Le Mans ’66, James Mangold a Roma per presentare la Grande Sfida tra Matt Damon e Christian Bale
Il regista di Logan a Roma per presentare la sua ultima fatica, con Remo Girone negli abiti di Enzo Ferrari.
In cabina di regia James Mangold, regista di Walk the Line e Logan, sbarcato nella Capitale per presentare la pellicola alla stampa, al fianco di Remo Girone, chiamato ad interpretare il leggendario Enzo Ferrari. La pellicola prende a piene mani dalla storia vera del visionario designer di automobili Carroll Shelby (Damon) e dell’intrepido pilota britannico Ken Miles (Bale), chiamati dalla Ford Motor Company a realizzare l’impossibile, ovvero battere l’imbattibile Ferrari alla 24ore di Le Mans, nel 1966. Mangold, che incredibilmente odia le corse automobilistiche, ha spiegato cosa l’abbia spinto a realizzare una simile opera.
Troppi dei nostri film ci fanno addormentare. Non dico che siano noiosi, ma sono mirati ad un altro tipo di occupazione, invece che farci pensare alla vita. Se partecipo a questo tipo di filmografia soporifera, rinuncio a fare il film. Girare questo film è stato uno sforzo monumentale, c’erano così tante informazioni. Lettere, libri, documentari, filmati. Quello che questi uomini hanno fatto era pubblico, quindi c’erano centinaia di foto, registrazioni, video. Abbiamo visto di tutto. Una delle cose più importanti, la più intima, è legata ad una scena in cui il figlio e Miles sono in pista, al tramonto. Quel dialogo è reale. Bale trovò un’intervista radiofonica di Ken Miles, in cui parla delle corse. Abbiamo preso quelle parole e inserite all’interno di quel dialogo con il figlio. Io sono partito dalla storia, che ho amato. Ho visto la possibilità di girare un film fortemente cinematografico. Action, con una battaglia in pista e una sorprendente serie di eventi che si susseguono. Non è tutto così semplice quel che accade in Le Mans, non è come Rocky, non è così scontato, anche se chi guarda il trailer immaginerà un facile trionfo di Davide contro Golia. Ma è diverso. Ho un grande team addetto al montaggio con il quale lavoro da sempre. Ho lo stesso montatore da quasi 20 anni. Ci prepariamo, facciamo test, io non sono un grande fan delle corse autonomilistiche. La grande sfida del film era proprio quella di realizzare qualcosa di interessante e entusiasmante sullo schermo. Eppure in tv le corse sono così noiose. Mi sono chiesto perché, perché le telecamere seguono le macchine. Così ho cambiato strategia, facendo entrare lo spettatore nell’abitacolo. Come cambi marcia, come guidi, coinvolgendo chi osserva nella guida. Abbiamo pianificato le sequenze prima del montaggio.
Il 70enne Girone indossa gli abiti di Enzo Ferrari, che all’epoca insultò Henry Ford II, desideroso di comprare l’agonizzante team di Maranello, a tal punto da istigarlo ad entrare nel magico mondo delle corse. Pur di batterlo su strada.
Mangold è un grande direttore di attori. Credo che m abbia insegnato delle cose. Ha un occhio molto attento, si accorge subito se l’attore dà l’impressione di recitare, se lavora solamente a favore della macchina da presa e non è nel personaggio. Mi ha insegnato delle cose. E’ stato bello poter interpretare Enzo, essendo un uomo tanto importante per l’Italia e in tutto il mondo. Sul set le auto erano reali e venivano guidate da piloti veri. Quando hanno visto che interpretavo Ferrari hanno voluto fare tutti una foto con me.
Una scelta immediata, quella di Mangold nei confronti di Girone, da subito nei suoi pensieri: “E’ stata la mia prima opzione, perché ho visto un video con i suoi film, che ho trovato da subito magnifico. Non potevo volere di meglio. Per me è stata una grandissima gioia girare con Remo. Sono orgoglioso di tutto il cast. Come Remo sa, sia Bale che Damon sono persone facili, non fanno cazzate sul set. Amano recitare, amano il loro lavoro, non sono dei divi, sono attori. Io non ho grande pazienza, sono un padre per tutti gli attori e non posso permettermi di dedicarmi a soli due di loro. Voglio un team. Christian e Matt li conosco da decenni, con Bale ho fatto un altro film e Damon lo conosco dal 1977, ho fatto un film con degli amici“.
Ford v Ferrari si può quasi definire una metafora del cinema moderno. Da una parte le corporation, gli artisti dall’altro. Denaro vs. Talento. “Nei due protagonisti mi sono visto, macchine e film non c’è troppa differenza“, ha confermato Mangold. “Servono soldi per realizzare il tuo sogno, devi convincere tante altre persone per riuscirci. Lo sforzo per realizzare le cose in questo mondo mira a convincere gli altri. Credo che il nostro sia un film romantico. All’epoca era più semplice, c’era più innocenza. Gli sport ormai sono una questione aziendale. Negli anni ’70 le aziende hanno iniziato a rendersi conto del valore promozionale dello sport, ma oggi sono molto peggio. E anche i film sono una guerra tra arte e commercio. Ma li amiamo anche per questo motivo. Ho scelto di far parte a questo gioco“.
Sul set Mangold ha fatto costruire decine di macchine a grandezza naturale, guidate realmente su pista, da veri piloti. Auto ovviamente riprodotte. “Ma se ci pensate, se esistesse una Ferrari del 66 avrebbe un valore di 30 milioni di dollari, ovvero 1/3 del nostro budget. Le abbiamo ricostruite tutte“, ha ammesso il regista, che si è poi soffermato sull’importanza del su Phedon Papamichael, suo storico direttore della fotografia.
Io e lui siamo quasi fratelli, carissimi amici, ci vogliamo bene, litighiamo e abbiamo fatto diversi film insieme. Cinque, compreso Walk the Line. Per entrambi conta un unico obiettivo: trovare la vita interiore del personaggio, la sua bellezza. E’ un lavoro semplice, il mio, cerco di ottenere l’effetto più difficile, ovvero fotografare il volto umano, percepire i suoi pensieri, le sue emozioni. Ho sempre cercato di fare film che che si possano ricordare, e quelli che io ricordo non sono necessariamente i più costosi o spettacolari, ma quelli che mi hanno fatto provare qualcosa. Ed è quello che cerco di fare con i miei film. Anche lui è un regista, e condivide tutto questo con me. Fotografare il pensiero umano, non le parole ma il pensiero. E’ un qualcosa che non si può fare neanche sul palco, ma solo sul set, con il cinema. Quel tipo di verità è quel che mi interessa.
Ultimo ringraziamento alla Fox, che ha sposato il progetto, costoso, rischioso ma per Mangold assai appagante.
Ho dovuto combattere spesso per i miei film, ma non troppo per questo. La Fox ci ha dato enorme sostegno. Credo onestamente che se fai un film che ti fa fare tanti soldi è più facile poi farne altri. La Fox con Logan ne ha guadagnato tanti, e allora per me è stato più semplice farne un altro come questo.
A completare il cast di Le Mans ’66 – La Grande Sfida, dal 14 novembre in sala, Jon Bernthal, Caitriona Balfe, Noah Jupe e Paul Sparks.