Lettera a Franco: trailer italiano e anticipazioni del film biografico di Alejandro Amenábar
Tutto quello che c’è da sapere su “Lettera a Franco”, il biopic storico al cinema dal 26 maggio diretto dal regista di “The Others” e “Mare dentro”.
Dal 26 maggio nei cinema italiani con Movies Inspired Lettera a Franco (Mientras dure la guerra), il dramma biografico del regista spagnolo Alejandro Amenábar (The Others). Il film segue lo scrittore Miguel de Unamuno durante un percorso di vita in cui affronta se stesso e i suoi ideali dopo il colpo di stato militare del 1936.
Trama e cast
La trama ufficiale: Spagna. Estate 1936. Il famoso scrittore Miguel de Unamuno (Karra Elejalde) decide di sostenere pubblicamente la ribellione militare, che promette di portare ordine nella disastrosa situazione del paese. Il governo repubblicano lo rimuove immediatamente dalla carica di rettore dell’Università di Salamanca. Nel frattempo, il generale Franco invia le sue truppe al fronte ribelle, mietendo i primi successi, con la segreta speranza di assumere il pieno comando della guerra. La deriva sanguinosa del conflitto e l’arresto di alcuni dei suoi compagni fanno sì che Unamuno metta in discussione la sua posizione iniziale e rivaluti i suoi principi. Quando Franco trasferisce il suo quartier generale a Salamanca e viene nominato capo dello Stato nazionalista, il filosofo si reca al suo palazzo per chiedere clemenza.
Il cast di “Lettera a Franco” include anche Eduard Fernández, Santi Prego, Nathalie Poza, Luis Bermejo, Tito Valverde, Patricia López Arnaiz, Inma Cuevas, Carlos Serrano-Clark, Luis Zahera, Ainhoa Santamaría, Mireia Rey, Luis Callejo, Dafnis Balduz, Jorge Andreu, Pep Tosar, Itziar Aizpuru, Miquel García Borda, Dani Luque, Martina Cariddi e Mikel Iglesias.
Lettera a Franco – trailer e video
Curiosità
- Il regista Alejandro Amenábar dopo l’esordio nel 1996 con Tesis, ha diretto anche Regression con Ethan Hawke ed Emma Watson, Agora con Rachel Weisz, Mare dentro, la storia di fantasmi The Others con Nicole Kidman, Apri gli occhi con Penélope Cruz di cui viene realizzato il remake americano Vanilla Sky con Tom Cruise. Amenabar ha anche diretto la serie tv d’avventura La Fortuna.
- Alejandro Amenábar dirige “Lettera a Franco” da una sua sceneggiatura scritta con Alejandro Hernández (Il movente, Brava), sceneggiatore cubano che ha collaborato con Amenábar per la serie tv “La Fortuna”.
- Una parte importante del film è ambientata nella città di Salamanca, essendo la piazza principale o maggiore (Plaza Mayor) ampiamente rilevante. In realtà è stato girato proprio in quella piazza, anche se la vegetazione mostrata doveva essere aggiunta poiché al momento delle riprese la piazza non ne aveva.
- La sequenza flashback/sogno, in cui una coppia giace sotto una quercia, è stata girata nel quartiere di Ipiñaburu, a Zeanuri.
- Il personaggio di Salvador Vila, l’ex studente che fece amicizia con Unamuno, gli spiega l’omicidio di Federico García Lorca a Granada. Lui stesso è stato Rettore dell’Università di Granada negli ultimi tre mesi prima del colpo di stato, quando è stato rimosso dall’incarico. Sarebbe stato ucciso a colpi di arma da fuoco con altre 28 persone nell’ottobre di quell’anno e gettato in una fossa comune nello stesso villaggio vicino a Granada dove lo stesso Lorca era stato ucciso due mesi prima.
Note di regia
Coordinare così tanti team di lavoro diversi, prendere decisioni di fronte agli imprevisti quotidiani, mantenere la concentrazione sull’obiettivo finale: tutte queste responsabilità richiedono che il regista sia per la troupe un punto di riferimento profondamente coinvolto e, allo stesso tempo, visionario e fonte di ispirazione.
