La vita è una danza: nuova clip in italiano e anticipazioni del film di Cédric Klapisch al cinema dal 6 ottobre
Tutto quello che c’è da sapere su “La vita è una danza”, il film del regista Cédric Klapisch con la ballerina Marion Barbeau al cinema dal 6 ottobre.
Dal 6 ottobre nei cinema italiani con Adler Entertainment La vita è una danza (En corps) di Cédric Klapisch, il regista de “L’appartamento spagnolo” e della serie Netflix “Chiami il mio agente!” torna sul grande schermo con una gioiosa commedia francese che insegna il valore della rinascita anche di fronte alle sfide più ardue, rivolgendo sempre lo sguardo verso il lato più luminoso della vita e abbracciando nuove opportunità. Protagonista del film la prima ballerina dell’Opéra di Parigi Marion Barbeau nei panni di una promettente ballerina di danza classica la cui vita viene stravolta dal tradimento del suo fidanzato e da un infortunio subito, due incidenti di percorso che diventeranno una opportunità per la donna e l’artista dei combattere e vincere contro un destino avverso.
Trama e cast
La trama ufficiale: Elise (Marion Barbeau) è una promettente ballerina di danza classica che vive a Parigi assieme al fidanzato. La sua vita perfetta viene però sconvolta il giorno in cui scopre che il ragazzo la tradisce e rimedia un brutto infortunio in scena. Il cammino per la guarigione fisica ed emotiva la porta fino in Bretagna, dove il calore dei suoi amici e un nuovo amore la mettono davanti alla possibilità di una rinascita. Armata di tenacia e determinazione, Elise non si lascerà sfuggire l’opportunità.
Il cast di “La vita è una danza” include anche Hofesh Shechter, Denis Podalydès, Muriel Robin, Pio Marmaï, François Civil, Souheila Yacoub, Mehdi Baki, Alexia Giordano, Marion Gautier de Charnacé, Robinson Cassarino, Marilou Aussilloux, Mathilde Warnier, Florence Clerc, Louis Lancien, Agathe Berman, Zinedine Soualem, Damien Chapelle, Germain Louvet, Daria Tombroff, Fanny Sage, Kevin Garnichat, Léo Walk, Stéphane Debac, Léonie Lojkine, Pierre-Benoît Talbourdet, Mourad Frarema, Amelie Fonlupt, Olivier Broche, Alain Guillo e Jade Phan-Gia.
La vita è una danza – trailer e video
Prima clip in italiano pubblicata il 6 ottobre 2022
Curiosità
- Il regista Cédric Klapisch ha diretto anche L’appartamento spagnolo, Autoreverse, Bambole Russe, Parigi, Rompicapo a New York e Ritorno in Borgogna.
- Cédric Klapisch inizialmente voleva scrivere la sceneggiatura da solo durante il lockdown, ma ha inventato una storia troppo densa e complessa. Così ha chiamato il suo frequente collaboratore Santiago Amigorena (Ritorno in Borgogna, Alcuni giorni in settembre) anche se con riluttanza, poiché non sapeva molto di danza. Tuttavia, questa sua estraneità all’argomento ha finito per funzionare molto bene, poiché in particolare ha reso il personaggio principale, Élise, un’orfana di madre, e ha aggiunto l’idea di Élise che lavora in una residenza per artisti.
- Marion Barbeau, prima ballerina dell’Opéra di Parigi, fa con La vita è una danza il suo debutto come attrice.
- Hofesh Shechter, ballerino, coreografo e compositore nel film interpreta se stesso. La maggior parte della musica proviene dal suo spettacolo “Political Mother: The Choregrapher’s Cut (2011)”, e la coreografia su cui lavorano i ballerini durante il film deriva da quello spettacolo.
- La sequenza di apertura dura 15 minuti e praticamente non ha dialoghi.
