Les Ogres: recensione in anteprima
Uomini e donne costretti ad una convivenza forzata per quanto volontaria. Léa Fehner studia dinamiche e personaggi nel suo Les Ogres, commedia agrodolce che riporta un segmento della vita di un teatro itinerante
Una compagnia teatrale itinerante porta in scena L’orso di Čechov lungo tutta la Francia. Francois, il direttore della compagnia, ci tiene a dire in almeno un’occasione che il loro non è un circo e che bisogna sapersi comportare: succede quando, a due ore da uno spettacolo, l’area del tendone adibito ad hoc sembra un campo di battaglia per via dei bagordi. Ma come vuole il titolo di questo lavoro di Léa Fehner, al centro di tutto vi sono le dinamiche di un gruppo composto da persone che evidentemente avrebbero bisogno di una pausa l’uno dall’altro e ciascuno da quel contesto.
Per certi versi Les Ogres è un character study, che tocca non pochi argomenti, per lo più sfiorandoli: la maternità, il rapporto di forza tra i sessi, i disagi psicologici, la vecchiaia, la giovinezza ed altri ancora. Un progetto ambizioso che però riesce a non sbattere in faccia allo spettatore chissà quale pretesa sotto forma di tesi, per cui lo sviluppo è più analitico che moraleggiante, per quanto proprio il titolo suggerirebbe una presa di posizione in tal senso. Ed invece l’appellativo di cui al titolo, alla luce del film, si capisce essere conferito quasi con simpatia verso i personaggi, mostrando al tempo stesso empatia verso lo spettatore, che dinanzi ad un contesto di quel tipo potrebbe restare interdetto. Il consiglio, velato, della Fehner è invece quello di non lasciarsi andare a giudizi affrettati, poiché, a dispetto dei modi e di certe uscite, quelle lì non sono persone tanto diverse da noi o da chi in generale una vita da nomade non riuscirebbe a sostenerla per più di una settimana.Senza giustificarli, spogliandoli però ai nostri occhi, a tratti probabilmente focalizzandosi un po’ troppo su certe derive, che però non vanno taciute se si intende essere onesti. C’è un momento in cui la moglie di Francois, Marion, si mostra ripetutamente infastidita dalla presenza di Lola, ex-amante di Francois, che ha raggiunto l’allegra combriccola per sostituire un’altra artista. Se da un lato effettivamente sembra che la regista si sia fatta prendere la mano, è pur vero che la scena che segue lo scoppio di Francois, il quale in altre parole vomita alcune cattiverie di troppo a Marion, ha un suo perché, assurgendo a rango d’emblema del film tutto. Qui Marion viene posta sopra un tavolo e letteralmente proposta al miglior offerente, tra il serio e il faceto. Certo, la scelta di mostrarci l’indignazione di alcuni e lo spaesamento di altri è un po’ forzata, inducendo anche noi a prendere quel tipo di posizione, però si può tutto sommato capire cosa possa spingere un consesso di quel tipo a scherzare in maniera così inopportuna, in un momento del genere, con una signora che non è certo una ragazzina.
Sono situazioni che, è il caso di dirlo, solo una regista donna può concedersi, perché in un’epoca come la nostra le trombe c’avrebbero scassato i timpani qualora un uomo avesse osato mettere in scena una cosa del genere, che invece è giusto che stia lì. Non tutto però emerge con altrettanta “forza”, se così possiamo dire: le ansie e i sogni frustrati dei singoli vengono colti più da certi dialoghi che da quanto concretamente accade, tra personaggi che entrano ed escono, non senza ragione ma a fronte di logiche che presuppongono vicende pregresse, esplicitamente evocate, come quando la figlia di Francois, che si occupa dell’aspetto amministrativo dell’impresa, si dice stufa di sentirsi così ridimensionata, con le ali tarpate malgrado l’importanza del ruolo che ricopre.
Storia di donne forti, di donne fragili, senza le quali però gli uomini coinvolti in questa vicenda non potrebbero semplicemente andare avanti. La Fehner si sofferma molto sull’incontro/scontro tra i due sessi, non ad un livello meramente intellettuale, bensì nella pratica di una convivenza forzata, consapevole quanto si vuole ma difficile da mantenere. E seppure si cerchi di evitare scorciatoie, ad un certo punto si ha l’impressione che questo teatro fuori dal palco si stia trascinando un po’ troppo, e che forse l’osservazione sin lì applicata non sia abbastanza per convincerci a restare, a capire che fine farà la compagnia, che fine faranno loro, ammesso che una fine vi sia.
Un film che andrebbe probabilmente visto in double bill con Entertainment (2015) di Rick Alverson, proprio per questo suo mescolare la vita sul palco, che sia Arte o mero Intrattenimento, con la quotidianità. Una delle chiavi più accattivanti di entrambe le opere sta infatti in questo loro estrapolare una tematica oltremodo interessante, relativa a quale delle due dimensioni abbia maggiore influenza sull’altra; in altre parole, e marzullianamente magari, è la vita che rende possibile il fare spettacolo, avendo perciò bisogno quest’ultimo della realtà, o è la realtà stessa, nelle specie della quotidianità, ossia la vita di tutti i giorni, a dover per forza di cose ricorrere alla messa in scena, alla finzione, quale che sia la forma?
Un quesito, questo sì, che resta spalancato, almeno nel film della Fehner, per quanto il teatro itinerante potrà continuare il proprio percorso solo quando certe criticità risulteranno rientrate. Il movimento è un concetto centrale di Les Ogres, trasposto metaforicamente attraverso l’inizio, la parte centrale e l’epilogo: la carovana di automobili e roulotte si muove infatti quando almeno una parte dei conflitti viene risolta, non importa fino a quando. Aperto perciò il film lo è in questi termini, nel lasciarci intendere che questa brigata di artisti non sarà mai davvero al riparo da scontri, litigi e opposizioni. Obiettivamente pochino per questa commedia agrodolce, ma come già evidenziato c’è pure dell’altro; un altro che, ok, non si presta a chissà quale approfondimento ulteriore, ma lì per lì qualcosa da trasmettere ce l’ha, e si fa pure seguire.
[rating title=”Voto di Antonio” value=”6″ layout=”left”]
Les Ogres (Francia, 2016) di Léa Fehner. Con Adèle Haenel, Marc Barbé, François Fehner, Marion Bouvarel, Inès Fehner, Lola Dueñas, Philippe Cataix, Christelle Lehallier, Thierry De Chaunac, Nathalie Hauwelle, Jérôme Bouvet, Simon Poulain, Ibrahima Bah, Daphné Dumons, Florian Labriet, Margot Ballay, Cerise Ballay, Lucien Ballay e Adèle Dauriac. Nelle nostre sale da giovedì 26 gennaio 2017.