Home Dramma L’estate di Cleo: trailer italiano del film della regista francese Marie Amachoukeli-Barsacq (Al cinema dal 21 marzo)

L’estate di Cleo: trailer italiano del film della regista francese Marie Amachoukeli-Barsacq (Al cinema dal 21 marzo)

Nei cinema italiani con Arthouse il dramma francese che ha aperto la Semaine de la Critique a Cannes 2023,

20 Marzo 2024 08:14

Dal 21 marzo 2024 nei cinema italiani con Arthouse (in collaborazione con I Wonder Pictures e Unipol Biografilm Collection) arriva L’estate di Cleo (Àma Gloria) della regista francese Marie Amachoukeli-Barsacq (Party Girl). “L’estate di Cleo” è il racconto intimo e delicato della piccola Cléo e della sua amata tata Gloria nell’ultima estate che passeranno insieme, nell’assolata isola di Capo Verde.

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L’estate di Cleo – Trama e cast

Dal 21 marzo 2024 nei cinema italiani con Arthouse L'estate di Cleo della regista francese Marie Amachoukeli-Barsacq.

Cléo (Louise Mauroy-Panzani) è una bambina di sei anni sveglia e vivace, che, dopo la perdita della madre, vive da sola con suo padre e la tata, Gloria (Ilça Moreno Zego), originaria della Repubblica di Capo Verde. Tra le due c’è un legame speciale: Gloria è a tutti gli effetti la madre che Cléo non ha avuto, protagonista di una quotidianità fatta di tanti piccoli momenti preziosi che alimentano l’affetto reciproco tra le due. Quando Gloria è costretta a tornare dai suoi famigliari, in Africa, Cléo le chiede di mantenere una promessa: rivederla il prima possibile. Gloria la invita allora ad andare dalla sua famiglia e sulla sua isola, per trascorrere insieme un’ultima estate da ricordare per sempre. Marie Amachoukeli dirige un film sull’infanzia, sull’universalità dell’amore e su quanto non siano i legami di sangue a costruire una famiglia. Le inquadrature ravvicinate, ricche di primi piani, contribuiscono all’atmosfera intima e privata della pellicola, impreziosita da frammenti di animazione raffiguranti immagini oniriche sul passato e sulle paure delle sue protagoniste. È un rapporto di affetto sincero e potente, quello tra Cléo, sei anni, e la sua tata Gloria, un legame del tutto simile a quello che lega madre e figlia. Così, quando Gloria deve tornare a Capo Verde per prendersi cura della sua famiglia, la separazione è dolorosa. Ma c’è ancora tempo, c’è ancora un momento per stare insieme: con il permesso del padre, Cléo viaggia fino al Paese natale della sua tata e passa con lei un’ultima estate carica di dolcezza e speranza. Un’esperienza indimenticabile per imparare a crescere e gettarsi con coraggio nell’incertezza del futuro.

Il cast è completato da Abnara Gomes Varela, Fredy Gomes Tavares, Arnaud Rebotini, Domingos Borges Almeida, Marc Lafont, Bastien Ehouzan, Delfi Rodrigues Dos Sanches, Manuel José Sovares, Denis Ortega Acevedo e Sidney Cardoso.

L’estate di Cleo – Il trailer ufficiale italiano

Curiosità sul film

Dal 21 marzo 2024 nei cinema italiani con Arthouse L'estate di Cleo della regista francese Marie Amachoukeli-Barsacq.

  • Marie Amachoukeli-Barsacq dirige da “L’estate di Cleo” da una sceneggiatura scritta in collaborazione Pauline Guéna.
  • Film d’apertura della Semaine de la Critique a Cannes 2023, candidato a un Premio Lumière e vincitore del Sottodiciotto Film Festival & Campus.
  • Il cast tecnico: Fotografia di Inès Tabarin / Montaggio di Suzana Pedro / Casting di Christel Baras / Scenografia di Zoé Carré & Zoe Squire / Costumi di Agathe Meinnemare / Musica di Fanny Martin

Intervista con la regista Marie Amachoukeli-Barsacq

Il film è dedicato a Laurinda Correia, chi è?

