Les vacances de M. Hulot: di nuovo al cinema con Tati
Il primo film di Monsieur Hulot/Jacques Tati torna in vacanza e al cinema in versione restaurata
L’Omaggio a Tati di RIPLEY’S FILM e VIGGO, ci ha già deliziato con il ritorno in sala dell’anarchico umorismo di Monsieur Hulot, alle prese con la raffinata satira della vita moderna di Mon Oncle e PlayTime, ma il mite alter ergo di Jacques Tati era nato anni prima con Les vacances de M. Hulot (Le vacanze di Monsieur Hulot (Francia, 1953, b/n 87’).
Forte della lunga esperienza come mimo, attore e uomo di spettacolo, cinque anni dopo l’apprezzato esordio alla regia di Jour de fête (Giorno di festa, 1949), Tati decide di sostituire il postino francese con un personaggio laconico e garbatamente ribelle, capace di spingersi oltre confine e incomprensioni, indossando il borsalino schiacciato, l’impermeabile sformato, i calzini a vista sotto pantaloni troppo corti, l’ombrello con qualsiasi tempo e l’immancabile pipa di chi ama concedersi il tempo di riflettere come Hulot.
Uno spilungone che affronta il mondo frastornato da inutili certezze, false necessità e troppe confusione, con il dirompente candore e vivace anticonformismo capace di (s)travolgere e sovvertire l’ordine e il ritmo precostituito, anche in vacanza.
[quote layout=”big” cite=”Jacques Tati]«Confusione è la parola della nostra epoca. Si va troppo in fretta. Ci dicono tutto quello che dobbiamo fare. Organizzano le nostre vacanze. La gente è triste. Nessuno fischietta più per strada (…) sarà sciocco, ma mi piacciono le persone che fischiettano per strada ed io stesso lo faccio. Credo che il giorno in cui non potrò più fischiettare per strada sarà una cosa gravissima»[/quote]
Un monito profetico a quello che continua a sfuggirci di mano, giunto a noi con la modernità di una struttura narrativa che gioca con i suoni ambientali riducendo al minimo la parola, mentre la mimica da corpo a gag esilaranti, pronte a sconvolgere ritmi, consuetudini e riti collettivi per lasciare spazio alla poesia di chi sa fischiettare alla vita.
La cronaca delle vacanze del signor Hulot sulla costa bretone nutre la satira sull’incapacità degli adulti di godersi le vacanze, a partire dalla folla di villeggianti che brulica alla stazione tra i messaggi confusi dall’altoparlante e i ritmi incessanti che non vanno mai in vacanza, presagendo lo sviluppo del turismo di massa e di quel tempo libero al quale Tati dedicherà il monumentale PlayTime.
Hulot parte a bordo del suo scoppiettante macinino (una Salmson AL3 del 1924, modificata, truccata, anancronistica) con l’abitacolo che contiene a fatica il suo corpo smisurato e, incurante dei commenti ironici che provoca il suo passaggio, giunge nella tipica pensione a gestione familiare della ridente Saint Marc sur mer, mettendone a soqquadro la routine vacanziera con equivoci, contrattempi e piccole catastrofi, causate dalle brillanti iniziative intraprese dal suo spirito amabile, nei confronti della pacifica umanità che non va mai in vacanza da se stessa.
La bionda Martine (Nathalie Pascaud) fa strage di cuori maschili, la coppia di anziani signori è perennemente a passeggio (Renè Lacourt e Marguerite Gèrard), il vecchio e marziale ufficiale dell’esercito (Andrè Dubois) sembra non aver mai lasciato la caserma, l’uomo d’affari inglese non smette di fare telefonate di lavoro, il giovane studioso socialista cerca di istruire la giovane borghese, anziane signore cercano divertimenti, i bambini giocano, il personale d’albergo si annoia.
