Le Badanti: intervista a Marco Pollini, regista e co-produttore della commedia sociale
Uno chiacchierata con Marco Pollini, regista e co-produttore della commedia attenta alla vitalità della terza età, il coraggio delle donne e i conflitti sociali del Bel Paese
Le Badanti, presentato in anteprima alla 71ª edizione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia e al Vinitaly di Verona, farà una piccola tappa al Festival di Cannes 2015, prima di arrivare al cinema.
Per ingannare l’attesa oggi approfitto di una chiacchierata con Marco Pollini, alla sua prima regia di un lungometraggio cinematografico, ma anche co-produttore (per Ahora! Film Srl) della commedia sociale che racconta con brio lo scontro e l’incontro tra culture, generazioni e contraddizioni del nostro Bel Paese, attraverso le relazioni che si instaurano tra tre belle badanti extracomunitarie e gli anziani arzilli che assistono in una casa di cura veneta.
Da un documentario sulla vita ‘non facile’ della Barranquilla colombiana come “La Plaia”, ad una commedia sociale dedicata allo scontro e l’incontro tra culture e generazioni quale “Le Badanti”, cosa ti spinge veramente a scegliere un progetto rispetto ad un altro?
Volevo raccontare questa storia da un po’ di tempo. A me piacciono molto le storie sociali con sentimenti da raccontare. Scelgo comunque le cose in base alla fattibilità del film.
Le Badanti sembra gettare un sguardo ironico e sentimentale sul tessuto umano che fa le spese del nostro ‘fallimentare’ sistema sociale, cosa ti interessava far emergere a tutti i costi con il tuo film?
Mi interessava parlare degli anziani, persone di 80-90 anni che non sono così spenti come magari la società vuole o tende a farci credere. Sono persone molto arzille che hanno ancora voglia di vivere, raccontarsi e divertirsi. Questo, ma anche il punto di vista di tante donne extracomunitarie, che lasciando magari famiglia e figli nei loro paesi, arrivano in Italia senza niente e si ricostruiscono una vita qui, aiutando proprio questi anziani.
Sulla scorta della sua esperienza personale, quali sentimenti hanno ispirato la scelta dei personaggi e del cast che li interpreta, tra gli elementi fondamentali di questa partitura di anime che si incontrano su un territorio fondamentalmente ostile del nostro paese, ma anche della nostra epoca?
C’è l’esperienza personale vissuta in famiglia, perché purtroppo mio padre ha il morbo di Parkinson da più di 15 anni, una situazione che ho vissuto e continuo a vivere con una persona che ha bisogno di assistenza, ma comunque non si demoralizza, anzi quando c’è da ridere, scherzare o fare qualche battuta è sempre pronto. Questo è stato una molla, insieme al fatto di vivere in Veneto, dove molti extracomunitari si prendono cura degli anziani. Questo ha pesato sulla scelta dei personaggi-
Cosa ha determinato maggiormente la scelta del tono della commedia, tanto vivace e attento alle sfumature ‘più sbarazzine’ della terza età, che passano spesso in secondo piano rispetto i problemi di salute e le carenze sociali?
L’idea iniziale del film era più drammatica però, come è capitato a molti prima di me, alle prese con un’opera prima, dalla sceneggiatura al set, quando inizi a girare il film prende una piega che neanche ti immagini.
Lavorando su una storia di finzione, abbiamo ricreato delle situazioni cercando di stemperare la drammaticità degli eventi iniziali del film che passano dalla realtà di queste ragazze sottoposte a violenze e soprusi, al tono più comico degli anziani che organizzano scherzi e diventano amici delle stesse badando, trasformarlo il film in commedia.
Cosa pensi emerga con forza?
Il ruolo della donna. Il fatto che le donne riescono a uscire da situazioni tremende che se succedessero agli uomini si sparerebbero.
Quali sono i personaggi ai quali ti sei più affezionato più?
Si mi piace moltissimo il personaggio di Michele, interpretato da Pino Ammendola. Un sessantenne invecchiato per diventare un ottantenne con una verve incredibile, diciamo una sorta di capo dei vecchietti della casa di cura che li spinge a fare determinate cose e tra tutti è sicuramente il personaggio più forte.
Dal punto di vista delle interpretazioni femminili, tra gli ospiti della casa di cura c’è anche l’attrice novantaquattrenne Stella Maris che ha lavorato per tantissimo tempo in teatro con Gino Bramieri, Walter Chiari, ma anche in televisione e pubblicità ed è un personaggio incredibile e spiritoso, con la battuta pronta e una gran voglia di vivere. Questi sono i personaggi ai quali mi sono affezionato di più.
Il film affronta alcune delle sfumature più sentite della nostra quotidianità, dall’esigenza di prendersi cura della popolazione che invecchia da sola a quella giovane che si scontra con una crisi di intenti, ideali e valori, culturali e sociali molto forti e radicati. Quali sono gli obiettivi che si è posto il film e quali pensi siano quelli che ha raggiunto?