Laurinda è la donna che si prendeva cura di me quando ero piccola, lavorava come custode nel condominio in cui vivevo. Era un’immigrata portoghese e io ho trascorso la maggior parte della mia infanzia nella portineria con i suoi figli. Quando avevo sei anni, mi disse che sarebbe tornata nel suo paese con suo marito per aprire un’attività e iniziare una nuova vita vicino alla sua famiglia. È stato il primo grande shock della mia vita. Oggi siamo ancora in contatto, ci mandiamo cartoline, mi chiama per il mio compleanno e quando vado a trovarla in Portogallo ci sono mie foto tra quelle dei suoi figli e nipoti. Mi chiama ancora “figlia mia”. Con questo film ho voluto parlare delle persone che nella vita si prendono cura dei bambini e di come il legame affettivo a volte superi i limiti predefiniti del loro lavoro. Nella nostra società, dove la maternità è santificata, credo che sia un tabù dire che non solo i genitori possono amare alla follia i propri figli, o che, dall’altra parte, un bambino può provare quell’amore assoluto per una persona che non è un suo genitore. Non lo si dice nemmeno alla propria famiglia. È una forma di amore segreta, quasi clandestina, non detta. Ed è proprio perché è un amore segreto che ho voluto parlarne.

La storia è raccontata dal punto di vista di una bambina di appena sei anni…

Sì, per me è stato fondamentale. Mi sono interrogata molto sul punto di vista prima, dopo e durante le riprese e il montaggio. Il punto di vista è quello di una bambina, il film non è un documentario. L’importante per me era lavorare su ciò che avviene al di fuori della cinepresa. L’idea era di concentrare il punto di vista della bambina su quello che sente e riorganizzare l’intero film attraverso questa lente. Quindi, nel film, quello che vediamo di Capo Verde è per lo più quello che ci immaginiamo, quella realtà al di fuori dalla cinepresa. In questo modo ho evitato l’approccio da cartolina o quello apparentemente realistico e ho lasciato che le sensazioni e i sentimenti avessero la precedenza.

Il look della bambina è speciale perché porta gli occhiali, è la prima cosa che scopriamo di lei. Perché?

Sono cieca come una talpa, il che probabilmente comporta un modo particolare di rappresentare il mondo, soprattutto nei film. Quando si è miopi, si coglie la realtà non tanto attraverso la vista quanto attraverso il movimento, l’udito, la cinestesia… Volevo che la ragazza percepisse il mondo così, in maniera multipla e sensoriale. Questo ha influenzato anche la mia regia. Lei ascolta tantissimo, molte inquadrature si concentrano infatti sul suo udito, e tocca anche materiali e oggetti. Louise, che interpreta Cléo, non è miope, è una finzione. Era così orgogliosa di portare gli occhiali, che se ne prendeva cura come se fossero il suo bene più prezioso. Non appena li indossava, entrava nel personaggio. Diventava Cléo.

Come ha scelto Louise?

Non volevamo una bambina proveniente dal solito circuito di casting, ne volevamo una esordiente, ed è quello che abbiamo cercato. La nostra direttrice del casting ha notato Louise in un parco e le è piaciuto il fatto che facesse il capetto col fratello minore. Si vedeva che aveva una forte personalità. È venuta all’audizione e ho percepito subito in lei qualcosa di molto raro nei bambini della sua età: la capacità di ascoltare e di mettersi nei panni di qualcun altro. Era empatica, in un certo senso. Inoltre, aveva un aspetto estremamente “normale”, non era né troppo carina né troppo grezza. Poi Ilça e Louise si sono incontrate e i loro provini ci hanno convinto che erano la scelta giusta per il progetto. Il film tratta di due emancipazioni: quella di una donna che torna nel suo paese per diventare indipendente e non essere più impiegata di nessuno, e quella di una bambina che impara a crescere e a farsi strada nella vita. Seguiamo i loro percorsi verso l’indipendenza, ma l’indipendenza ha un prezzo, ed è l’amore che condividono.

L’incontro con Ilça Moreno, la donna capoverdiana che interpreta Gloria, è stato decisivo, vero?

Ho incontrato molte tate di diverse generazioni che mi hanno raccontato le loro storie. Poi ho conosciuto Ilça Moreno grazie alla nostra direttrice del casting, che l’ha trovata brillante quando si sono incontrate e ha fatto un primo provino. Ilça ha molto in comune con Gloria. Il suo percorso è molto simile a quello del personaggio, o viceversa. Lavorava come infermiera a Capo Verde. Quando è arrivata in Francia, si è occupata di bambini, in particolare di un ragazzo disabile: ha vissuto con lui per due anni ed erano molto uniti. Con discrezione mi ha raccontato parte della sua vita, del suo villaggio e dei tre figli che ha dovuto lasciare alla madre. L’incontro con lei mi ha permesso di arricchire la sceneggiatura e di farle riflettere la realtà del suo Paese. Ilça aveva fatto un po’ di teatro a Capo Verde, è divertente e ha un talento naturale. Ha anche il gusto dell’avventura e le piaceva l’idea di tornare a Capo Verde per girare un film. Così abbiamo deciso di intraprendere insieme questa emozionante avventura. Quando siamo andate Capo Verde per la prima volta con Bénédicte Couvreur, la mia produttrice, abbiamo scoperto che tutti quelli che incontravamo avevano una storia come quella di Gloria e dei suoi figli. Anche Gomes Tavares, che nel film interpreta César: sua madre vive in Francia e lui non l’ha mai conosciuta. E Abnara Gomes Varela, che interpreta Fernanda… Molti bambini vengono cresciuti da una nonna, una zia, uno zio…