La comicità da slapstick, figlia di una mimica che fa tesoro delle vette raggiunte da Chaplin e Keaton, con la raffinata partitura sonora scandita da brusii e suoni d’ambiente, dall’auto scoppiettante alle onde del mare, dalla campanella che richiama gli ospiti al pasto al cigolio delle porte, scandiscono il ritmo di gag memorabili e l’atmosfera festosa che Hulot riesce ad infondere anche al funerale nel quale si imbatte per caso, con la camera d’aria della ruota ricoperta di foglie al punto di somigliare ad una corona funeraria, mentre il movimento del crick infonde ritmo ai sobbalzi di alcune signore sedute nell’abitacolo.
Animato dallo stesso spirito, Hulot esce in barca a pescare e la sua canoa lo ‘divora’ spettandosi in due, così come porta scompiglio a partite di tennis, agli ospiti in balìa delle correnti d’aria quando lascia le porte aperte, ascoltando il giradischi a volume alto o organizzando una passeggiata sui muli, il ballo in costume, dal pic-nic ai fuochi d’artificio.
Un flusso di divertissement che non lesinano momenti di grazia e dolcezza, come quella del bambino che senza incappare nei disastrosi incontri con Hulot, riesce a portare due gelati lungo una rampa di scale.
La parola diventa brusio confuso, le uniche che sentiamo pronunciare a Tati/Hulot, sono quelle del suo nome quando si presenta al portiere dell’albergo, sfilandosi di bocca la pipa. L’unico discorso verbale complesso e distinto che ci lascia ascoltare, è quello del Primo Ministro sull’incombere di una probabile guerra (la seconda guerra mondiale) dalla radio della pensione che Hulot zittisce, scendendo le scale mascherato da pirata, alzando il volume della musica e ballando abbracciato alla giovane che ha conosciuto.
I toni delicati del bianco e nero, insieme a quelli del saxofono e del vibrafono di Alain Romains, con lo spirito modernista di Hulot e il francobollo posto sull’ultimo fotogramma del film, affrancano la profetica cartolina del “tempo di divertimento” di Tati, anticipatore di quello monumentale di Playtime, insieme ai pericoli del conformismo, spinto all’estremo dall’eccessiva modernizzazione.
Le vacanze di Monsieur Hulot presentate in concorso al 6º Festival di Cannes, dopo più di un sessantennio, tornano in sala in versione restaurata (Restauro immagine Technicolor, Restauro del suono L.E. Diapason), offrendo al pubblico più giovane la possibilità di scoprire la rivoluzionaria modernità del regista francese che ha ispirato David Lynch e Dario Fo, Wes Anderson e Maurizio Nichetti, Ridley Scott e Paolo Villaggio, tra i tanti.
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Les vacances de M. Hulot (Le vacanze di Monsieur Hulot, Francia, 1953, b/n 87’) di Jacques Tati. Con Jacques Tati (Monsieur Hulot), Nathalie Pascaud (Martine), Louis Perrault (Fred), Michèle Rolla (zia), André Dubois (comandante), Valentine Camax (signora inglese), Lucien Frégis (albergatore), Marguerite Gérard (donna che passeggia), René Lacourt (uomo che passeggia), Suzy Willy (moglie del comandante), Raymond Carl (cameriere), Michèle Brabo (villeggiante), Georges Adlin (sudamericano). Di nuovo al cinema restaurato, con la rassegna Omaggio a Tati dal 20 giugno 2016.
[quote layout=”big” cite=”Jacques Tati]«Voi sapete, nei film comici, oltre agli effetti puramente comici, le gag
visive, i dialoghi, le buone battute e gli effetti sonori, che sono fatti per
distrarre e divertire gli spettatori, io credo che si nasconda sempre un po’ di
dramma. Ogni svolgimento di film comico è basato contemporaneamente su un effetto
drammatico.
