La vendetta di un uomo tranquillo, intervista al regista Raúl Arévalo
Attore visto in film come Ballata dell’odio e dell’amore, Gli amanti passeggeri e La Isla Minima, Raúl Arévalo ha trionfato ai Goya 2017 con La vendetta di un uomo tranquillo, sua opera prima dal 30 marzo in sala.
Un avvincente thriller tutto centrato sul sapore della vendetta, quello sceneggiato e diretto da Arévalo, quest’oggi a Roma per presentare la pellicola, pronta ad uscire in sala il 30 marzo prossimo con Bim Distribuzione. Una violenza cruda e asciutta quella messa in scena dal regista, ispiratosi a diversi autori tra i quali il nostro Garrone. Partendo da Cane di Paglia di Sam Peckinpah.
[quote layout=”big”]’Sì, diciamo che per alcuni aspetti Cane di Paglia lo ricorda, anche esteticamente. Ma le ispirazioni sono state molteplici, come il francese Jacques Audiard, i belgi Dardenne, Carlos Saura e l’italiano Matteo Garrone’. [/quote]
L’uomo tranquillo del titolo italiano, lo straordinario Antonio de la Torre, riesce a mascherare quest’odio che da anni lo consuma, dando così all’intero impianto una forza ancor più straniante.
[quote layout=”big”]’Gli attori sono amici miei, cosa di non poco conto. Io sono attore e questo mi ha aiutato nella realizzazione del film. Gli sguardi e i volti erano fondamentali, avevo bisogno di attori che avessero un volto normale, da vicino di casa, e anche di una certa età. Aspetto, quest’ultimo, che ha creato difficoltà produttive perché tutti i produttori volevano attori giovani e belli, che bucassero lo schermo. Ma non poteva andare così. Ho difeso il mio casting, volevo un volto che potesse e sapesse esprimersi nel silenzio, proprio come i volti di registi come i Dardenne e lo stesso Garrone, con Gomorra’. Avevo bisogno di attori che sapessero portarsi sulle spalle il peso della vita’. ‘Non ho mai pensato all’ipotesi di recitare in prima persona, nel film. Non mi attirava l’idea, non avrei neanche saputo come riuscirci. Non so come facciano gli attori che si dirigono. A me piace stare dietro la macchina da presa e dire agli altri cosa fare. Come attore mi piace essere diretto, comandato, so obbedire agli ordini, ma come regista voglio che siano gli altri a fare quel che dico loro. Visto che nella vita reale non riesco ad impormi, almeno posso farlo dietro la macchina da presa’.
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Dopo 10 anni da attore, come detto, Raúl Arévalo ha deciso di esordire come regista dirigendo una sua stessa sceneggiatura (scritta insieme a David Pulido). Ma come e dove è nata, l’idea de La vendetta di un uomo tranquillo.
[quote layout=”big”]’Già da bambino volevo fare il regista, ancor prima di fare l’attore. Ogni lavoro che ho fatto è stato per me una scuola di regia, per imparare. Poi 8 anni fa è venuta fuori questa storia, nata da una conversazione rubata nel bar di mio padre. Perché mio padre aveva un bar simile a quello del film. In questa conversazione stavano commentando una notizia al tg: un uomo confessò che dinanzi ad una storia simile lui avrebbe preso un fucile e avrebbe ammazzato tutti. L’idea di una vendetta è trita e ritrita, ma volevo raccontarla in modo crudo e realista. Cercare di capire cosa significhi portare a compimento un sentimento di odio nei confronti di chi ci ha fatto del male’. ‘Non a caso ho ambientato il film in luoghi e posti in cui sono cresciuto. Questo perché difendo il cinema dell’identità, il cinema che si conosce’.
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Immeritatamente fatto fuori dalla corsa agli Oscar da Julieta, film con cui la Spagna si era presentata all’Academy, La vendetta di un uomo tranquillo ha poi stracciato il titolo di Pedro Almodovar ai Goya. Nessuna ‘rivalità’ tra i due, però, bensì tantissima ammirazione.
[quote layout=”big”]’Ho appreso da tutti i registi con cui ho lavorato, nel bene e nel male, Almodovar in testa. Pedro è inimitabile. Gli voglio molto bene, gli devo molto e mi ha seguito anche con le riprese di questo film. Il suo è un linguaggio personale, impossibile da imitare’.[/quote]
Impossibile non pensare ad un possibile remake hollywoodiano, de La vendetta di un uomo tranquillo, con alcuni produttori che si sono non a caso interessati all’opera prima di Arévalo.
[quote layout=”big”]’Quando siamo andati al Festival di Toronto alcune persone hanno dimostrato interesse. So che la produttrice è entrata in contatto con un paio di persone. Però sul piano personale questa storia dei remake mi suscita un po’ di stranezza, d’altronde gli americani hanno tutti i soldi a disposizione per acquistare tutti i diritti che vogliono. Certo, preferirei che si vedesse il mio film negli altri Paesi, rispetto ad un remake, ma sarebbe divertente vedere un attore americano in un simile ruolo. Però se proprio dovessero fare un remake, credo che avrebbe maggior senso rifarlo in America Latina o in Italia’. [/quote]
Un’emozione travolgente, quella dei 4 Goya vinti da Arévalo ad inizio 2017, anche perché arrivati in categorie pregne di registi di primissimo livello.
[quote layout=”big”]’Il mio sogno era finire il mio film dopo 8 anni d’attesa. Già quello, onestamente, mi era bastato. Poi vincere anche un Goya come miglior film, sceneggiatore e regista è andato oltre ogni le più rosee aspettative. E’ stato un po’ come se una squadra di Serie B vincesse la Champions League. I miei sfidanti erano Rodrigo Sorogoyen, Bayona, Almodovar e Alberto Rodríguez. Registi di serie A, è stata una sorpresa talmente grande che devo ancora elaborarla. Ha vinto un piccolo film, rispetto agli altri grandi titoli, e questi Goya ci hanno dato la possibilità di girare l’Europa. Ora il film non uscirà solo in Italia ma anche in Francia’.[/quote]
Un trionfo che non obbligherà Raúl Arévalo a dover aspettare altri 8 anni per l’opera seconda. Il neo-regista, infatti, è già al lavoro…
[quote layout=”big”]’Ci sto lavorando da circa un mese, l’idea c’è, non posso dirvi molto ma non sarà un thriller ne’ una commedia. Sarà un dramma’.[/quote]