- Il regista Cédric Klapisch ha incontrato l’attore François Civil per caso durante una vacanza. Il taglio di capelli di Civil gli ha dato l’idea per un fisioterapista new age, ispirato al personaggio di Brad Pitt in Burn After Reading – A prova di spia (2008).
- Il regista Cédric Klapisch è da tempo appassionato di danza. Nel 2010 ha diretto un documentario su Aurélie Dupont, ballerina star del Balletto dell’Opera di Parigi, intitolato Aurélie Dupont danse l’espace d’un instant (2010). Ha poi provato a fare un film con lei, ma il progetto è fallito. Ha continuato a dirigere la registrazione di spettacoli di danza, come Quatre chorégraphes d’aujourd’hui à l’Opéra de Paris: Thierrée/Shechter/Pérez/Pite (2018), dove ha incontrato Hofesh Shechter. Durante il lockdown della primavera 2020, ha diretto un cortometraggio, intitolato “Dire merci”, un montaggio di 7 minuti di immagini che i ballerini hanno registrato a casa. Quando è diventato virale, il suo produttore Bruno Levy lo ha esortato ad accettare questo progetto.
- Il regista Cédric Klapisch parla del film: Non condivido quel lato oscuro e doloroso che spesso associamo al mondo della danza. Per molte persone, infatti, la danza classica è associata all’idea di sofferenza. C’è ovviamente del vero in questo: i corpi dei ballerini soffrono come quelli dei grandi atleti. Non nego i sacrifici che richiede. Ma ho preferito focalizzarmi più sull’idea della passione che del sacrificio. Non si può essere ballerini senza essere focalizzati sulla vita, perché ballare è soprattutto uno dei piaceri della vita. La storia del film si basa su un’idea di ricostruzione e rinascita, con il desiderio che ci sia bisogno di andare verso qualcosa di positivo e solare, qualunque siano gli sforzi per raggiungerlo. Potrei dire prevedibilmente che è un film sulla vita, – conclude – un film sul piacere profondo di chi balla e che nutre questo desiderio di elevarsi, di superarsi.
- La protagonista Marion Barbeau parla dl suo personaggio: Élise ha le caratteristiche tipiche di una ballerina. È una combattente, una persona fortissima che si è costruita una corazza intorno dopo la morte della madre. Ma il suo infortunio le insegnerà anche a domare le sue debolezze e a convivere con le sue fragilità. Questo è ciò che ho amato di più nella sceneggiatura: il fatto che Élise non si senta mai dispiaciuta per se stessa, nonostante quello che le succede.
Chi è Marion Barbeau?
Marion Barbeau è una ballerina e attrice francese nata nel 1991. Dal 2002 al 2008, Marion ha studiato danza presso la Scuola di danza dell’Opéra di Parigi prima di entrare a far parte del Balletto dell’Opéra di Parigi nell’agosto 2008. Ha scalato i ranghi del corpo di ballo ed è diventata prima ballerina nel 2018 dopo il concorso annuale di promozione. Nel Balletto dell’Opera ha danzato ruoli da solista nei grandi balletti classici e neoclassici del repertorio della compagnia (tra cui opere di Nureyev, Balanchine, Robbins, Cranko, Kylian…). Ha danzato in molte creazioni e collaborato in particolare con molti ballerini e coreografi di spicco come Hofesh Shechter, Ohad Naharin, Alan Lucien Oyen, Sharon Eyal, William Forsythe, Sidi Larbi Cherkaoui, Crystal Pite, Marco Goecke, Benjamin Millepied, Edouard Lock, Arthur Pita e Alexander Ekman. Parallelamente alla sua carriera all’Opéra di Parigi, Marion ha sviluppato il proprio lavoro e ha co-creato due pezzi (La Fille Du Fort – 2018 e Leviathan – 2019) con il danzatore Simon Le Borgne, con il quale ha fondato la compagnia Alt.Take nel 2018. Nel 2020 è stata scelta da Cédric Klapisch per interpretare Elise, la protagonista del suo prossimo film “La vitaè una danza”, che uscirà in Francia nel 2022. In occasione del suo debutto come attrice, Marion si riunirà sullo schermo con Hofesh Shechter, con cui ha già collaborato in The Art Of Not Looking Back nel 2017.