Esattamente questi. Probabilmente potevamo spingere più a fondo il tema sociale, mentre abbiamo deciso di dare al film e le sue tematiche una vena più comica, però siamo soddisfatti.
Alla fine in Italia per cavarsela in ogni situazione bisogna inventarsi qualcosa. Le Badanti nel film per salvare la casa di cura dalla bancarotta. Tu che ti sei dovuto inventare per fare questo film? Quale è stata la sfida più grande da sostenere o superare per realizzare il film?
La sfida economica, perché praticamente l’unico supporto per questo film è arrivato dalla Regione Veneto, quindi abbiamo dovuto ingegnarci per trovare collaborazioni, un coproduttore malese che ci ha anche dato un’attrice nota nel suo paese che interpreta il personaggio di Carmen. Quella è stata una sfida veramente difficile da superare, perché per le opere prime, purtroppo, non ci sono tantissimi aiuti.
Purtroppo il sistema del Ministero dei Beni Culturali è molto complicato, va a punteggio, quindi paradossalmente chi ha girato più film, chi è più conosciuto e ha degli attori più famosi, riesce ad ottenere aiuto e contributi, chi invece non è ancora nessuno non riesce a raggiungere il punteggio sufficiente ad ottenere risorse. Un sistema che dovrebbe cambiare. Dicono che lo cambino, ma per il momento resta così.
Per il documentario di Giuseppe Tornatore, ogni film è un’opera prima, in ogni caso, se non si scorda mai, come il primo bacio, cosa non ti scorderai mai di questa produzione italo-malese?
Non mi scorderò mai il rapporto che si è instaurato con gli attori più anziani. Attori che tutt’oggi continuano a chiamarmi per tenersi aggiornati sull’uscita del film. Purtroppo uno di loro è venuto a mancare due mesi dopo la fine delle riprese, quindi alla fine il film è stato dedicato a lui. Si chiama Franco Bigotto, un grande maestro di musica che ha anche scritto le musiche del film e per questa occasione si è prestato a fare anche l’attore, ed è stato bravissimo. Sicuramente lui e gli altri interpreti anziani non li scorderemo mai.
Se ripensi al film, all’intero processo creativo e produttivo, cosa ti ha sorpreso di più?
Il fatto che una serie di cose si sono concatenate al punto di permetterci di realizzarlo, anche attori che non erano liberi, come la venezuelana Samantha Castillo (la badante Lola) conosciuta a Cannes, che all’inizio era impegnata e poi si è liberata.
Pensando al film, sul set e fuori, c’è un episodio, aneddoto o altro particolarmente divertente che merita di essere raccontato?
Uno degli episodi più divertenti si è verificato durante le riprese degli anziani della casa di cura che organizzano gli scherzi alle badanti, che facevano finta di bere le urine, in realtà era del tè ma una delle attrici interpreti delle badante ha pensato che lo facessero veramente (ridacchia).
Cosa porterai con te nel prossimo film?
Stiamo pensando di organizzare un film in coproduzione con la Columbia, è stata già scritta la sceneggiatura e stiamo cercando partner. Porterò l’esperienza di questo film che è stata essenziale per poter mettere in moto gli ingranaggi che ti permettono di arrivare al secondo e speriamo gli altri, speriamo.
Tenendo conto di questa esperienza e di quelle precedenti, di che tipo di storie credi abbia bisogno l’Italia?
A mio parere di storie umane che raccontino la verità in modo originale, grazie a film più di nicchia che raccontano storie vere con approcci nuovi si riesce anche ad andare all’estero per partecipare ai festival e per per venderli.
Le Badanti, presentato in anteprima alla 71ª edizione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia e al Vinitaly di Verona, arricchito con una scena inedita girata al Museo Del Vino di Illasi (VR), farà una piccola tappa a Cannes prima di arrivare al cinema.
Esatto, presenteremo il film in anteprima il prossimo 19 maggio al Marchè Du Film, il mercato legato al Festival di Cannes, importantissimo per farlo vedere ad agenti di vendita, distributori e produttori internazionali e magari trovare delle collaborazioni per i prossimi film.
Il tuo curriculum artistico conta una quindicina di anni di esperienza come regista, produttore, editore ed autore di produzione audiovisive in Italia e all’estero, una professione che si nutre di passione, professionalità e …
e … pazzia forse (ride), perché a volte fare questo lavoro è durissimo. Io facevo il produttore discografico, ora invece da alcuni anni ho deciso di occuparmi solo di film, documentari e prodotti audiovisivi in generale. Quindi si un po’ di pazzia ci deve essere.
A questo punto non mi resta che fare un grosso a lupo a Marco per Cannes, mentre noi ci vediamo al cinema con Le Badanti, dal prossimo 11 giugno.