Hulot ha voglia di passare una buona vacanza e malgrado tutto l’uomo
d’affari continua a fare i suoi affari, l’intellettuale vuole sempre riorganizzare
l’Europa e il vecchio comandante continua a raccontare le sue imprese di
guerra. Hulot, lui sì che è venuto là per passare le vacanze. Ebbene! Malgrado tutto
egli non è accettato dall’insieme della società. Bisogna proprio dirlo!» [/quote]
Les vacances de M. Hulot: curiosità
Malgrado il successo del suo primo lungometraggio Jour de fête (Giorno di festa, 1949), Tati si rifiuta col il produttore Fred Orain, di dare un seguito alle avventure di François, il postino del Berry, che trovava troppo vincolato al suo mestiere, troppo convenzionale ed eccessivamente francese e decide di dare alla luce il riservato signor Hulot, interpretato dallo stesso Tati con Les vacances de Monsieur Hulot.
Hulot riapparirà nei successivi Mon oncle (Mio zio, 1958), Playtime e Trafic (Monsieur Hulot nel caos del traffico, 1971).
Il film è stato girato tra l’estate e l’autunno del 1951, negli studi di Boulogne-Billancourt per gli interni, nella stazione balneare di Saint-Marc-sur-Mer per gli esterni e subì una fase di interruzione a causa di un’improvvisa mancanza di fondi.
Tati ha filmato diversi luoghi del paese nel comune di Saint-Nazaire (dipartimento francese della Loira Atlantica, a nord-ovest della Francia) che compare solo nel timbro postale dell’inquadratura finale del film: la spiaggia, l'”Hôtel de la plage” (il cui ingresso è stato però modificato), il cimitero e la villa “Le Château”, dove si svolge la partita di tennis. Anche gli abitanti di Saint-Marc-sur-mer hanno partecipato al film. Il nome del paese.
Alla sceneggiatura del film collaborarono con Jacques Tati, anche Henri Marquet, Pierre Aubert e il pittore Jacques Lagrange che da quel momento collaborerà alle sceneggiature di Tati fino alla sua morte.
Tati scelse la spiaggia di Saint-Marc-sur-Mer percorrendo le coste normanne e bretoni, perché somigliava, diceva, a uno studio a cielo aperto.
La folla che brulica alla stazione per la partenza (eco delle prime ferie retribuite del 1936) annuncia lo sviluppo del turismo di massa e l’invenzione della civiltà del tempo libero che Tati renderà protagonista di PlayTime, nel 1967.
Il conducente della corriera, che si ritrova il bambino con la testa infilata nel volante, è sempre Jacques Tati.
Le vacanze mette in scena i fuochi d’artificio come una rivincita di guerra contro l’ordine costituito. Una guerra in cui Hulot sarà l’unico ferito, come Tati, che si bruciò davvero il viso.
Il film è prodotto da Fred Orain per Cady/Discina; la fotografia di Jacques Mercanton e Jean Mousselle; il montaggio di Suzanne Baron, Ginou Bretoneiche, Jacques Grassi; la scenografia di Henri Schmitt e Roger Briancourt; la musica di Alain Romans.
I meticoloso Jacques Tati creò tre diverse versioni de Les Vacances de Monsieur Hulot. La versione originale è uscita nel febbraio 1953, dopo che le scene in interni, comprese quelle dell’hotel, erano state girate l’estate precedente negli studi di Boulogne-Billancourt. Nel 1962 segue la versione rielaborata e riorchestrata da Alain Romans, destinata a ridimensionare lo spazio della parola, dalla quale scompaiono tre scene principali fdella prima versione. La prima scena di tennis, in cui Hulot fa brutta figura sul campo. La scena del parroco addormentato. E la scena del baciamano tra le onde.
Nella versione successiva ha aggiunto una nuova sequenza di quattro minuti con la trasformazione del kayak in squalo, dopo che la barca si è chiusa su se stessa, forse ispirata all’uscita de Lo squalo (Jaws) di Steven Spielberg nel 1975.
