La scuola più pazza del mondo: Recensione in Anteprima
Tanto, troppo e tutto in una volta. Ammirabile Hitoshi Takekiyo nel dar vita ad un’opera senza compromessi; nonostante ciò La scuola più pazza del mondo naviga in acque troppo agitate, finendo col naufragare
È davvero facile farsi ingannare da come appare questo progetto. Come sottolineeremo poco più avanti, La scuola più pazza del mondo ha pressoché tutte le peculiarità del film “fuori posto”. Lo è in relazione al grande schermo, così come lo diventa fuori da certi confini. Un esperimento che paga un prezzo troppo esoso, ossia quello di voler mescolare una verve vagamente stralunata ad un contesto da fiaba oscura, il tutto in salsa nipponica.
Sì perché vaga è la sua appartenenza, sebbene Hitoshi Takekiyo si riservi la legittima facoltà di rivendicare una palese assonanza a certi exploit tipicamente inclini ad una specifica sensibilità giapponese. Per il resto, il regista vira verso l’Occidente, non fosse altro perché la sua carriera l’ha portato anche da queste parti, dove è cresciuto ed ha avuto modo di maturare talune caratteristiche non proprio asiatiche.
Un ibrido imperfetto. Sono svariate le letture che è possibile affibbiare a questo coraggioso progetto di Takekiyo; il punto è che ciascuna di queste sarebbe oltremodo deliberata. Non nel senso classico, dato che ogni opera si presta grossomodo ad una o più interpretazioni. La scuola più pazza del mondo è un sogno ad occhi aperti dove c’è tanto, troppo. Un flusso di coscienza per immagini, da cui si rischia di venire travolti anziché coinvolti.
Troppe le barriere all’ingresso per la media di un pubblico diverso da quello giapponese, posto che anche come anime il film si discosta parecchio da questo genere di produzioni. L’errore, se così si può dire, è stato promuoverlo come un film sostanzialmente “per ragazzini”, laddove invece, quali che fossero le intenzioni degli autori, da noi sarebbe stato meglio puntare su una nicchia ben diversa. Certo, rimane quell’innegabile taglio infantile che, a più riprese, la fa da padrone; ma il tutto è inserito in un contesto onirico ed inquietante su cui sarebbe stato opportuno fare maggior leva.
Tre bambine restano bloccate nella scuola superiore St. Claire, risucchiate da una dimensione particolare che si innesca con la mezzanotte. L’incontro con il Signor Nudo, un esuberante e goffo modello anatomico, muterà irrimediabilmente le sorti di questa allucinante nottata. Le bimbe infatti, tanto ignare quanto adorabilmente strafottenti, sono a quel punto chiamate a superare tre prove. Sfide, è bene dirlo, di tutta prima assolutamente insormontabili. Ma la loro innocenza, mista alle loro specifiche spigolosità – nient’affatto originali ma con ogni probabilità sensate nel discorso di Takekiyo – avranno la meglio. Tutto il resto è l’essenziale, ovverosia il viaggio. Su quello è inutile soffermarsi, perché, come ogni viaggio, va per l’appunto sperimentato.
Nel suo voler gettare nel calderone così tanti elementi, però, Takekiyo perde il controllo. Ciò che ne viene fuori è un’opera sin troppo densa, scollata, pericolosamente ambiziosa. Tanto che un progetto di questo tipo si prestava decisamente di più all’ambiente televisivo, magari sotto forma di serie a puntate. A queste condizioni La scuola più pazza del mondo è per lo più una pentola che costantemente trabocca, pronta ad esplodere da un momento all’altro.
Non bastano purtroppo dei disegni particolari, delle pregevoli animazioni ed una buona computer grafica, maggior pregio e maggior difetto di un lavoro che avrebbe senz’altro meritato un esito ben più lusinghiero (e al quale infatti contiamo di riservare almeno una seconda visione alla prima occasione buona). Per il momento l’intrigante idea e, se vogliamo, anche la buona esecuzione, ci pare s’infrangano rovinosamente in quella vischiosa e a tratti repellente mescolanza che ne risulta; materia che eppure non lascia indifferenti e che con un po’ più di studio e disciplina avrebbe magari toccato i tasti giusti.
Voto di Antonio: 4,5
La scuola più pazza (Hôkago middonaitâzu, Giappone, 2012) di Hitoshi Takekiyo. Con Sakiko Uran, Haruka Tomatsu, Minako Kotobuki, Kôichi Yamadera, Hiromasa Taguchi, Yûsaku Yara, Hôchû Ôtsuka, Jûrôta Kosugi, Chafurin, Hiroshi Yanaka, Dai Matsumoto, Jolanda Granato, Serena Clerici, Gea Riva, Claudio Moneta, Riccardo Peroni, Andrea Bolognini, Gabriele Marchingiglio, Dario Oppido, Elisabetta Cesone, Mavi Felli, Pietro Ubaldi, Luca Simonetta Sandri, Raffaele Farina, Sergio Troiano, Hozumi Gôda, Shozo Iizuka, Mariya Ise, Yûki Kuroda, Hiroshi Shimozaki e Ikuko Tani. Nelle nostre sale da giovedì 27 febbraio.