Intervista a cast e regista
Il regista Cédric Klapisch parla di come si approcciato ad un film sulla danza.
Amo la danza da moltissimo tempo ed è stato proprio questo il motivo per cui mi è stato chiesto di realizzare quel documentario. Solo ora mi rendo conto che il mio interesse per la danza ha compiuto un percorso graduale nell’arco di oltre 40 anni: in giovanissima età ho sottoscritto un abbonamento al Théatre de la Ville. Così, da adolescente, ho avuto l’opportunità di vedere molti balletti (solo contemporanei), Merce Cunningham, Carolyn Carlson, Alwin Nikolais, Murray Louis, Bob Wilson, Pilobolus, Trisha Brown e, naturalmente, Pina Bausch. Qualche anno dopo ho scoperto la scena belga: Wim Vandekeybus, Anne Teresa de Keersmaeker, Alain Platel, Sidi Larbi Cherkaoui, Damien Jalet, poi, più recentemente, Akram Khan, Preljocaj, Crystal Pite e gli israeliani Ohad Naharin e Hofesh Shechter…Mentre studiavo cinema a New York negli anni ’80, ho girato un video per un ballerino (Pooh Kaye). Nel 1992, Philippe Decouflé (con cui ho frequentato le scuole superiori e che abitava nel mio palazzo) mi chiese di partecipare alla cerimonia olimpica di Albertville, così mi ritrovai a lavorare per lui e la sua compagnia per alcuni mesi, dirigendo un cortometraggio. Abbiamo discusso sul fare un lungometraggio insieme, ma alla fine non se n’è fatto nulla. La danza è stata una presenza costante nella mia carriera.Erano più di 20 anni che pensavo di fare un film di finzione sulla danza. Ho anche proposto ad Aurélie Dupont di apparire in un film, ma non siamo mai riusciti a realizzare la nostra ambizione. Poi è arrivato il lockdown che, di fatto, ha accelerato e cristallizzato le cose. Stavo girando DIRE MERCI, un piccolo film collettivo con i ballerini dell’Opera. (Per essere precisi, ho montato i filmati che loro avevano realizzato a casa con i loro smartphone). È stato proprio questo piccolo film di quattro minuti, “Dire Merci”, a dare il via a tutto. Il film ha fatto il giro del mondo. Dopo averlo visto, il mio produttore Bruno Lévy mi disse: “Questo è il momento di fare il tuo film sulla danza”. In quel momento, Studiocanal, che conosceva bene la mia ambizione di fare un film sulla danza e che aveva particolarmente apprezzato questo cortometraggio, accettò subito di aiutarci a trasformare questa ambizione in realtà. Come sono nate le basi di “La vita è una danza”? Ero certo di una o due cose. Sapevo di voler fare questo film con Hofesh Shechter. A lui piacevano i miei film, a me piacevano i suoi spettacoli e soprattutto, più tempo passavamo insieme, più vedevo che andavamo d’accordo e che avevamo un rapporto davvero incredibile. Sapevo anche che tutto sarebbe partito dal casting, perché di certo non volevo lesinare su questo aspetto. Volevo che fossero dei ballerini a interpretare le parti e non attori che ballano (o che fingono di ballare come Natalie Portman in Il cigno nero ). Per questo, ancora prima di iniziare a scrivere, volevo trovare la persona su cui si sarebbe basata la mia storia. Ho iniziato il processo di casting prima tra i ballerini della compagnia di Hofesh Shechter, poi tra i ballerini dell’Opéra di Parigi. Ho realizzato subito che tutti loro sapevano recitare piuttosto bene. È stato davvero impressionante! In effetti, tutti i ballerini sanno come vincere la paura del palcoscenico, come stare davanti a un pubblico, “fare spettacolo”, interpretare un personaggio. L’unica cosa che spesso sembra difficile per loro è il rapporto con il copione. Tutte queste persone che sono così a loro agio nel memorizzare coreografie, movimenti nello spazio, spesso sono meno a loro agio con la voce, con le parole o con la memorizzazione di un copione. Conoscevo Marion Barbeau da molto tempo e avevo notato che aveva lo stesso talento nella danza classica quanto in quella contemporanea. L’avevo anche filmata mentre danzava nello spettacolo di Hofesh all’Opera. Durante l’audizione mi sono reso conto che emana una naturalezza incredibilmente emozionante. Ho pensato che questa sua spontaneità sarebbe stata meravigliosa da filmare. Ovviamente sapevo che ci sarebbe stato molto lavoro da fare, ma le componenti essenziali c’erano. E alla fine ho avuto fiducia in lei, perché i ballerini sanno bene cosa voglia dire lavorare duramente!
