno (presentato con i sottotitoli in italiano)
La Santa che dorme, sceneggiato da Laura Samani, con Elisa Dondi e Marco Borromei, usa suggestioni e tradizioni della località friulana alla periferia del mondo, per tracciare la geografia immaginaria della storia di crescita di due ragazzine dodicenni e grandi amiche, vissuta in un piccolo paese montano durante i preparativi per la festa patronale.
Si festeggia Santa Achillea, una giovane ragazza che in tempi remoti compì un miracolo e salvò la comunità da un’invasione: chiese a Dio di farle dormire un sonno profondo simile alla morte, così da salvarsi dal nemico. Quando l’invasore attaccò il paese, tentò di bruciare la chiesa. Le fiamme lambivano la costruzione ma non la bruciavano, poiché Achillea era addormentata al suo interno. Il nemico fuggì e gli abitanti del paese si recarono al lago per lavare il corpo di Achillea, prima di darle sepoltura, poiché credevano che la ragazza fosse morta e non dormiente. La immersero nel lago e il Signore la risvegliò.
Mina (Giacomina) è sveglia e intraprendente, non vede l’ora di lasciarsi alle spalle il mondo infantile. Silene è posata, riflessiva e non è pronta per il passaggio alla vita adulta, al punto da chiedere a Santa Achillea di non farla crescere.
Quando il suo desiderio viene esaudito, Silene cade in un sonno simile alla morte, mentre il suo corpo rimane caldo e gli abitanti del paese, in preda a una suggestione mistica, decidono di portare in processione Silene al posto della statua della Santa.
Mina segue gli eventi con curiosità e attenzione, ma non riesce comunque a comprendere il mistero della santità dell’amica. La possibilità di averla persa per sempre, le fa tentare un gesto disperato. E nel farlo, nonostante il costo altissimo, conquisterà finalmente quello che ha sempre voluto: diventare grande.
La santa che dorme: Note di regia
La crescita è un continuo baratto. Ciò che perdo è più o meno di ciò che guadagno?
Giacomina si affaccia alla vita adulta e di quella vita vuole masticare tutto, con l’ignoranza gioiosa della sua età. Nel suo mondo ci sono presenze che si percepiscono, ma non si vedono, con cui si parla, ma che non rispondono, se non per segni criptati e indecifrabili.
Le krivapete, San Niccolò, Stara Baba, Dio, costituiscono una realtà parallela, compatta e omogenea, che convive in pace con quella fattuale.
Giacomina prende in parola le promesse fatte dagli adulti, non interpreta, non de-simbolizza, tutto è vero, tutto è ugualmente importante.
Ma ottenere un posto tra gli adulti comporta una scelta tra i due mondi e progressive disillusioni: Giacomina si scontrerà con la realtà fattuale, drammaticamente diversa da quella simbolica.
Dopo una ribellione iniziale all’imbroglio, una lenta comprensione poi, Giacomina finirà per accettare l’inganno. In lei avviene una trasformazione che è una separazione da sé, un uccidere la sua parte bambina per permettere a quella ancora in potenza di andare avanti, di divenire ancora.
Non sarà mai più ciò che è stata, ma nulla è morto davvero