“Lettera a Franco” rappresenta un viaggio semanticamente stratificato, per il regista Alejandro Amenábar: “Questo film è molto speciale per me, perché è il primo che ho girato nel mio paese dopo tanto tempo. Ma soprattutto, è speciale perché, oltre a raccontare fatti storici che in molti avranno dimenticato o che qualcuno di noi non conosceva, si appella direttamente al nostro presente e alla nostra condizione di cittadini che convivono, discutono e a volte, purtroppo, si distruggono a vicenda. Sento che la storia di Unamuno è viva, oggi più che mai, come se stesse ancora dubitando e ci parlasse di domande fondamentali: chi o cosa ci rappresenta, da dove veniamo e, soprattutto, dove vogliamo condurre questa enorme e complessa comunità chiamata Spagna.
Miguel de Unamuno fu una delle personalità più importanti della letteratura, della cultura e della politica spagnole del XX Secolo. Nacque a Bilbao nel 1864 durante la Guerra Carlista, evento che ebbe un notevole impatto su di lui. Nel 1900, a 36 anni, divenne il rettore più giovane del paese. La sua vita fu segnata da un’intensa attività accademica, politica e creativa, e da un’incessante lotta interiore con sé stesso.
A una prima impressione, mi sembrava che Karra Elejalde e Unamuno non si assomigliassero né fisicamente, né anagraficamente, né per temperamento. Non potrebbero essere più diversi l’uno dall’altro. Unamuno aveva slanci di passione intensi, come quelli che vediamo nel film, nonostante tutti sostengano che fosse un tipo piuttosto freddo. Karra è l’opposto, un pezzo di pane che abbraccia tutti in continuazione. Ricordo che prima di iniziare il film, per placare i miei dubbi, mi ha detto: ‘Tu dimentichi che sono un attore, ragazzo mio’. Per la maggior parte del tempo, il suo lavoro è stato molto contenuto, quasi minimalista: lasciava che il personaggio mettesse a nudo la sua anima e uscisse fuori solo in determinati momenti. Ha portato tutta la sua umanità ed empatia e, soprattutto, è uno di quegli attori che trasmette un senso di verità assoluta quando parla, qualunque cosa dica. La sceneggiatura contiene vari discorsi, non volevamo che costituissero un limite, rendendo il film troppo forzato o solenne. La sequenza finale prende vita quando Karra parla come se si rivolgesse davvero al pubblico di adesso, a ciascuno di noi. E lo fa in modo apparentemente improvvisato, come faceva Unamuno stesso.
Francisco Franco trascorse i primi quarantacinque anni di vita scalando i gradi della carriera militare. Nel 1934 divenne uno dei più giovani generali di divisione in tutta l’Europa. Allo scoppio della guerra civile, dopo aver invaso la penisola dall’Africa al comando della Legione e delle Forze Regolari indigene, divenne una figura di spicco per un gruppo di generali che decisero di promuovere la sua nomina a capo dello Stato. Nonostante gli avvertimenti di Cabanellas, generale delle forze nazionaliste famoso per il suo passato repubblicano, Franco raggiunse l’apice del potere, e non lo abbandonò fino alla sua morte.
L’attore più difficile da trovare è stato proprio quello che avrebbe interpretato Franco. Sono addirittura arrivato a pensare che, se non avessimo trovato Franco, non ci sarebbe stato nessun film. E poi è arrivata una benedizione: è comparso Santi Prego. Ha partecipato ai casting all’ultimo momento, proprio come Franco fece con la guerra. Gli ho chiesto: ‘Hai letto la sceneggiatura? Ti è piaciuta?’. E lui ha risposto: ‘Bè, non sono un grande esperto di sceneggiature’. ‘Ma ti è piaciuto il personaggio?’ ‘Ah, sì, è un uomo che sa quello che vuole, è diretto ed educato, mi piace’. Era fondamentale liberarsi dei pregiudizi per affrontare il personaggio. Se, da attore, si fosse ostinato a fare il “cattivo” a tutti i costi, saremmo caduti nel manicheismo e non saremmo stati obiettivi perché, in quanto a modi di fare, Franco era una persona apparentemente gradevole. Non gridava mai, non esplodeva in scatti di rabbia o deliri di onnipotenza come Hitler. Era un dittatore crudele, ma pacato. Nel caratterizzare il personaggio, Santi ha mantenuto la particolare voce morbida di Franco e i suoi difetti di pronuncia, causati da un problema ai denti. Riuscire a imporre la sua autorità e a incutere timore nonostante quei difetti era una bella sfida per il personaggio reale, e ci siamo resi conto che doveva esserlo anche per Santi.
