La Terza Madre: lacrime di sconfitta
Dario Argento prima o poi avrebbe dovuto chiudere la trilogia delle streghe. Inutile discutere sul fatto che, viste le ultime produzioni, il regista non avrebbe dovuto rimettere mano ad un progetto così difficile, complesso e importante, perché sappiamo bene che i fan richiedevano a gran voce una pellicola sulla figura di Mater Lacrimarum. E una
Dario Argento prima o poi avrebbe dovuto chiudere la trilogia delle streghe. Inutile discutere sul fatto che, viste le ultime produzioni, il regista non avrebbe dovuto rimettere mano ad un progetto così difficile, complesso e importante, perché sappiamo bene che i fan richiedevano a gran voce una pellicola sulla figura di Mater Lacrimarum. E una promessa è una promessa: oggi, ventisette anni dopo, la trilogia si chiude. Seguo il progetto da quando è stato ufficializzato: ho cercato nel mio piccolo di informare sulle novità della produzione, grazie soprattutto ad un forum di appassionati quale è Witchstory, e ogni volta che usciva una nuova immagine, un primo teaser, ero felice come un bambino. Il 31 ottobre, comunque, ecco la sconfitta.
L’inizio di questa “libera opinione” è sicuramente calcolato, facilmente “malinconico”: ma un appassionato in questo caso cerca di mantenere una distanza, anche se vuole dire la sua verità. La Terza Madre, con pochi giri di parole, è un brutto film. Via il dente, via il dolore. E non perchè non è Suspiria, o perché non è neppure Inferno (che, col tempo, e dopo questa visione, cresce ancora di più), ma perché è un prodotto fatto male. Si faccia attenzione ad una cosa: si parte con una cattivissima base, visto che Mater Lacrimarum è la più bella delle tre, ma non la più crudele, che è la Mater Tenebrarum di Inferno. Come se Argento, purtroppo, davvero non si interessasse ad un minimo filo logico, ad un elementare discorso, come se non si rivedesse mai i suoi film; e in questo caso, davvero, ce n’era tanto bisogno.
Se poi ci aggiungiamo che, secondo alcune dichiarazioni dello stesso regista, ora che siamo nel periodo degli effetti speciali e della computer grafica lui è libero di poter smetterla di creare scenografie particolari per “occupare” lo spettatore… se è così, allora davvero non si può fare più niente per il cinema di un maestro del cinema, che sembra non avere più voglia di spaventarsi e spaventarci. E, vista la dichiarazione, allora sì che nasce spontaneo il confronto tra Suspiria/Inferno e La Terza Madre: meglio le scenografie, le luci, le inquietudini dei primi due o gli improvvisati effetti speciali del terzo, risibili e rozzi (ma non per una scelta stilistica precisa!)? La risposta è fin troppo ovvia.
Siamo cambiati noi spettatori, è cambiato l’horror, ma non è vero che Dario Argento è rimasto lo stesso, e La Terza Madre ne è la prova. Argento era (e resta) unico, un mito inarrivabile, originalissimo e da amare. Ma negli ultimi film c’è qualcosa che deve essere analizzato, ed è un discorso davvero terra a terra: sembra non saper più riuscire ad essere stilisticamente perfetto -non come in Profondo rosso o Tenebre, ad esempio, ma proprio a dimostrare di saperci fare con la m.d.p., semplicemente-, sembra non avere più un’intelligenza cinematografica che lo ha fatto distinguere da tutti gli altri registi, ma tutto il contrario. Un tempo era lui ad essere citato e copiato: oggi è lui che non riesce a liberarsi di alcuni modelli e stereotipi del cinema contemporaneo. Se ne Il cartaio era un modello para-televisivo, ne La Terza Madre è il modello americano a farlo da padrone. Tanto che in 98 minuti succede di tutto e si va spediti, si fa entrare personaggi e li si fa fuori subito, non ci sono silenzi, si corre come pazzi, si prende tutto al chilo e lo si butta nel calderone (compreso il fantasma/Nicolodi: una coltellata alla testa dello spettatore). Ma non si sa ben ammaestrare il tutto.
Là dove in Suspiria dominavano il buio e i colori, una angosciante e studiatissima colonna sonora da brivido, le ambientazioni e quei silenzi, oggi domina il caos. Un passo in avanti? Non mi sembra proprio. Questo Argento è quello che avrebbe dovuto essere ad inizio carriera, al massimo, vista la scarsezza del tutto: e invece già ad inizio carriera il regista ti regala L’uccello dalle piume di cristallo, che è un quasi-capolavoro. La Terza Madre non sembra il film di uno che ha lasciato un segno indelebile nella storia del cinema e che aveva una tecnica e una capacità comunicativa uniche. Se poi, ad esempio, le streghe di tutto il mondo si riuniscono a Roma per festeggiare un’inquietante seconda epoca, e per “festeggiare” si intende alla lettera il termine (ossia far caciara e far ubriacare le streghe-punk), lo spettatore se la ride, ma l’appassionato piange. E anche Roma sotto l’effetto di una simil-Apocalisse è dilettantesca.
Passino ormai la sceneggiatura (Argento, lo sappiamo, non è mai stato mago nei dialoghi, ma nell’ultimo periodo non si può far finta di nulla), il doppiaggio e la recitazione, ma mancano la paura, lo sguardo ossessivo e crudele del regista e manca un’ironia che riesca a diluire la pochezza assoluta di certe trovate. Vanno bene il gore, i salti sulla sedia (due al massimo), il lavoro di Stivaletti (che però poteva essere sfruttato meglio, tant’è che si notano palesemente in alcune scene i suoi lavori artigianali), la colonna sonora di Simonetti (dopotutto non malvagia): ma si dimentica tutto subito. Ed è grave, gravissimo. Come gravissimo è quell’inaccettabile finale, grossolano, inutile, ridicolo. E l’effetto catartico? Non c’è, visto che nel corso di tutta la pellicola lo spettatore non può aver accumulato nulla dentro di sè, se non rabbia o tristezza. All’attivo un paio di citazioni per far felici i fan (Susy Benner e Varelli), alcune autocitazioni, e un piano sequenza comunque interessante. E la scimmietta, alla fine, è una delle trovate più simpatiche della pellicola. Qualche fotogramma svela ancora un Argento prima maniera. Ma, appunto, sono fotogrammi, una manciata di secondi. E’ anche vero che forse ci si attende davvero troppo un ritorno di “quel” Dario Argento; ma anche un nuovo Argento più secco ma senza le sue ultime lacune sarebbe stato gradito. Il sottoscritto è deluso, forse arrabbiato, un po’ triste e sicuramente sconfitto.