Ben accolto in Europa, il film trionfò negli Stati Uniti.
[quote layout=”big” cite=”Jacques Tati]«Il formato panoramico è indispensabile per il cinema comico. Un tizio che non fa nulla in un ufficio si vede meglio in 70mm. Quando ho presentato Les vacances de Monsieur Hulot negli Stati Uniti ho rimpianto che il film fosse in 35mm. […] Voglio dare la giusta importanza alle immagini. Bisogna farsi un’opinione su ciò che si vede e non su ciò che si deve indovinare. La costruzione drammatica non è niente in confronto alle immagini» [/quote]
Nel 1953 il film ha vinto il Gran Premio della Critica Internazionale al Festival di Cannes e il Premio Louis Delluc.
Ha ricevuto una nomination ai Premi Oscar 1956 per il miglior soggetto e sceneggiatura.
Nel 1954 il National Board of Review of Motion Pictures l’ha inserito nella lista dei migliori film stranieri dell’anno.
Nell’anno 1999, sulla spiaggia di Saint-Marc-sur-mer ormai conosciuta come “spiaggia di Monsieur Hulot”, è stata inaugurata una statua raffigurante il meraviglioso personaggio di Tati, oggetto di interesse per turisti e di cinefili.
L’Hôtel de la plage che ha avuto un ruolo fondamentale durante le riprese, è stato interamente rinnovato nel 2008, restando il prototipo di luogo ideale per trascorrere una vacanza rilassante sul mare della costa atlantica francese.
Les vacances de M. Hulot: colonna sonora
La colonna sonora del film è un mix di rumori d’ambiente, frammenti convenzionali di conversazione privi di funzione narrativa e suoni amplificati dall’effetto comico, come lo scoppio emesso dal motore della macchina di Hulot, quando si arresta presso un campo da tennis, interrompendo di colpo l’azione dei giocatori, le loro grida e i versi degli uccelli. Ricorre l’aria musicale di “Quel temps fait-il à Paris?” con il suono del saxofono e del vibrafono di Alain Romans, scelta da Tati perché “esprime bene la noia e la monotonia” delle giornate trascorse in spiaggia.
La mimica di Tati e Hulot, basata sulla tecnica recitativa del Gramelot che arriva da Buster Keaton e Charlie Chaplin, è stata fonte d’ispirazione dei futuri Jerry Lewis, Peter Sellers, Mr. Bean o l’italiano Dario Fo.
Paolo Villaggio non ha mai nascosto la sua adorazione per Jacques Tati, ritenendo Le vacanze il suo capolavoro, omaggiato in un suo film con la gag del cavo del carro attrezzi, quando Hulot poggiandoci il piede lo trasforma in una catapulta che lo lancia in mare.
Ridley Scott, amante della Provenza dove possiede anche dei vigneti, dopo il successo di Il gladiatore, porta Russell Crowe tra quelle vigne con Un’ottima annata – A Good Year (A Good Year, 2006), rendendo omaggio a Jacques Tati con spezzoni di Les vacances de M. Hulot e Mon oncle, insieme ad altre accortezze, dalla mimica di Crowe alla partita a tennis, dalla musica al cane ‘Tati’.
[quote layout=”big” cite=”Wes Anderson]”Tati possiede una silhouette che si delinea facilmente come un cartoon; solo la sua camminata è una grande invenzione.”
[/quote]
Altrettanto appassionato di Tati e del suo personaggio è Wes Anderson, regista di perle come I Tenenbaum, Moonrise Kingdom o The Grand Budapest Hotel, quanto di video pubblicitari originali come “Softbank, 2008”, realizzato per l’azienda di telecomunicazione giapponese ispirandosi a Le vacanze di Monsieur Hulot, con Brad Pitt nei panni di Hulot.
Via | RIPLEY’S FILM – L’École du regard – Kinopoisk.ru