Chi è Miguel de Unamuno?
Miguel de Unamuno y Jugo (29 settembre 1864 -31 dicembre 1936) è stato un saggista, romanziere, poeta, drammaturgo, filosofo, professore di greco e classici spagnoli (di origine basca) e poi rettore all’Università di Salamanca. Fu anche, dal 1931 al 1933, membro del Congresso dei Deputati, la camera bassa spagnola, eletto nella circoscrizione di Salamanca. Gli scritti dello scrittore disponibili in italiano includono Vita di Don Chisciotte e Sancho Panza, Nebbia, Del sentimento tragico della vita, L’agonia del cristianesimo, In viaggio con Don Chisciotte, Niente meno che un vero uomo, San Manuel Bueno, martire, La tragedia del vivere umano e Come si fa un romanzo.
Negli ultimo giorni di vita, in un’intervista rilasciata ad un giornalista francese, Miguel de Unamuno mantiene il sostegno a Franco e critica le crudeltà da ambo le fazioni.
Non appena nacque il movimento salvatore capeggiato dal generale Franco, mi sono unito ad esso, sostenendo che ciò che bisognava salvare della Spagna è la civiltà occidentale cristiana e, con essa, l’indipendenza nazionale, visto che, nel territorio nazionale, si sta ventilando una guerra internazionale. […] Nel frattempo, mi andava riempiendo di orrore il carattere che stava assumendo questa tremenda guerra civile senza quartiere, guerra dovuta ad un’autentica malattia mentale collettiva, ad una epidemia di pazzia con certo substrato patologico-corporale. Le inaudite crudeltà delle orde marxiste, rosse, superano qualsiasi descrizione e devo risparmiarmi la retorica a buon mercato. A dare il tono non sono i socialisti, né i comunisti, né i sindacalisti, né gli anarchici, bensì bande di malfattori degenerati, ex-criminali nati senza ideologia alcuna, che vogliono soddisfare feroci passioni ataviche senza ideologia alcuna. E anche la naturale reazione a ciò assume spesso, disgraziatamente, caratteri frenopatici. È il regime del terrore. La Spagna è spaventata da se stessa. E se non si contiene per tempo, giungerà al bordo del suicidio morale. Se il miserabile governo di Madrid non ha potuto, né ha voluto resistere alla pressione del selvaggismo chiamato marxista, dobbiamo avere la speranza che il governo di Burgos avrà il valore di opporsi a coloro che vogliono stabilire un altro regime del terrore. […] Insisto nel sacro dovere del movimento gloriosamente capeggiato dal generale Franco: salvare la civiltà occidentale cristiana e l’indipendenza nazionale, perché la Spagna non deve sottostare al dettato della Russia né di nessun’altra potenza straniera quale che sia, dato che qui, in territorio nazionale, si sta scatenando una guerra internazionale. E un altro dovere è condurre ad una pace di convincimento e di conversione e ottenere l’unione morale di tutti gli spagnoli, per ristabilire la patria che si sta macchiando di sangue, dissanguandosi, avvelenandosi e instupidendosi. E per far ciò, impedire che i reazionari si portino, con la loro reazione, oltre i limiti della giustizia e persino dell’umanità, come a volte cercano di fare. Perché non è un cammino percorribile pretendere che si formino sindacati nazionali compulsivi, con la forza e la minaccia, obbligando le persone ad iscriversi in essi con il terrore […]. Sarebbe cosa ben triste desiderare che il barbaro, anti-civile e inumano regime bolscevico venisse sostituito da un barbaro, anti-civile e inumano regime di servitù totalitaria. Né l’uno né l’altro, perché in fondo sono la stessa cosa.