Hofesh Shechter parla di come ha conosciuto il regista Cédric Klapisch e di come è andata la collaborazione sul set.
Conosco [Cédric] dal grande schermo da circa 20 anni! (ride) Ho scoperto “L’appartamento spagnolo” quando avevo 25 anni. Mi è piaciuto molto perché mi sono rivisto nei suoi personaggi e nel modo in cui Cédric ha raccontato questa storia. Ma la prima volta che l’ho incontrato è stato quando lavoravo con il Balletto dell’Opera di Parigi, mentre lui si occupava delle riprese dello spettacolo. Siamo andati a prendere un caffè ed è stato un ottimo primo incontro, caratterizzato da gentilezza e da discussioni concrete ed efficaci. In seguito, l’ho invitato a vedere gli spettacoli della mia compagnia al Théatre de la Villette e poi nei Paesi Bassi. E poi un giorno mi ha confidato il suo desiderio di fare un film di finzione sulla danza. Ma non aveva ancora scritto nulla. Mi spiegò che avrebbe iniziato a sviluppare la sceneggiatura solo dopo aver trovato gli attori. Poi tutto è iniziato con il lockdown, che ha reso possibile l’incontro tra il suo desiderio e gli impegni della mia compagnia, perché lui ha potuto prendersi il tempo per scrivere e noi non eravamo in tournée per il mondo. Ai miei occhi “La mia vita è una danza” è una lettera d’amore alla danza e ai ballerini. Non ho mai visto un film dare così tanto spazio sia al processo creativo che alla vita quotidiana dei ballerini. C’è qualcosa di incredibilmente poetico nella visione che Cédric ha di quest’arte e di coloro che la praticano, così come nel suo desiderio di trasmetterla agli spettatori. Ho apprezzato la sua scelta di non concentrarsi sui conflitti che ovviamente esistono, ma piuttosto di mostrare il lato più bello della danza attraverso il percorso di rinascita dell’eroina ferita, tutto il lavoro sul corpo che questo comporta e l’energia che fornisce. Innanzitutto la nostra collaborazione è iniziata discutendo molto presto su quale sarebbe stata l’effettiva sostanza del film, sulla parte di realtà che Cédric voleva inserire nella sua finzione. Ma gli ho assicurato subito che qualsiasi direzione avesse preso, io sarei stato al suo fianco. Cédric ha poi fatto un’audizione a tutti i ballerini della mia compagnia e mi ha chiesto un parere sulle scelte che faceva man mano. E le ho trovate tutte pertinenti. Allo stesso tempo, parlavamo anche della scelta della coreografia finale di “La vita è una danza”. Gli ho detto fin dall’inizio che pensavo che sarebbe stato meglio partire da una coreografia esistente piuttosto che crearne una appositamente per il film, visti i tempi ristretti. Cédric aveva visto una performance della mia Political Mother: The Choreographer’s Cut a La Villette. E ci siamo trovati d’accordo su
questa scelta. Ma l’atmosfera era completamente diversa: avremmo dovuto danzare davanti a un pubblico molto ridotto – solo 150 persone in questo grande teatro – a causa delle restrizioni dovute al COVID. Quindi, sulla carta nulla era semplice, ma c’era un’incredibile fluidità nell’intero processo. Non ho mai avuto la sensazione che ci fossimo imbattuti in un problema insormontabile, in un senso di caos o un Everest invalicabile. Questo deriva dal modo in cui Cédric lavora, dalla sua immensa serenità. Non sembra mai preoccupato sul set ed è costantemente alla ricerca di modi per rendere coloro che filma – attori e ballerini – il più liberi e quindi il più a loro agio possibile.