Tra Gloria e Cléo è anche una questione di sguardi…

Volevo che Cléo cercasse Gloria. L’intero soggetto del film è il modo in cui ci si guarda e da dove. Nonostante la distanza, gli anni e la vita, continuiamo a guardarci. Perché ci siamo amati. Nel profondo, Cléo sa che può sempre rivolgersi a Gloria, o almeno al suo ricordo. Proprio come in quella canzone di Nilda Fernandez, Mes yeux dans ton regard. Era il mio vicino di casa quando ero bambina, viveva nel 18° arrondissement di Parigi, lo incontravo sempre. Era un uomo basso, con capelli lunghissimi e una voce androgina. Laurinda ascoltava la sua musica nella portineria, era una star a quei tempi. Adoro che dà il suo numero di telefono nella canzone, è completamente fuori dal tempo e così melodrammatico.

La parte animata del film

Marie Amachoukeli-Barsacq ha curato con Pierre-Emmanuel Lyet e Marie Lyet anche le animazioni che compongono la parte intermedia del film, come ha spiegato la stessa regista.

La prima parte del film si svolge nella regione di Parigi, un’altra a Capo Verde e una terza parte intermedia è animata. Che cosa ha mostrato l’animazione che il live action non poteva mostrare?

Per me, l’animazione offre l’accesso più diretto al mondo interiore della bambina, a ciò che Cléo sente ma non può esprimere per mancanza di parole. Quando si è bambini, si ascoltano frammenti di storie raccontate dagli adulti che non si capiscono perché non si preoccupano di spiegarle o perché pensano di doverti schermare, o perché sono in una lingua straniera… Così ci si crea mondi incredibili per se stessi. Ho voluto usare l’animazione per mostrare come Cléo immagina la partenza di Gloria per la Francia. Ho sentito storie di esilio nella mia famiglia, molte storie fantastiche e inverosimili, ma non mi è stato detto tutto, perché i contesti politici erano complicati, quindi ho fantasticato, mi sono creata le mie immagini. Inoltre, avevo già co-diretto un cortometraggio d’animazione, I Want Pluto to Be a Planet Again, con Vladimir Mavounia-Kouka. Mi piace il processo creativo dell’animazione. Mi appassionano i ritmi dei laboratori… Il senso del tempo è diverso da quello del cinema. Sono cresciuta nel laboratorio di mio padre, che era argentiere, vicino alla fucina, circondata da un’incudine e da centinaia di attrezzi. Trovo questo ritmo confortante. Per me questa è casa. Per L’Estate di Cléo ho chiesto al mio amico Pierre-Emmanuel Lyet, scrittore e illustratore di libri per bambini, di co-dirigere con me la parte animata e di supervisionare la ricerca grafica e il design. Abbiamo usato come riferimento il lavoro degli straordinari coloristi Peter Doig e Félix Vallofton. Doig per il mistero all’interno dei suoi dipinti e Vallofton per la sua capacità di cogliere con facilità uno spaccato di vita, un momento rubato, un lembo di cielo che rimane impresso nella memoria per sempre e ti trafigge il cuore. Con questi riferimenti in mente, abbiamo scelto la pittura animata fotogramma per fotogramma su un cavalletto, a mano, con i pennelli. Per gli sfondi e le scenografie, invece, abbiamo utilizzato una tecnica all’avanguardia con il software Procreate. La sfida è stata quella di combinare entrambe le tecniche. Da una sequenza all’altra non potevamo utilizzare la stessa metodologia. Pertanto, l’intero materiale è stato realizzato a mano da un team prevalentemente femminile. Con l’animazione non c’è spazio per l’errore, il montaggio è estremamente preciso e non si può tornare indietro. Non è un cinema per i rimorsi, si può solo andare avanti!

L’estate di Cleo – Il poster italiano

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