Intervista al regista
Alejandro Amenábar spiega a cosa si riferisce il titolo originale “MIENTRAS DURE LA GUERRA” (letteralmente “Finché dura la guerra”).
Per me questa frase ha due significati: da un lato, fa parte di un documento firmato dal bando nazionalista all’inizio della guerra, che fu fondamentale per la presa di potere da parte di Franco. Ma, soprattutto, è una riflessione che voglio lanciare al pubblico. Siamo noi a essere in guerra costantemente, a non capirci gli uni con gli altri.
Amenábar spiega il motivo del dibattito sociale scatenato dalla frase di Unamuno nel film.
La frase “Vincerete, ma non conquisterete” ha trasformato Unamuno in un mito, ma non esistono registrazioni o trascrizioni del discorso e si tramandano versioni diverse di ciò che ha detto. Ciascuna delle parti diffuse la propria propaganda, da qui nasce la controversia. Si discute anche su ciò che Millán Astray disse o non disse. Ecco perché affrontare la scena di quel discorso è diventato per me un atto di massima responsabilità. L’ho preparato con attenzione, consultando ogni tipo di documentazione e testimonianza di entrambe le parti, ho scritto e girato la scena scrupolosamente. Per me, la prova più evidente del fatto che Don Miguel scatenò un inferno è che, quello stesso pomeriggio, gli fu revocata l’iscrizione come socio al circolo ricreativo di Salamanca: in pratica, lo buttarono fuori. Due giorni dopo fu rimosso dalla posizione di rettore dell’Università di Salamanca, e misero una guardia fuori dalla porta di casa sua. In altre parole, doveva essere successo qualcosa di grave.
Amenábar spera che il film continui a creare dibattiti tra gli spettatori.
Quando si fa un film, bisogna volere questo: dare alla gente qualcosa di cui parlare, qualcosa a cui pensare. Non sono nato in Spagna, ma l’ho girato da spagnolo. Non molto tempo fa ho scoperto che uno dei motivi per cui sono nato in Cile è che mia madre, che è spagnola, vi si recò per accompagnare sua sorella, il cui marito stava fuggendo dalla repressione di Franco. E poi i miei genitori tornarono in Spagna a causa dell’esplosiva situazione politica in Cile, quindici giorni prima del colpo di stato di Pinochet. Ciò vuol dire che la mia esistenza è segnata da due colpi di stato, qualcosa che non avevo mai realmente preso in considerazione. La guerra mi riguarda, anzi ci riguarda, da vicino. Ma vorrei che il film fosse conciliante, per il pubblico. Ecco perché per me, nel presentare il film finito, era così importante ricordare che le elezioni del 1977 hanno riportato la democrazia, perché fu un periodo da me vissuto e apprezzato fin da bambino. Un sistema che permette la convivenza tra persone con idee diverse. Per me è questo, ciò che conta: capire che è sano che tutti noi la pensiamo in maniera diversa. Se avessimo tutti le stesse idee, il mondo sarebbe un posto molto triste. Sarebbe una dittatura.
La colonna sonora
- Le musiche originali del film sono del regista Alejandro Amenábar che ha la consuetudine di musicare personalmente le sue pellicole. Tra le pellicole musicate da Amenábar per altri registi ricordiamo il dramma La lingua delle farfalle (1999) e il thriller Nobody Knows Anybody (1999).
- La colonna sonora include il brano “Ave Maria” di Charles Gounod, adattata in Preludio N1 in DO Maggiore di Johann Sebastian Bach cantata da Renata Tebaldi.
TRACK LISTINGS:
1. Salamanca, 1936 2:11
2. Cruzando el Estrecho 1:28
3. Esto es fascimo 2:47
4. Miguel y Miguelín 2:19
5. La junta 1:45
6. España 3:04
7. Hacen falta años 2:20
8. La votación 1:53
9. Cuando te desterraron 3:20
10. Cita con Franco 2:05
11. El día de la Raza 4:29
12. Créditos finales 2:54
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