La colonna sonora
- La colonna sonora di “La vita è una danza” è stata realizzata da Hofesh Shechter che nel film interpreta se stesso, in collaborazione con Thomas Bangalter del duo dei “Daft Punk” che per il grande schermo ha musicato il dramma Irréversible con Monica Bellucci e Vincent Cassel e il film horror Enter the Void.
Il regista Cédric Klapisch spiega perché ha scelto la musica di Hofesh Shechter:
È stato abbastanza naturale. Hofesh ha realizzato la musica per tutti questi spettacoli e nella parte di danza contemporanea del film, sapevo che la sua musica avrebbe preso il sopravvento. È anche il motivo per cui non ho lavorato con Loïk Dury, con cui di solito collaboro. Sapevamo entrambi che non avrebbe avuto il tempo di creare musiche originali. Tuttavia, la musica è stata co-scritta da Thomas Bangalter. In realtà, il ruolo di Thomas [ Bangalter] è stato davvero piccolo. Sarebbe una bugia dire che Thomas fa parte di un prodotto che appartiene realmente a Hofesh Shechter. Conosco Thomas da molto tempo, è un amico di vecchia data di Romain Duris. È anche grazie a questa amicizia che abbiamo avuto accesso alla musica dei Daft Punk in “L’appartamento spagnolo”. E poi un giorno ci siamo trovati fianco a fianco a un balletto di Hofesh Shechter. Quel giorno ho scoperto che avevamo una passione comune per la danza e, nello specifico, per Hofesh. Improvvisamente, volevo farli incontrare. Thomas, che era un grande fan della musica degli spettacoli di Hofesh, era disposto a una collaborazione amichevole. Così, l’80% della musica di “La vita è una danza” proviene da Hofesh. Ma so che il loro lavoro insieme è stato fondamentale. Lui e Hofesh hanno condiviso molto, soprattutto il fatto che quando si crea un pezzo contemporaneo, si deve conoscere e amare ciò che è classico, infatti non sono poi così diversi. È il caso di Thomas che, pur avendo creato questi suoni contemporanei con i Daft Punk, ha un gusto smisurato per la musica classica. Lui riesce a lavorare la musica contemporanea proprio perché conosce i fondamenti della classica. Lo stesso vale per Marion Barbeau che riesce a lavorare nella compagnia di Hofesh Shechter con la sua ambizione di modernizzare la danza. Lei può creare nuovi movimenti di danza perché ha già lavorato su pezzi di repertorio, un patrimonio coreografico che risale a tre secoli fa. Questa realtà si lega alla metafora narrativa del mio film. È anche la base della teoria che permette di capire l’avanguardia. Come direbbe Nietzsche: Coloro che furono visti danzare vennero giudicati pazzi da quelli che non potevano sentire la musica.
TRACK LISTINGS:
1. The Open 2:14
2. Chopping Water 2:33
3. Sunrise 2:50
4. Clubbing 2:18
5. Lo Levad 1:50
6. Moon Jam 3:54
7. That Night in Brazil 1:36
8. Tapwan 3:35
9. Flashback 1:53
La colonna sonora di “La vita è una danza” è disponibile su Amazon.
Foto e poster