La sedia della felicità: recensione in anteprima del film di Carlo Mazzacurati
Torino Film Festival 2013: Carlo Mazzacurati presenta in anteprima La sedia della felicità, a tre anni di distanza dal precedente La Passione. Il film più comico del regista, in vena di divertimento. Ma purtroppo è un mezzo disastro. In Festa Mobile.
Carlo Mazzacurati sa girare commedie. Se non siete d’accordo, potrete almeno condividere l’idea che dirige commedie in modo piuttosto personale rispetto al panorama medio italiano. Anche il precedente La Passione mi sembra sia un valido esempio: nulla di eccezionale, siamo d’accordo, ma credo portasse a casa il risultato. Per questo La sedia della felicità è ancora più deludente: perché sappiamo che Mazzacurati ha le capacità per fare qualcosa di ben più conciso, coerente e meno “buttato lì” di questo suo ultimo lavoro.
Un tesoro nascosto in una sedia; un’estetista e un tatuatore che, dandogli la caccia, si innamorano; un misterioso prete che incombe su di loro come una minaccia. Dapprima rivali, poi alleati, i tre diventano protagonisti di una rocambolesca avventura che li vedrà lanciati in un inseguimento, dai colli alla pianura, dalla laguna veneta alle cime nevose delle Dolomiti, dove in una sperduta valle vivono un orso e due fratelli.
Mazzacurati dice di essersi divertito molto a girare La sedia della felicità, che descrive come il film più comico tra quelli che ha girato nella sua carriera. Voleva ridere un po’, e preparare un’opera da lui diretta che potesse riguardare nei momenti più tristi. Siamo convinti che sia tutto vero, e di certo si vede che Mazzacurati si è divertito tantissimo a pensare e girare questa storia strampalata.
La sceneggiatura è sostanzialmente composta da molte gag e sketch, che presi singolarmente potrebbero anche risultare efficaci. Di sicuro le risate non mancano ne La sedia della felicità, dove Mazzacurati si sbizzarrisce per davvero e prova a far ridere il pubblico in ogni modo. A volte ce la fa per bene, spesso invece cade in un meccanismo che s’ingolfa e s’inceppa vistosamente, e che mette pure un po’ a disagio.
Funziona ad esempio a meraviglia Katia Ricciarelli, carcerata fumatrice in fin di vita e tipica veneta razzista che insulta la compagna di cella dalla pelle nera. Funziona invece molto meno tutta la parte finale, francamente fuori luogo col suo umorismo completamente stralunato. Pensare poi che la storia ha anche una sua circolare linearità, visto che si apre con una citazione sui diversi tipi di balene e si chiude con i diversi tipi di amori… mah.
La fotografia di Luca Bigazzi inonda di luce tutti gli esterni (soprattutto Venezia) e scurisce a più non posso gli interni e le scene notturne. Le musiche che accompagnano le gag sono da film tv: probabilmente la collocazione più adatta al film, anche se il cast sembra di “prima qualità”. Eppure son sempre gli stessi volti che girano, sempre e comunque; anche se è carina la trovata di far riunire in cammei molti attori del cinema italiano che hanno lavorato col regista e non, da Silvio Orlando a Fabrizio Bentivoglio.
Scherzando parecchio anche sul razzismo insito in terra veneta, che Mazzacurati conosce meglio di qualunque altro regista italiano affermato, il film rischia spesso di abusare dell’ironia e di sconfinare nel cattivo gusto, si veda ad esempio tutta la sezione dedicata al ristorante cinese. Poi, quando meno te l’aspetti, ti fa pensare che purtroppo potrebbe andare benissimo per un double bill con Il comandante e la cicogna, ovvero il peggior Soldini di sempre.
Voto di Gabriele: 3
La sedia della felicità (Italia 2013, commedia 94′) di Carlo Mazzacurati; con Valerio Mastandrea, Isabella Ragonese, Giuseppe Battiston, Antonio Albanese, Fabrizio Bentivoglio, Silvio Orlando, Katia Ricciarelli, Raul Cremona, Marco Marzocca, Milena Vukotic, Roberto Citran, Lucia Mascino.