L’amore non perdona: recensione in anteprima
Ansie, luoghi comuni e pregiudizi di fronte a relazioni considerate impossibili. Adriana, sessantenne, s’innamora di Mohamed, ragazzo tunisino di trent’anni più giovane. Stefano Consiglio tenta di riflettere su certi tabù con L’amore non perdona
Quando Adriana s’invaghisce di Mohamed il problema non sta semplicemente nella differenza d’età, come sembrerebbe. I trenta e passa anni che li separano rappresentano senza dubbio un ostacolo, ma non tanto più rilevante del fatto che Mohamed è arabo. Venuto in Italia dalla Tunisia, il giovane divide una stanza con un connazionale, alternando lavoretti che gli consentono di tirare a campare. Finché un problema allo stomaco non lo porta in ospedale, dove conosce Adriana, che lì fa l’infermiera. Di tutta prima lei non capisce, finché le avance di Mohamed non si fanno più esplicite, quando quest’ultimo chiede alla signora assistenza fuori dagli orari di lavoro.
L’amore non perdona tocca svariati tasti, dalla possibilità e relative implicazioni nel portare avanti relazioni in età avanzata, all’immancabile scontro di civiltà che tanto incalza la cronaca. Quale che sia la tesi che Stefano Consiglio intende concretamente portare avanti, va detto che il suo è un discorso che s’inceppa in più parti. Lasciando da parte qualsivoglia verosimiglianza, il modo in cui si dipana la storia di Adriana appare artefatto, privo di quel mordente che ci fa entrare appieno nel dramma della non più giovane infermiera.
E questo a dispetto di una prova dignitosissima da parte di Ariane Ascaride, capace di trasmettere il suo disagio attraverso semplici sguardi o espressioni a tratti convincenti. Solo non si capisce dove s’intende andare a parare: la figlia di Adriana, Maria Ida (Francesca Inaudi), porta avanti una vera e propria guerra contro la madre dal momento in cui scopre della liaison col giovane straniero; tutti a lavoro cominciano a guardarla malissimo, tanto che una delle sue colleghe più strette smette di punto in bianco di rivolgerle la parola. Sempre più sola ed isolata, Adriana, pur con tutte le riserve del caso, spinge a tavoletta e dapprima inizia una convivenza, che successivamente sfocia nelle nozze.
Tristissime, presenziate solo dai cognati (due, sorella e marito di Mohamed). Ma il disagio, a quanto pare, riguarda anche il tunisino, che percepisce la ritrosia e il sospetto ma che per amore di Adriana fa finta di nulla. Per un certo periodo sembra che Consiglio si sforzi di scardinare il pregiudizio lasciando intendere che in fondo certi cattivi pensieri su Mohamed non siano poi così infondati, salvo poi gettarla per l’ennesima volta su un malcelato razzismo di cui si fa portavoce il marito di Maria Ida; quest’ultimo, per via della divisa che indossa, non vuole avere problemi, e comincia a vomitare minacce, corroborate dalle incessanti pressioni della moglie, tutte cose alle quali alla fine Adriana cede.
Insomma, ne L’amore non perdona si avverte una tensione tesa a mettere in discussione certi schemi o “paletti culturali” (sic) che cozzano con la realizzazione dei protagonisti di turno. Nel film, non a caso, perdono tutti, Adriana, Mohamed, le rispettive famiglie e perfino alcuni conoscenti. Senonché il tutto scorre con una lentezza nient’affatto giustificata dall’esigenza di metabolizzare l’azione, perché di fatto succede poco e quel po’ non viene messo in scena in maniera da suscitare particolare interesse. Alla fine il film si sostanzia in un calderone di luoghi comuni, nemmeno troppo tirati a lucido, tendenti pure ad una morale francamente sempre meno credibile.
Se poi a questo si vuole anche aggiungere attori che, fatta eccezione per i professionisti, acuiscono quel senso di artificiosità di cui sopra, ne viene fuori un dipinto ancora più debole. Succede allora che la distanza tra i temi trattati ed il modo in cui vengono trattati incide più di tutto il resto, poiché è pericoloso accostarsi ad argomenti scottanti se non si è sicuri di proporre una visione chiara, che abbia qualcosa da dire anziché lasciare certe vicende in balia di sé stesse, quasi a raccontarsi da sole. Processo che, entro un certa misura, funziona in ambito documentaristico, quando il resoconto attiene al reale, al vissuto; non in casi come questo, dove ci si accoda ad un genere senza che il film dimostri di averlo metabolizzato.
Voto di Antonio: 4
L’amore non perdona (Italia, 2015) di Stefano Consiglio. Con Ariane Ascaride, Helmi Dridi, Francesca Inaudi, Carmine Maringola, Stefania Montorsi, Antonia Truppo e Claudio Bigagli. Nelle nostre sale da giovedì 9 aprile.